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Ecco perché nel governo Pd e M5s litigano sull'aerospazio

Valerio Valentini

Il fallimento diplomatico del grillino Fraccaro nella sfida per il nuovo direttore dell'Agenzia spaziale europea. I conflitti di Palazzo Chigi intorno a Battiston e i timori di restare isolati nella nuova stagione di Joe Biden

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Sarebbe stato brutto comunque, certo. Ma la figuraccia pesa tanto di più ora che, col cambio della guardia alla Casa Bianca, Washington ristabilirà verosimilmente i canali tradizionali, quelli tra la  Nasa  e l’Esa. Se infatti, in epoca trumpiana, si poteva anche scantonare dall’Agenzia europea dello spazio, giocando in proprio certe partite puntando sulla voglia del presidente tycoon di disarticolare l’Unione europea attraverso rapporti bilaterali coi singoli, è opinione comune che con Joe Biden si tornerà all’antico. E anche per questo, al Nazareno, la sconfitta rimediata nel risiko internazionale per la scelta del nuovo direttore generale dell’Esa sa di clamoroso. E non solo per la batosta nel gioco delle trattative più o meno indicibili, ma anche per gli scenari foschi che questa disfatta diplomatica prefigura per il comparto industriale, che da solo vale quasi l’1 per cento del pil. Per questo Dario Franeceschini, capodelegazione dem al governo, d’accordo col ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ha diramato l’ordine ai suoi: “Dobbiamo riprendere in mano il dossier aerospazio, tornare centrali. Alziamo la voce”

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Sarebbe stato brutto comunque, certo. Ma la figuraccia pesa tanto di più ora che, col cambio della guardia alla Casa Bianca, Washington ristabilirà verosimilmente i canali tradizionali, quelli tra la  Nasa  e l’Esa. Se infatti, in epoca trumpiana, si poteva anche scantonare dall’Agenzia europea dello spazio, giocando in proprio certe partite puntando sulla voglia del presidente tycoon di disarticolare l’Unione europea attraverso rapporti bilaterali coi singoli, è opinione comune che con Joe Biden si tornerà all’antico. E anche per questo, al Nazareno, la sconfitta rimediata nel risiko internazionale per la scelta del nuovo direttore generale dell’Esa sa di clamoroso. E non solo per la batosta nel gioco delle trattative più o meno indicibili, ma anche per gli scenari foschi che questa disfatta diplomatica prefigura per il comparto industriale, che da solo vale quasi l’1 per cento del pil. Per questo Dario Franeceschini, capodelegazione dem al governo, d’accordo col ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ha diramato l’ordine ai suoi: “Dobbiamo riprendere in mano il dossier aerospazio, tornare centrali. Alziamo la voce”

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Il dossier, finora, in mano ce l’ha avuto Riccardo Fraccaro. E i risultati non sono stati esattamente incoraggianti. Perché, al di là del nome del nuovo capo e della sua nazionalità, la faccenda dell’Esa, gestita personalmente dal sottosegretario grillino alla Presidenza del consiglio, ha dimostrato una grande spirito d’improvvisazione del governo italiano. Che, per la corsa alla nuova poltrona di dg dell’Agenzia europea – un’agenzia che gestisce 12 miliardi di euro, e a cui l’Italia contribuirà con oltre due miliardi nel prossimo triennio – ha puntato tutto su una candidata, l’astrofisica Simonetta Di Pippo, dal curriculum invidiabile ma apparsa fin dall’inizio abbastanza debole nel gioco delle negoziazioni, e però sostenuta con forza dallo stato maggiore del M5s, sulla base di una presunta simpatia nei suoi confronti da parte di  Jan Worner, il direttore tedesco in scadenza che però, al dunque, non s’è affatto concretizzata, se è vero che perfino per permettere alla Di Pippo di superare il primo sbarramento nel giudizio delle candidature è stato necessario mobilitare l’alta diplomazia romana, pur di evitare l’umiliazione all’esecutivo Conte.

 

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Che nel frattempo, vedendo la mala parata, ha pensato anche di rivalutare l’altra candidatura, italiana pure quella ma arrivata senza il patrocinio governativo: e cioè quella di Roberto Battiston, ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana e assai stimato a livello internazionale (anche dopo il siluramento subito ad opera dell’allora ministro leghista  Bussetti, nell’autunno  2018, anche per le sue simpatie filocinesi), specie dai francesi, centralissimi nelle dinamiche  dell’aerospazio europeo. Perfino il consigliere militare del premier, quel Carlo Massagli che aveva inizialmente sostenuto la tesi di chi voleva pescare un nome di peso dal mondo dell’industria italiana del settore, a un certo punto ha provato a consigliare a Fraccaro se non fosse il caso di attuare una virata tattica su Battiston: ma il M5s non ne ha voluto sapere. Il risultato è stato di arrivare con due mezze candidature alla resa finale, vedendosele entrambe tagliate fuori dalla short list, la rosa di tre nomi da cui, a inizio 2021, verrà scelto il nuovo dg.

 

“Io francamente non ho compreso perché abbiamo enfatizzato con un trionfalismo improvvido e provinciale la nostra candidatura”, scuote il capo Daniele Marantelli, responsabile Aerospazio del Pd. “Avevamo suggerito per tempo una maggiore prudenza, ricercando semmai le necessarie alleanze nel contesto europeo”. Il riferimento è insomma allo spagnolo Pedro Duque, ex astronauta e ministro della Ricerca in carica, approdato non a caso alla selezione finale e coi favori dei pronostici. Tutto perduto? “Ci resta la possibilità – prosegue Marantelli – di giocare il ruolo di ago della bilancia, provando a condizionare il nostro sostegno a determinate questioni, sapendo che l’insuccesso diplomatico non deve inficiare  gli interessi industriali italiani, a partire dai satelliti e dalle telecomunicazioni, oltre  ai progetti dell’elicottero di nuova generazione e del Tempest, che  saranno sempre più centrali nella space economy e su cui l’Esa sarà chiamata sin dai prossimi mesi a prendere scelte importanti. E non possiamo farci trovare impreparati.

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