PUBBLICITÁ

Borghi strepita sul green pass, Giorgetti mugugna: "Questa ambiguità ci fa male alle amministrative"

Valerio Valentini

Il leghista ni vax boccia il certificato verde, quindi lo promuove. E il gruppo alla Camera vive due giorni di passione. Il ministro si ritrova con le imprese del Nord fuori dalla porta: "Ma davvero fate la fronda a Draghi?". Salvini sta in mezzo al guado, e teme lo smacco della Meloni anche in Lombardia

PUBBLICITÁ

L’uno, con quel broncio proverbiale indurito dalle rogne ministeriali, i suoi malumori li sfoga in privato, dicendo che “questa ambiguità sul green pass ci fa male in vista delle amministrative”. L’altro non ambisce che a prendersi il proscenio, s’esalta perfino quando smentisce se stesso e neppure quando confuta le sue supposte certezze sente il prurito dell’imbarazzo. Due giorni fa l’uno e l’altro, Giancarlo Giorgetti e Claudio Borghi, si sono ritrovati a pochi metri di distanza. Il primo seduto ai banchi del governo, nell’Aula di Montecitorio. L’altro al suo scranno, quello da cui lanciava anatemi strampalati contro uno strumento che ha poi accettato di promuovere. E in quel poco spazio, c’era il grumo di contraddizioni che Matteo Salvini non sa dipanare. 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


L’uno, con quel broncio proverbiale indurito dalle rogne ministeriali, i suoi malumori li sfoga in privato, dicendo che “questa ambiguità sul green pass ci fa male in vista delle amministrative”. L’altro non ambisce che a prendersi il proscenio, s’esalta perfino quando smentisce se stesso e neppure quando confuta le sue supposte certezze sente il prurito dell’imbarazzo. Due giorni fa l’uno e l’altro, Giancarlo Giorgetti e Claudio Borghi, si sono ritrovati a pochi metri di distanza. Il primo seduto ai banchi del governo, nell’Aula di Montecitorio. L’altro al suo scranno, quello da cui lanciava anatemi strampalati contro uno strumento che ha poi accettato di promuovere. E in quel poco spazio, c’era il grumo di contraddizioni che Matteo Salvini non sa dipanare. 

PUBBLICITÁ

 

In fondo è sempre stata la forza del leader del Carroccio: tenere insieme l’inconciliabile, le ansie sviluppiste del nord produttivo e le fumisterie antieuro dei complottisti da tastiera, in un gioco di malintesi dentro a un un gioco delle parti che consentiva d’abbracciare elettorati diversi e dare a ciascuno la sua rassicurazione. Però se Giorgetti ha iniziato a temere davvero per il risultato alle amministrative imminenti (“così ci facciamo male da soli”), è perché stavolta Salvini rischia di fraintenderle davvero le speranze di ripresa di imprenditori e partite Iva. Gente che poi è al ministro dello Sviluppo che telefona: per lamentarsi, per sfogarsi, per chiedere un chiarimento. E allora a Giorgetti tocca dire che no, “Matteo non è un No vax”, e che certo che lo sa che “il green pass è l’unica soluzione per riaprire, per evitare nuovi lockdown”. Prova a scherzare, perfino, spiegando che è l’aria di Roma che rende i leader politici poco lucidi, che appena torna a Milano anche Salvini diventa più ragionevole. Ma è un fatto che le aspettative che girano a Via Bellerio, in vista del voto nelle grandi città, sono assai deprimenti. Perfino per quel che riguarda il giardino di casa propria. Perché a Varese il sindaco uscente del Pd, Davide Galimberti, rischia davvero la riconferma ai danni di uno sfidante del Carroccio, il deputato Matteo Bianchi, che dagli amici meloniani di supporto ne sta ricevendo mica tanto, e forse anche per questo Salvini ha messo in calendario nuovi eventi nel capoluogo insubre. Tanto più che nella vicina Busto Arsizio il centrodestra sembra indirizzato, lì sì, a una vittoria facile: solo che a vincere sarebbe uno di FdI. 

 

PUBBLICITÁ

E non è tanto lo smacco elettorale a impensierire Giorgetti. Quanto, semmai, le possibili ripercussioni. Perché di certo, nell’area più sovranista del partito, il flop verrebbe attribuito alla convivenza forzata con Pd e M5s nell’esecutivo. Senza contare che poi s’imboccherà la strada verso una legge di Bilancio che smantellerà Quota 100. Il tutto, peraltro, col ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, che resta stabile alla guida del Viminale evidenziando l’inconsistenza dell’assalto leghista. E insomma, per quanto la permanenza al governo Draghi ben oltre la fine di quest’anno venga considerata da Giorgetti come “non in discussione”, il rischio di un precipitare degli eventi esiste.

 

Solo che di tutto questo, il Borghi che di giovedì mattina conciona e che aizza la cagnara sui social e in Aula intorno al green pass, pare curarsi ben poco. Anzi, sembra che perfino di fronte alle maldicenze di chi vagheggia un suo possibile passaggio in FdI insieme a una pattuglia di irriducibili oltranzisti, lui non si scomponga più di tanto, perché forse lo spauracchio dell’esodo serve a fargli guadagnare peso negoziale all’interno di un gruppo che in realtà lo sopporta sempre meno. Del resto lo stesso Riccardo Molinari, assediato dai deputati che lo interrogavano (“Ma possibile che dobbiamo andare dietro alle pirlate di Borghi?”), mercoledì è sbottato: “Ma da me cosa volete? Decide Matteo”.

 

E Matteo in effetti ha deciso, alla fine. Lo ha fatto nella tarda sera di ieri, dopo che da Palazzo Chigi gli hanno spiegato che, al massimo, potevano concedergli una manciata di ordini del giorno per trovarsi una exit strategy, ma che un mancato voto di fiducia su un decreto importante come quello del green pass non sarebbe stato indolore. Di lì discussioni, telefonate accalorate. La decisione poi è maturata solo a metà mattinata, con dibattito in Aula già in corso. “Si vota a favore, e la dichiarazione di voto la farà Borghi”. L’ennesima assurdità di una settimana in cui il gruppo alla Camera del Carroccio – privato peraltro di quel Guido Guidesi, delfino giorgettiano, che spesso curava la regia d’Aula e che poi è stato promosso assessore in Lombardia – è sbandato più volte, fino alla capriola finale. E cioè con Borghi che, al termine di un lungo elogio della dialettica parlamentare, conferma il voto favorevole della Lega a un provvedimento che lui ritiene sbagliato (sì, sì, proprio così). Solo che nel frattempo, ad ascoltarlo erano presenti in pochi del suo gruppo. Una manciata era in cortile a fumare. La maggior parte, però, aveva disertato a causa dell’equivoco della vigilia: perché, col timore di dover votare contro il governo e strizzare l’occhio ai No vax meloniani, tanti deputati avevano già annunciato che gli impegni sul territorio in vista delle amministrative li avrebbero tenuti lontani da Roma. Le amministrative, appunto. Non parlatene a Giorgetti.
 

PUBBLICITÁ
PUBBLICITÁ