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impassibile, altruista, credente, romanista

Epica di Super Mario, che riscatta l’establishment e alla fine salva tutti

Simonetta Sciandivasci

Nessuna traccia sui social, la reputazione di "problem solver", la partita a scacchi che ora si chiama Italia. E una moglie rivendicata, anziché usata come scudo per sfuggire da Catanzaro

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Mario Draghi gioca a golf. E questo conforta e rafforza l’immagine di uomo dell’establishment, dell’élite, della finanza, delle banche centrali e accentratrici, che fa dire a santi poeti navigatori: lui no, mai. Purtroppo i poeti eccetera non leggono John Updike, e quindi non sanno che “il corpo umano, affrontando le avventure di una partita a golf, sperimenta un’inebriante relatività: ci si sente immersi in rapporto alla pallina, e minuscoli in rapporto al campo”. I 209 miliardi di euro del Recovery sono la medesima avventura, e allora benedetto sia, in Draghi, il golfista. E anche lo scacchista. Perché Draghi gioca pure a scacchi, online, da profili anonimi. Gli scacchi sono un gioco socialista, però non del socialismo cui si rifà lui, che dello scacchista socialista ha la silenziosa fantasia e naturalmente la fermezza.

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Mario Draghi gioca a golf. E questo conforta e rafforza l’immagine di uomo dell’establishment, dell’élite, della finanza, delle banche centrali e accentratrici, che fa dire a santi poeti navigatori: lui no, mai. Purtroppo i poeti eccetera non leggono John Updike, e quindi non sanno che “il corpo umano, affrontando le avventure di una partita a golf, sperimenta un’inebriante relatività: ci si sente immersi in rapporto alla pallina, e minuscoli in rapporto al campo”. I 209 miliardi di euro del Recovery sono la medesima avventura, e allora benedetto sia, in Draghi, il golfista. E anche lo scacchista. Perché Draghi gioca pure a scacchi, online, da profili anonimi. Gli scacchi sono un gioco socialista, però non del socialismo cui si rifà lui, che dello scacchista socialista ha la silenziosa fantasia e naturalmente la fermezza.

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Nel 2015, durante una conferenza stampa a Francoforte, una giovane attivista salì sul tavolo al quale lui era seduto e gli rovesciò addosso un sacchetto di coriandoli, urlando improperi contro la Bce. Lui non si mosse, non scappò, la guardò finché gli uomini della sicurezza non la portarono via e quando la conferenza riprese, disse: continuiamo dove ho interrotto. Non lo distrae niente, come tutti i pochissimi concentrati di questo mondo, non ha WhatsApp. Non ha Facebook, non ha Twitter, non ha pagine, profili social, nemmeno “lettere del nome favorevoli all’anagramma: se ne sta coperto già a partire dai dati anagrafici”, ha detto una volta Bartezzaghi, quando Draghi era ancora soltanto un’idea, un sogno. Non lo smuove niente, lui lavora: perinde ac cadaver, come ha scritto una volta Giuliano Ferrara. Obbedisce al suo mandato morale e al ruolo che gli viene assegnato, non al vento. Quando lasciò la Bce e gli chiesero cosa avrebbe fatto, rispose: chiedetelo a mia moglie, lei lo sa. Sorrideva un po’, come quelli che hanno un progetto migliore.

 

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Eugenio Gaudio, ex rettore della Sapienza, quando il ministro Speranza lo ha designato commissario della Sanità calabrese, ha rifiutato l’offerta dicendo che sua moglie non voleva trasferirsi a Catanzaro. L’uomo della finanza fa il complice di sua moglie; l’uomo di cultura fa la vittima di sua moglie. Mario Draghi e Serena Cappello sono sposati dal ’73, l’anno in cui Berlinguer formulò il concetto di compromesso storico, e ne scrisse, per la prima volta. Che Draghi sia persona diplomatica non è solo un caso ma un fatto, testimoniato e confermato da tutti, inclusa Christine Lagarde, la donna che ha preso in carico non Draghi ma la sua eredità quando lui ha lasciato la Bce. Disse: “Lo chiamano SuperMario perché è super intelligente”, e aggiunse che le sue grandi qualità, oltre all’intelligenza, erano integrità e leadership e che non si prendeva mai il merito di niente da solo. “Amico mio Mario, come disse Dante, noi non potemo perfetta vita avere senza amici”, scrisse lei nella prefazione a un libro su di lui (“Mario Draghi l’artefice”, Rizzoli).

 

E infatti Draghi è uno che pensa al prossimo. Ci pensa e ci bada, da sempre, da quando aveva sedici anni e rimase orfano di padre e poco dopo di madre, quasi come Batman, e s’incaricò dei suoi fratelli. E’ affidabile sin dalla voce, dall’accento: niente cockney milanese, niente inglese maccheronico. Le sue vocali sono come le sue cravatte: ti ci devi avvicinare molto per capire la marca, sentire da dove vengono. Mica come i lupi di Wall Street, che non hanno nemmeno sex appeal e lui invece sì che ne ha, lui non porta il cappotto, lui assomiglia “un po’ a Totti e un po’ a Gianni Agnelli”, ha scritto Melissa Panarello. E tifa Roma, e tifa Dio, che secondo i romanisti con la Roma è un po’ arrabbiato, e questo fatto qui Mario Draghi riceverà prima o poi mandato di risolverlo. Riuscendoci, vedrete.

 

 

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