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Così Di Maio s'inabissa mentre flirta con Renzi. E nel M5s monta la rabbia su Conte

Valerio Valentini

I senatori grillini chiedono una riunione a Crimi e Bonafede. Intanto Patuanelli prova a rassicurare i suoi parlamentari: "La task force immaginata a Palazzo Chigi ha un senso". Ma il ministro degli Esteri punta al plebiscito interno, per rendere il premier meno indispensabile

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La trattativa riservata, che si fa ma non si dice, sono i suoi fedelissimi a spiegarla ai colleghi più ignari. “Luigi per ora è bene che stia al riparo”, ripetevano giovedì un paio di sottosegretari vicini a Di Maio a chi, tra i deputati grillini, chiedeva conto di quella posizione così netta da parte del ministro degli Esteri sull’allentamento delle strette natalizie. “E vi pare che sia casuale, che Luigi critichi Conte proprio mentre Renzi lo attacca?”.

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La trattativa riservata, che si fa ma non si dice, sono i suoi fedelissimi a spiegarla ai colleghi più ignari. “Luigi per ora è bene che stia al riparo”, ripetevano giovedì un paio di sottosegretari vicini a Di Maio a chi, tra i deputati grillini, chiedeva conto di quella posizione così netta da parte del ministro degli Esteri sull’allentamento delle strette natalizie. “E vi pare che sia casuale, che Luigi critichi Conte proprio mentre Renzi lo attacca?”.

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Poi, ufficialmente, la posizione è un’altra: e così dalla Farnesina trapela che sono ben altri, quelli che tramano contro il premier, e che anzi nei giorni scorsi  Di Maio ha dovuto placare le ire di ben tre ministri grillini che volevano aprire il fuoco contro la task force sul Recovery, su cui del resto anche i senatori grillini sono imbufaliti, al punto da chiedere la convocazione di una riunione col reggente  Crimi e il capo delegazione  Bonafede, mentre già stamattina toccherà a Patuanelli spiegare a una delegazione di parlamentari grillini le scelte alla base della “cabina di regia” immaginata a Palazzo Chigi.

 

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E però, se Matteo Renzi anche due sere fa, coi suoi senatori, è tornato a elogiare l’ex capo politico del M5s (“In confronto a Conte, è uno scienziato della politica”), è perché l’intesa tra i due c’è. Solo che appunto non la si può rivelare. Non ora, almeno. Perché per le prossime settimane, nel mezzo della sessione di bilancio e col governo in bilico sul crinale della crisi, Di Maio ha una sua improrogabile priorità: l’elezione nel nuovo direttivo del Movimento. E dunque, siccome c’è da guadagnarsi il favore della base, bisogna stare accorti. Perché passare per quello che briga con Renzi, “l’ebetino di Firenze”, per fare la pelle al prof. Conte, l’avvocato del popolo, non è certo il modo migliore, per Di Maio, per ingraziarsi la benevolenza degli attivisti esagitati. E d’altro canto, che il leader di Italia viva lo stia aspettando, non è una novità. Già a inizio ottobre, mentre avviava la manovra d’accerchiamento al premier invocando un confronto tra i leader di maggioranza a Palazzo Chigi, il senatore di Scandicci ai suoi diceva che “per avere la certezza che il M5s non imploda, bisogna aspettare che Di Maio esca rafforzato dagli Stati generali”.

 

Che però sembrano un po’ come il ponte sullo Stretto: una perenne incompiuta. E così, a distanza di oltre due mesi, si attende ancora di capire quando verrà eletto il nuovo direttivo. Attende anche Di Maio che scalpita e che sparla, in privato, del suo successore, quel Crimi che invece giustifica la lentezza del processo col rispetto delle regole interne, per cui prima di metà gennaio non si arriverà a una soluzione. E allora Di Maio si dedica  con tutto se stesso alla campagna di autopromozione interna. Oggi inaugurerà le sue “agorà digitali”, degli incontri in videoconferenza con gli attivisti. E non a caso nel suo tour virtuale partirà da Campania, Sicilia e Puglia: laddove si concentra, cioè, il maggior numero di iscritti. Baruffe che si consumano dentro il corpaccione gassoso del M5s, certo. Ma che avranno ricadute anche sulle strategie generali. Perché un Di Maio che uscisse pienamente legittimato come riconfermato leader del Movimento, darebbe a chi medita di sacrificare Conte la certezza che il premier attuale non sarebbe più indispensabile, come garante della tenuta del grillismo nella palude di una nuova crisi. E a quel punto, anche Giuseppi sarebbe sacrificabile. Forse anche per questo, ieri, da Bruxelles Conte ha annunciato la sua ritirata, con tanto di confronto con le forze di maggioranza nelle prossime settimane. Tanto, stando anche alle direttive giunte al Mef e al Mise, vista l’aria che tira, del Recovery plan, e della annessa cabina di regia, se ne riparlerà a gennaio. 

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