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crisi e miliardi

Così il Recovery è finito ostaggio della crisi. Si tratterà fino a sabato

Valerio Valentini

Una giornata di riunioni, tra l'ansia di Conte e la psicosi del M5s. Bruxelles monitora, Gentiloni sbuffa, ma prima di sabato si tratterà a oltranza. E intanto nelle nuove bozze spunta anche una proposta di Mes. I grillini in subbuglio: "Per noi è irricevibile". La guerra di nervi tra il premier e il senatore di Scandicci

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Il problema, in fin dei conti, è sempre quello: il tempo. Perché, se è vero che l’attesa della crisi è essa stessa crisi, e se i rinvii e i rimandi e il temporeggiare finanche esasperato fanno parte da sempre dell’armamentario della politica quando infuria la bufera, è però evidente che sulla partita più importante intorno a cui questa estenuante verifica di governo si consuma, e cioè il Recovery plan, il tempo è proprio quello che l’Italia non potrebbe, né dovrebbe, permettersi. E non è un caso, allora, se anche Paolo Gentiloni, da molti consultato in privato, ha trovato il modo, con la laconica pacatezza che si confà al suo ruolo, di lanciare il suo allarme. 

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Il problema, in fin dei conti, è sempre quello: il tempo. Perché, se è vero che l’attesa della crisi è essa stessa crisi, e se i rinvii e i rimandi e il temporeggiare finanche esasperato fanno parte da sempre dell’armamentario della politica quando infuria la bufera, è però evidente che sulla partita più importante intorno a cui questa estenuante verifica di governo si consuma, e cioè il Recovery plan, il tempo è proprio quello che l’Italia non potrebbe, né dovrebbe, permettersi. E non è un caso, allora, se anche Paolo Gentiloni, da molti consultato in privato, ha trovato il modo, con la laconica pacatezza che si confà al suo ruolo, di lanciare il suo allarme. 

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Un retweet. Gesto minimale e però eloquente, con cui il commissario europeo rilancia uno studio che misura la tremenda caduta nell’indice di fiducia delle imprese italiane nell’ultimo scorcio del 2019. Un “fate presto”, insomma, che nelle chat dei parlamentari del Pd deve risuonare forte, se è vero che dal Nazareno il richiamo alla realtà e alle gravi incombenze che questa impone, è stato il ritornello di tutta la giornata. 
Solo che poi la tattica politica esige i suoi rituali. “E dunque calma e gesso: tocca al premier ora fare una mossa”, è andato ripetendo Matteo Renzi ai suoi deputati, come catechizzando i più irrequieti. Non lo pensa solo il leader di Italia viva, però. Anche Dario Franceschini e Goffredo Bettini, insomma tutti quelli che provano a suggerire una exit strategy a Conte, lo hanno esortato a prendere un’iniziativa, se non altro per togliere alibi alle critiche renziane. E  Conte c’ha pensato a lungo, a come sbloccare lo stallo, e alla fine ha pubblicato un articolato  post su Facebook che è servito in verità solo a guadagnare altro tempo. Battere un colpo senza segnare un punto.  

 

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Obbligato, certo, il riferimento al Recovery. Perché è su quello che si discute, ed è su quello che, per l’intera mattinata, il premier è stato a lavoro insieme a Roberto Gualtieri, Enzo Amendola e Peppe Provenzano. Tutti ministri del Pd. E tanto è bastato per innescare il risentimento del M5s. “E noi? Siamo dispersi”, ha scritto sulla chat dei deputati grillini il viceministro  Stefano Buffagni, chissà se prendendosela più col premier che non tiene nella giusta considerazione il Movimento o i vertici del Movimento stesso, il capodelegazione Alfonso Bonafede e il capo politico Vito Crimi che gli interessi del grillismo dovrebbero tutelarli, e invece sono non pervenuti nelle trattative di questi giorni. E così, dopo mezza giornata di psicosi, Gualtieri ha deciso di condividere anche coi responsabili del M5s l’avanzamento dei lavori: e ne è seguita una lunga videocall di quattro ore col ministro Stefano Patuanelli, con la viceministro Laura Castelli e la sottosegretaria Laura Agea. Soddisfatti? “Abbastanza”, hanno poi spiegato a mezza bocca, agitando piccoli scalpi ambientalisti davanti ai loro parlamentari (“Non c’è più il piano per lo stoccaggio di Co2!”) che però ben poco toccano della carne vera del progetto.

 

E infatti Renzi, guardingo, si dice soddisfatto (“Sembra ci siano meno incentivi e più investimenti, bene così”), ma poi, sapendo che sul Recovery le trattative andranno avanti almeno fino a venerdì, sente di dover rialzare la tensione, mettere nuova carne nel braciere della polemica: ed ecco allora la proposta di vaccinare i professori e riaprire subito scuole medie e superiori

 

In attesa dello scontro finale, che potrebbe scatenarsi sul Mes. Perché, proprio su richiesta del M5s, nel piano del Recovery è stato aggiunto un capitolo che integra il Next Generation Eu con altri fondi europei: “Per avere così un quadro organico e una visione unitaria”, chiedevano i  grillini in un file inviato al Mef la settimana scorsa. E sono stati accontentati, nella forma. Solo che, almeno in alcune delle bozze circolate, quell’integrazione contempla anche il ricorso al Mes: nella logica della finanza sostitutiva, destinando cioè i prestiti del Fondo salva stati  a spese sanitarie già programmate. Si tratterebbe di dodici miliardi, un terzo della somma totale  riservata all’Italia da Bruxelles. Ben più del necessario, però, per far esplodere la polveriera del M5s. “Un’ipotesi che per noi semplicemente è irricevibile”, hanno fatto sapere i ministri grillini a Conte e Gualtieri. E intanto il tempo passa, e la crisi è una commedia ancora tutta da recitare.

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