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la Next generation degli statali

La carica degli under 35 per il Recovery. Ecco il piano di Franco e Brunetta

I trentenni sono il 2,5 per cento degli statali. Ora si cambia. L'allarme del titolare del Mef: abbiamo speso solo 34 dei 73 miliardi dell'Ue negli ultimi sei anni. Così il Recovery è a rischio. Domani l'audizione di Brunetta alle Camere

Valerio Valentini

Il ministro dell'Economia concorda col collega di Forza Italia: bisogna svecchiare la Pubblica amministrazione, e bisogna fare presto per affrontare la sfida della digitalizzazione. Si studiano procedure semplificate, attingendo agli albi professionali e ricorrendo anche a test online

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Il tempo. Il nemico principale resta sempre lo stesso. “Ci siamo ritrovati al governo”, dice Daniele Franco, come riducendo a un accidente del destino quel trambusto che ha portato al trapasso del BisConte, “a due mesi dalla scadenza più importate”. E forse  è proprio la consapevolezza che non si può sbagliare, di fronte all’incombenza di quel 30 aprile in cui il Pnrr dovrà essere mandato a Bruxelles, a far credere a Renato Brunetta che stavolta sì, la svolta nella Pubblica amministrazione è possibile. Ne è convinto pure il titolare del Mef: che sull’idea di puntare tutto sugli under 35 avanzata dal ministro di FI s’è mostrato entusiasta.

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Il tempo. Il nemico principale resta sempre lo stesso. “Ci siamo ritrovati al governo”, dice Daniele Franco, come riducendo a un accidente del destino quel trambusto che ha portato al trapasso del BisConte, “a due mesi dalla scadenza più importate”. E forse  è proprio la consapevolezza che non si può sbagliare, di fronte all’incombenza di quel 30 aprile in cui il Pnrr dovrà essere mandato a Bruxelles, a far credere a Renato Brunetta che stavolta sì, la svolta nella Pubblica amministrazione è possibile. Ne è convinto pure il titolare del Mef: che sull’idea di puntare tutto sugli under 35 avanzata dal ministro di FI s’è mostrato entusiasta.

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L’idea di base, insomma, è che sia proprio quella “next generation” a cui il Recovery plan si rivolge idealmente con la sua mole di miliardi quella che dovrà consentire all’Italia di uscire dal pantano della sua cronica lentezza burocratica. Il che, concordano Franco e Brunetta, dovrà avere sia ricadute immediate nella sfida del Recovery, sia ripercussioni di più lunga durata sulla nostra economia. Perché da un lato c’è il metronomo intransigente di Bruxelles: il 70 per cento dei 191,5 miliardi che arriveranno all’Italia sotto forma di prestiti e sovvenzioni, ha ricordato infatti ieri il ministro dell’Economia, “andrà speso entro il 2022”. E nel caso di ritardo, i bonifici della Commissione europea smetteranno di arrivare a Roma. E certo la storia recente della pubblica amministrazione italiana non depone a favore del governo. Dei 73 miliardi di fondi europei ricevuti dal nostro paese nel ciclo 2014-2021,  “a fine 2020 erano state impegnate risorse per soli circa 50 miliardi ed erano stati spesi soltanto 34 miliardi”, ha ammonito Franco nel corso della sua audizione alle Camere di ieri. E insomma, “è evidente che nell’utilizzo dei fondi del Pnrr dobbiamo muovere su tempi molto più rapidi”.

 

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Proprio per questo si dovrà puntare su una terapia choc, per la Pa. Con assunzioni a tempo determinato - perché i fondi del Recovery non consentono ingenti modifiche sulla spesa corrente strutturale - e soprattutto da fare in tempi rapidi. E così, al fine di restare pienamente nel solco costituzionale, i consulenti di Brunetta hanno pensato di ricorrere a meccanismi veloci, con test da svolgersi anche in modalità digitale per accorciare l’attesa e aggirare i divieti imposti dalle norme anti Covid, e di attingere ad albi e ordini professionali: così da poter reclutare persone che, a ben vedere, un esame di stato lo hanno già superato. Serviranno d’altronde competenze nuove, adatte ad affrontare le sfide della digitalizzazione e della transizione ambientale poste del Recovery. E anche per questo si punterà sulla meglio gioventù, sia nei ministeri e nelle strutture di governance che sorgeranno per la gestione dei progetti del Pnrr, sia nelle istituzioni locali: tanto più che, stando ai dati che oggi Brunetta esporrà a deputati e senatori durante la sua audizione, gli under 35 rappresentano appena il 2,4 per cento dell’esercito degli statali.

 

Un esercito, peraltro, che nel corso dei prossimi due o tre anni vedrà circa 300 mila dipendenti raggiungere l’obiettivo della pensione. Ed ecco che dunque, nell’urgenza del rinnovo del personale, i giovani assunti per attuare il Recovery potranno trovare un’agevole via d’accesso alla stabilizzazione, prima della scadenza del piano europeo fissata al 2026, da finanziare coi fondi ordinari del bilancio statale. Un po’ quello che nelle futuribili previsioni gialloverdi di Salvini e Di Maio (di quando, cioè, proprio Franco era uno dei pezzi di m... del Mef da epurare) avrebbe dovuto garantire Quota 100, col suo fantasmatico effetto sperato di tre nuovi giovani assunti per ogni pensionato anzitempo, e che in realtà ha portato a un tasso di ricambio del 40 per cento circa.

 

E qui, dunque, si arriva ai potenziali benefici di più lunga durata. Perché il Recovery, di per sé, garantirà un impatto stabile del 3 per cento annuo sul pil. “Ma nelle stime elaborate dalla ragioneria nella Nadef di ottobre - ha spiegato ieri Franco - non erano calcolati gli effetti delle riforme”. La sfida, dunque, starà nel fare sì che la cura ringiovanente imposta alla Pa contribuisca a rafforzare l’impulso alla crescita, e soprattutto a renderlo strutturale. Fino, almeno, alla next generation

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