Nella testa del segretario dem

Letta dopo il ko sul ddl Zan: "Renzi fuori dal nuovo Ulivo, non è uomo di parola"

Il Nazareno in vista della sfida per il Quirinale inizia a fare i conti senza i renziani

Simone Canettieri

Il segretario del Pd contro il leader di Italia viva. E anche Base riformista si divide nei confronti dell'ex rottamatore. 

Per Enrico Letta non è una novità, ma una conferma: “La parola di Matteo Renzi non ha valore”. Il segretario del Pd lo scrisse nel 2015 (fresco di “sereno” defenestramento da Palazzo Chigi) nel libro “Andare insieme, andare lontano”.  E lo ripete in queste ore dopo la finaccia capitata al ddl Zan. L’esercitazione di mercoledì dei franchi tiratori nel poligono del Senato rafforza due consapevolezze, in Letta. La prima: “Italia viva si è autoespulsa da qualsiasi progetto di centrosinistra futuro”. Il cosiddetto nuovo Ulivo. Zac: il primo ramoscello è andato a farsi benedire. Seconda considerazione che ronza nella testa del capo del Nazareno: “Posto che tutto potrà accadere nella partita del Quirinale, Renzi ha confermato di essere inaffidabile anche in vista del futuro”. Ergo, sui preziosi voti della pattuglia di Iv il Nazareno non deve farci conto. Letta minimizza sui senatori del Pd che nel segreto dell’urna hanno uccellato la linea del partito. Ce ne sono stati. Lui lo sa. Ma a chi gli chiede spiegazioni dice: “Sono sempre i soliti nomi, forse un paio in più rispetto a coloro che si erano già esposti pubblicamente”. Sospiro. Il segretario del Pd è accusato di miopia politica, di mancanza di strategia parlamentare, di ottusità, di essersi schiantato addosso a un muro andando alla conta segreta. Lui risponde al mondo renziano con un proverbio sardo, eredità della nonna. Traduzione: “Chi reagisce così ha qualcosa da nascondere”. Il segretario del Pd vede il bicchiere mezzo pieno: questa renzata ha incrinato i rapporti dentro Base riformista.  


Il famoso mondo ex renziano, secondo Letta, avrebbe accusato il colpo. E in queste ore vivrebbe momenti di travaglio interno. Tanto che la “rottura a tutto campo” pronunciata dal segretario nei confronti di Italia viva  parrebbe aver fatto breccia in una buona parte dell’area guidata da Guerini & Lotti. Questa è la convinzione lettiana. Spiegata con un gioco di rimbalzi. Essendo finita nel mirino la capogruppo Simona Malpezzi (espressione di Br) chi la difende dalle accuse interne per la gestione leggera (da assemblea di condominio) del dossier alla fine si scaglia contro Iv. “Io ho avuto sei anni per metabolizzare Renzi e i suoi modi di fare, anche a voi servirà un po’, ma vedrete mi darete ragione”, va dicendo Letta ai big che fino all’altro giorno ancora riconoscevano all’ex premier di Rignano una verve riformista da conservare, inglobare e non buttare in Arno. Della serie, insomma: “Matteo ha fatto anche cose buone”. Al Nazareno queste sono le ore della sconfitta. E dunque dell’orgoglio sul ddl Zan (“siamo pronti con la petizione popolare”). Il segretario del Pd ricorda a proposito quanto ha vissuto durante la campagna elettorale. Da candidato delle suppletive a Siena, dice, ho tastato con le mie mani le richieste dei nostri militanti: mai più con Renzi, allontanatevi da lui, vade retro.

E dunque, come nel judo, Letta prova a sfruttare la propria debolezza per schienare l’eterno avversario. In fin dei conti gli ha offerto il migliore dei pretesti per chiudere a qualsiasi soluzione di casa comune, di Ulivo 2.0, come dicono i titolisti. Per la gioia di Giuseppe Conte, altra vittima del capo di Italia viva, ancora imprendibile, con dribbling degni di Garrincha, appena la sfida diventa iper politica ed esce dal mondo dei social network. Enrico il mite non ha capito una cosa. O forse sì. Ma continua a domandarsela in queste ore. La sua curiosità è la seguente: “Renzi non è uno sprovveduto, ma perché ha deciso di andare in Arabia Saudita, non proprio il regno dei diritti civili, nel giorno in cui affossava il ddl Zan?”. Perché, si domanda il segretario. Dandosi due risposte: o il capo di Italia viva ha deciso di chiudere con la politica per fare altro nella vita, oppure con questa assenza (che diventa presenza a Riad) ha voluto passare in un altro campo. Anche se, a dirla tutta, pure Carlo Calenda  rimprovera i rapporti con l’Arabia Saudita (e in Sicilia con Gianfranco Miccichè)  all’ex premier fiorentino: “Lascia perdere, torna in te”, è il senso dell’invito del leader di Azione.

Letta considera Renzi uno dell’altro campo. Alla stregua dei leader di centrodestra che dice di aver cercato prima del fatal voto in Senato. Il segretario del Pd ha telefonato, nelle ore precedenti alla conta sullo Zan, alle figure più moderate di Lega e Forza Italia, con le quali condivide l’esperienza di governo. Da Giancarlo Giorgetti allo zio a Gianni. Ma entrambe le campane gli hanno spiegato che non ci sarebbero stati margini di manovra. Che il centrodestra non sarebbe sceso a patti. E che Silvio Berlusconi, in pieno sogno quirinalizio, non avrebbe mai permesso fughe in avanti e sfarinamenti. Figurarsi Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che sulla teoria gender hanno riempito centinaia di card da dare in pasto ai social network. Dall’altro giorno Renzi, nella testa del segretario del Pd, gioca dunque nell’altro campo, in squadra con “loro”, al fianco degli “altri”. Degli avversari. Lo stato maggiore del Pd continua a ripetere che l’altro giorno c’è stata una sconfitta parlamentare cocente, ma distorta rispetto alla realtà. Letta è convinto che il paese e l’Europa vadano verso una direzione diversa rispetto a Palazzo Madama. “Non sono diventato di sinistra io, basta girare e uscire dalla bolla e dai provincialismi”, continua il segretario del Pd. Alle prese con l’ennesima voglia di rivalsa nei confronti di Renzi. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.