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tra il cav e giuseppi

"Ursula o niente". Ecco perché il corteggiamento di Conte a Forza Italia non decolla

Le ombre su Merlo, il sottosegretario che guida il Maie. Il suo segretario alla Farnesina pare aver falsificato il curriculum. E sulla relazione di Bonafede, che mercoledì può far venire giù tutto, anche il Pd ha dubbi. Renzi ai suoi: "Se ci dividiamo, contribuiamo all’indecoroso spettacolo di queste ore"

Valerio Valentini

Lo strano caso di Merlo, il sottosegretario che detiene il simbolo del "gruppo di Conte" al Senato. I parlamentari azzurri rifiutano la "pesca a strascico", e invocano "un patto di legislatura" che veda un accordo tra i leader, Cav. compreso. E chiedono la testa di Bonafede

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Dacché a spazzare via le residue speranze di abbordaggio allo scudo crociato c’ha pensato la Procura di Catanzaro, la scialuppa di salvataggio per Giuseppe Conte, nella tempesta del Senato, non può che arrivare dal Maie. Il che si sta rivelando un problema. Non solo perché parrebbe un poco inopportuno, che l’incubatore del partito del premier italiano fosse il gruppo degli eletti all’estero. Sui formalismi ormai nessuno cavilla. Il problema è che chi detiene quel simbolo, il sottosegretario italo-argentino Riccardo Merlo, non riscuote troppe simpatie nella pattuglia di Forza Italia e degli ex grillini arruolabili per Giuseppi.

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Dacché a spazzare via le residue speranze di abbordaggio allo scudo crociato c’ha pensato la Procura di Catanzaro, la scialuppa di salvataggio per Giuseppe Conte, nella tempesta del Senato, non può che arrivare dal Maie. Il che si sta rivelando un problema. Non solo perché parrebbe un poco inopportuno, che l’incubatore del partito del premier italiano fosse il gruppo degli eletti all’estero. Sui formalismi ormai nessuno cavilla. Il problema è che chi detiene quel simbolo, il sottosegretario italo-argentino Riccardo Merlo, non riscuote troppe simpatie nella pattuglia di Forza Italia e degli ex grillini arruolabili per Giuseppi.

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Un po’ perché i fuoriusciti del M5s ancora gli rinfacciano, a Merlo, di aver partecipato all’operazione di puntellamento del governo dell’ormai inavvicinabile Renzi insieme all’appestato di sempre, Denis Verdini. E un po’ perché, di questo istrionico giornalista di radici venete ma cresciuto a Buenos Aires, arrivato ormai alla quarta legislatura, in pochi si fidano fino in fondo, dalle parti di Forza Italia. Uno dei senatori azzurri contattati, ad esempio, s’è messo a spulciare tra le attività del sottosegretario, che da due anni smania per avere dai capi della Farnesina (prima Moavero, ora Di Maio), la delega per il suo amato sudamerica, senza mai ottenerla. E insomma spulciando s’è accorto che  nel settembre 2019 Merlo ha assunto, come suo segretario particolare al ministero, tale Oscar Ramundo: il quale nel suo curriculum  ufficiale dichiara di essersi dimesso da deputato del Parlasur, l’assemblea sudamericana dei paesi del Mercosur. Sul cui sito risulta però essere rimasto in carico almeno fino al 31 dicembre del 2020. “E insomma non è che ci mettiamo nelle mani di uno che paga coi soldi del ministero un membro di un Parlamento straniero, solo perché al governo serve un gruppo di almeno dieci senatori e questo è l’unico simbolo a disposizione?”, si sono chiesti i forzisti di Palazzo Madama.

 

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I quali, certo, sono uomini e donne di mondo. “Ma neppure possiamo sopportare di essere trattati come semplici numeri in un pallottoliere, perché è offensivo”, dice Maria Virginia Tiraboschi, imprenditrice di Ivrea che ha ricevuto telefonate da ogni dove, negli ultimi giorni. “E’ tutto sgrammaticato, in questa trattativa: sembra di stare al mercato di Porta Palazzo. Se davvero ci si volesse coinvolgere, non si userebbe questa specie di caccia all’uomo, ma si aprirebbe un tavolo coi leader, si coinvolgerebbe il presidente Berlusconi riconoscendo il ruolo che ha”. E invece? “E invece qui siamo al paradosso per cui chi cerca di indurci a cambiare casacca esalta le culture popolari, liberali, europeiste, ma si vergogna di pronunciare il nome del partito che quelle culture incarna”, sbuffa Luigi Vitali, altro senatore avvicinato dagli emissari di Palazzo Chigi.

 

E così, non volendo (o non potendo) riabilitare il Cav. e la sua storia per non suscitare i malumori di Di Battista e compagni, si procede con una negoziazione pulviscolare, alla spicciolata, con conti che non tornano. Succede così anche alla Camera. Dove ad esempio Maurizio D’Ettore, collega d’università di Conte a Firenze e suo caro amico, lusinga l’ego dei quarantenni del suo partito: “Il presidente avrebbe bisogno proprio di facce fresche come voi, per il suo partito”. “E tu?”, gli fanno quelli. “No, io resto in Forza Italia”. Giusi Bartolozzi, magistrato di Gela, viene considerata nelle simpatie di Andrea Orlando, e allora subito si diffonde la convinzione che potrebbe andare a Via Arenula come sottosegretario, in caso di Conte-ter. Un caos generato evidentemente anche dalla mancanza di una linea politica coerente. “Il punto è che rispondere alla crisi di governo solo invocando le elezioni non è la strada che il centrodestra dovrebbe percorrere”, dice Matteo Perego, deputato azzurro vicino alla famiglia Berlusconi. “Credo che si posa, e si debba, guardare anche a una legislatura di scopo, per attuare il Recovery e uscire dalla pandemia. E farlo con chi ci sta, senza pregiudiziali, ma a patto di riscrivere insieme, con pari dignità, l’agenda da qui al 2023”. Insomma, conclude Perego, “serve un ‘Ursula all’italiana’”

 

E invece, appunto, l’idea è quella di procedere con la pesca a strascico. “Chiedendoci per giunta, come prima cosa, di votare la relazione sulla giustizia di Alfonso Bonafede”, sbotta Vitali. Che precisa: “Non è che io non me la senta di votare per la sua relazione. E’ che Bonafede è la negazione della mia cultura politica: lui non potrebbe proprio fare il Guardasigilli in un governo che pretende di aprirsi al liberalismo”. La Tiraboschi quasi se la ride: “Ma figuratevi se io possa votare per quella relazione, io che tra il 1988 e il 1992 sono stata iscritta al Psi, quello vero”. 

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E insomma si capisce anche la fretta di Conte chiudere queste trattative prima di mercoledì prossimo. Quando appunto le Camere dovranno votare per una relazione di Bonafede che si preannuncia così delicata che perfino dentro il Pd c’è chi si professa scettico, se è vero che Valeria Valente mette le mani avanti: “Prima di votare, voglio leggere e capire cosa c’è scritto”. Ebbene, bisognerebbe stabilizzare la maggioranza prima che venga giù alla prima occasione. Anche per questo Matteo Renzi, sapendo che il suo gruppo di Iv resta allora l’unico terreno di caccia per Conte, prova a rinvigorire l’umore della truppa. E così, dopo avere dato a tutti il mandato del silenzio con giornali e media, ieri sera ha riunito deputati e senatori: “Come è evidente infatti noi siamo decisivi (specie per i numeri del Senato) nella risoluzione della crisi. Uniti, la chiudiamo noi. Divisi, contribuiamo all’indecoroso spettacolo di queste ore”.

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