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i silenzi di mario

Così Draghi prepara il nuovo governo dal fortino di Banca d'Italia

Domani andrà al Colle con la lista dei ministri. I partiti fanno le loro previsioni, ma sono certezze scolpite nell'aria. Il ministero alla Transizione ci sarà, e l'intesa è su Catia Bastioli. Intanto a Chigi si consuma la rottura tra Conte e Casalino

Simone Canettieri e Valerio Valentini

L'asse con Grillo, il filo diretto col Quirinale. Il premier incaricato incontra Visco e Panetta, che alza le mani: "Io ministro? No grazie". La fibrillazione nei partiti. Salvini spera in un ministero, e chiede le infrastrutture. Zinga tentenna, e i dirigenti del Pd confidano in Mattarella

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Per quanto si rifiutino di dirlo, di Beppe Grillo sono tutti un po’ invidiosi. Di quella sua consuetudine, di quella confidenza che, con telefonate lunghe e cordiali, Mario Draghi concede a lui solo, Garante di un M5s in subbuglio, mentre quegli sventurati di Nicola Zingaretti e Matteo Salvini restano così, appesi ai silenzi del premier incaricato, che si fanno più angosciosi nelle ore che preludono alla nascita di un governo di cui nessuno, a parte Draghi e Sergio Mattarella, conoscono davvero la fisionomia.

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Per quanto si rifiutino di dirlo, di Beppe Grillo sono tutti un po’ invidiosi. Di quella sua consuetudine, di quella confidenza che, con telefonate lunghe e cordiali, Mario Draghi concede a lui solo, Garante di un M5s in subbuglio, mentre quegli sventurati di Nicola Zingaretti e Matteo Salvini restano così, appesi ai silenzi del premier incaricato, che si fanno più angosciosi nelle ore che preludono alla nascita di un governo di cui nessuno, a parte Draghi e Sergio Mattarella, conoscono davvero la fisionomia.

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Certo, i riguardi riservati a Grillo non sono del tutto disinteressati. Draghi s’è speso con più zelo sul fronte che sapeva più delicato: e in questo senso si spiega la promessa di quel mirabolante super ministero della Transizione energetica che sembra in effetti confermato, nell’assetto dell’esecutivo, stando alle previsioni della vigilia. Al Mise si sono già attivati, su sollecitazione del Colle, per valutare il da farsi. Lo stesso avviene agli uffici dell’Ambiente.  Più definito pare invece l’accordo su  chi dovrà guidare questo ircocervo, maturato abbastanza in fretta. Perché il nome caldeggiato da Beppe Grillo – quello di Catia Bastioli, voluta a capo di Terna da Matteo Renzi ma poi entrata nelle simpatie del comico genovese per via della sua azienda, la Novamont,  all’avanguardia nel campo delle energie rinnovabili e delle produzioni ecocompatibili – pare possa piacere a tutti.

 

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Forse anche a Draghi. Sempre ammesso che qualcuno possa divinare le sue intenzioni. Che sono così imperscrutabili che l’intera giornata, ai vertici dei partiti, ruota intorno allo stesso rovello: “Dov’è Mario?”. Sembra il sequel della serie tv di Corrado Guzzanti. Ma si ride poco, in questo caso, e molto ci si agita. A metà giornata i pretoriani di Matteo Salvini (che a entrare nel governo ci spera ancora, eccome, e che per la Lega chiede le Infrastrutture) chiamano al Nazareno: “Sapete nulla?”. “Brancoliamo nel buio”. 

 

E lui, il ricercato, pare quasi godersela, questa fibrillazione. Esce dalla sua villa di Città della Pieve di buon mattino e arriva a Roma. A Montecitorio lo attende l’ufficio messo a sua disposizione in questi giorni, ma lui devia e si rifugia in quello che gli è più famigliare, nella sede di Banca d’Italia. Parla con Ignazio Visco, si confronta anche con Fabio Panetta, suo vecchio allievo che siede nel board della Bce, ma che compare a Via Nazionale e subito, interrogato, si schermisce: “Io ministro? No no, non lascio il ruolo che sto ricoprendo”. C’è da discutere della nomina del prossimo titolare dell’Economia e della candidatura di  Daniele Franco. Ma si dovrà  valutare, a norma di legge, se un suo eventuale trasloco al Mef gli impedirebbe poi un ritorno in Via Nazionale, dov’è ora direttore generale; nel qual caso potrebbe essere ingaggiato con un ruolo di sottosegretario a Palazzo Chigi. Voci, supposizioni. La verità, che del resto trapela anche dal Quirinale, è che il prossimo governo sta nella mente, e nelle conversazioni, di due sole persone: Draghi e Mattarella. E infatti è proprio nella protezione del Colle, piuttosto che nella benedizione del Nazareno, che tutti i maggiorenti del Pd confidano, in un partito in cui l’unico certo di una riconferma pare Dario Franceschini.

 

Il Cav. si è invece sfilato dalla ressa: “Per tutto ciò che riguarda i nomi, caro Mario, confrontati pure con Gianni Letta e Antonio Tajani”, ha detto a Draghi due giorni fa. E così il povero Tajani (che dovrebbe essere l’unico certo di entrare, insieme ad Anna Maria Bernini), s’è ritrovato con la coda di parlamentari che gli mandano i curriculum, che provano a strappargli la promessa di una buona parola (“Sono talmente tanti che ci vorrebbero sette governi, tutti monocolore azzurri”), ma è lui il primo a incrociare le dita.

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E intanto Draghi, sempre in contatto col Quirinale, da Via Nazionale s’è trasferito nella sua casa a Parioli a ora di pranzo, e da lì un paio d’ore più tardi è tornato di nuovo in Banca d’Italia, quindi alla Camera. E’ lì che apprende del buon esito del voto su Rousseau. E da lì riparte per Città della Pieve. Al Quirinale tornerà domani, con la lista dei ministri. Il Pd, il M5s e la Lega, fanno i loro calcoli. Di Maio confermato, la Bellanova al Lavoro, la Cartabia alla Giustizia (dubbi di Berlusconi), la Bonino agli Affari europei. Ma sono certezze scolpite nell’aria. Quel che è sicuro è che prima di sabato non ci sarà il giuramento. Il che significa che spetterà al governo dimissionario varare il nuovo sistema di restrizioni regionali, visto che quello in vigore, con le regioni colorate, scade lunedì. Sarà, verosimilmente, l’ultimo Cdm presieduto da Giuseppe Conte, che vive gli ultimi giorni a Palazzo Chigi in un clima di risentimento diffuso. Coi suoi collaboratori più stretti e col suo mentore  il prof. Alpa che gli rimproverano di essersi lasciato trascinare dallo scombiccherato tatticismo di Rocco Casalino. Il quale gli ha suggerito anche di entrare nel governo: gli spazi sembrano non esserci. Ma poi vallo a sapere, davvero, cos’ha in mente Draghi. 

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