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caos a cinque stelle

Il Mes, i dissidenti grillini e la tensione perenne tra Di Maio e Conte

I firmatari sono 58, tra cui 16 senatori. I fedelissimi del ministro degli Esteri si sfilano, ma arrivano nuovi sottoscrittori (Currò e Testamento). La rabbia del Pd: "Non possiamo rimangiaci il lavoro svolto", dice Stefano. "Conte non può fare il passante che fischietta", insorge Borghi

Valerio Valentini

La lettera di protesta del M5s chiede il rinvio della ratifica del trattato. "Impossibile", dicono nel Pd. Il giallo dei fedelissimi del ministro degli Esteri che ritirano la loro adesione. "Se c'è Luigi e non c'è il premier, tra i destinatari, noi non ci stiamo". Nuovo vertice venerdì

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Di certo c’è solo che sono tanti, per ora. O comunque assai più di quelli che ci si attendeva. La lettera che arriva sul tavolo di Vito Crimi, a ora di pranzo, reca in calce 58 firme: 42 deputati e 16 senatori. Non vogliono che si approvi o si ratifichi la riforma del Mes. Pretendono, di fatto, un improponibile veto italiano a Bruxelles, al Consiglio europeo del 10 dicembre. E, con ciò, mettono a rischio la maggioranza. Perché alla vigilia di quel Consiglio, Giuseppe Conte dovrà venire in Aula per ottenere un mandato dal Parlamento: e ben meno di 16 senatori basterebbero per mandare tutto a ramengo a Palazzo Madama.

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Di certo c’è solo che sono tanti, per ora. O comunque assai più di quelli che ci si attendeva. La lettera che arriva sul tavolo di Vito Crimi, a ora di pranzo, reca in calce 58 firme: 42 deputati e 16 senatori. Non vogliono che si approvi o si ratifichi la riforma del Mes. Pretendono, di fatto, un improponibile veto italiano a Bruxelles, al Consiglio europeo del 10 dicembre. E, con ciò, mettono a rischio la maggioranza. Perché alla vigilia di quel Consiglio, Giuseppe Conte dovrà venire in Aula per ottenere un mandato dal Parlamento: e ben meno di 16 senatori basterebbero per mandare tutto a ramengo a Palazzo Madama.

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Vogliono una risoluzione alternativa, i dissidenti: e la chiedono proprio nel mentre che Enzo Amendola, ministro per gli Affari europei, sta discutendo con la sua vice grillina Laura Agea e i responsabili della maggioranza di come scrivere quella ufficiale, di risoluzione, stando attenti a trovare una formula abbastanza vaga da non urtare gli animi suscettibili del corpaccione euroscettico del M5s. “Ma non possiamo neppure rimangiarci il lavoro svolto”, sbuffa Dario Stefano, del Pd, presidente della commissione Politiche europee del Senato. “Chiediamo solo di valorizzare la logica di pacchetto, rimandando la ratifica”, ci dice Raphael Raduzzi, uno degli organizzatori della sommossa grillina, e forse anche tra i pochi a masticare la materia.

 

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Perché la dissidenza grillina è sempre la solita nebulosa di contraddittori risentimenti. E tra i firmatari ci i custodi dell’ortodossia, come Cabras e Morra, e i moderati come Carabetta e Invidia, i complottisti come Lannutti, gli anti Casaleggio come Crucioli e i casaleggiani come Berti, ex ministri risentiti come Grillo e Lezzi e sottosegretari in carica come Villarosa. E poi ci sono esponenti vicini a Di Maio, come Fantinati e Di Stasio. Che però, quando scoppia la polemica, decidono di ritirare le loro adesioni. Scelta del ministro degli Esteri, che non vuole lasciare le sue impronte, o fraintendimento dei suoi seguaci?

 

Di certo alla Farnesina sono rimasti sorpresi quando, oltre a Crimi, ai capigruppo, al capodelegazione Bonafede e ai sottosegretari competenti Agea e Fraccaro, si sono ritrovati tra i destinatari della lettera di protesta anche Di Maio. Tanto più se poi, nella stessa missiva, i dissidenti evitano di prendersela con chi, secondo il ministro, dovrebbe prendersi le sue responsabilità: e cioè quel Giuseppe Conte che anche a giudizio dei deputati del Pd, come Enrico Borghi, “non può pensare di fare la parte del passante che fischietta davanti alle tensioni della maggioranza”. Tensioni che difficilmente passeranno. E a riprova sta il fatto che, vistisi sottrarre una manciata di firme, i dissidenti subito ne trovano altre: “Con Currò e Testamento restiamo sopra quota 50”, esultano a sera, ottenendo la convocazione di una riunione di gruppo per venerdì. E il 9 gennaio è ancora lontano.

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