Guyana francese, lancio di un satellite dallo spazioporto di Kourou (LaPresse)

Foglio 48ore

Così si prepara la contesa spaziale europea

Alberto Brambilla

Le priorità italiane per i progetti dell’Esa. Parla l’ammiraglio Massagli

L’Agenzia spaziale europea (Esa), un organismo intergovernativo e non comunitario, sta studiando le proposte programmatiche da presentare agli stati membri alla riunione prevista in Spagna, il 27-28 novembre a Siviglia, per stanziare un budget complessivo di 10-11 miliardi di euro per il prossimo triennio. È possibile che il bilancio sarà più ridotto di quella cifra in quanto, come ha notato l’ingegnere spaziale Marcello Spagnuolo sulla rivista specializzata AirPress, sarebbe richiesto un contributo maggiore a ciascuno stato membro di circa 4-5 miliardi l’anno. I finanziamenti vengono ripartiti tra paesi in base alle quote di partecipazione all’Esa – l’Italia è il terzo paese contributore (11,8 per cento) mentre Francia e Germania i primi (con il 24,2 e il 23,1 rispettivamente) – e tornano indietro attraverso commesse per progetti specifici che sono divisi in quattro grandi filoni.

   

Il primo è Scienza e esplorazione con i progetti bandiera di esplorazione dell’universo con le missioni Lisa, una missione spaziale per rilevare le onde gravitazionali nel 2034, e Athena, un osservatorio spaziale a raggi x da lanciare nel 2028. L’esplorazione lunare, sempre nello stesso programma, per l’Europa è marginale ed è diventata più critica da quando gli Stati Uniti con Donald Trump hanno deciso di non avviare progetti di collaborazione. Il secondo filone è la sicurezza in progetti di monitoraggio dello spazio. Il terzo filone è quello dell’accesso allo Spazio (3 miliardi) con lo sviluppo di lanciatori per mandare i satelliti in orbita. I finanziamenti servono per completare i nuovi lanciatori della francese Arian e i Vega dell’Italiana Avio. A luglio è fallito un lancio di Vega con a bordo un satellite militare degli Emirati arabi uniti, il primo dopo quattordici lanci consecutivi di successo, per una anomalia. Il record di affidabilità di Vega è elevato, ma il primo fallimento pone l’Italia in una situazione delicata a Siviglia. L’ultimo capitolo dei finanziamenti dell’Agenzia spaziale è il più importante per il continente: per le applicazioni per lo spazio l’Esa potrebbe chiedere 4,3 miliardi di euro ripartiti in 1,7 miliardi per le SatCom, le comunicazioni satellitari, e 2,6 miliardi per l’Osservazione della Terra. Sono applicazioni sia civili sia militari secondo una logica dual use.

  

I programmi militari propriamente detti non sono però per statuto finanziati dall’Esa ma sono gestiti a livello comunitario o nazionale, la torta in questo caso è di 16 miliardi. La Francia di Emmanuel Macron ha interesse nell’ottenere i finanziamenti per la difesa, fuori sacco rispetto all’Esa e finanziati dall’Unione europea nel settennato della commissione nascente, perché vorrebbe creare una forza militare spaziale, al pari di Trump negli Stati Uniti.

  

L’Italia non sembra intenzionata ad avere una postura aggressiva dal momento che l’industria spaziale italiana è all’avanguardia in progetti di osservazione terrestri con ricaschi ampi su settori civili. Come l’Italia si presenterà all’Esa lo spiega al Foglio l’ammiraglio Carlo Massagli, segretario del Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e all’aerospazio (Comint). “L’obiettivo – dice – è valorizzare le competenze industriali del settore spaziale nazionale, ma soprattutto accrescere il patrimonio tecnologico ed il know-how necessari per sviluppare prodotti competitivi sul mercato internazionale”. A Siviglia presenterà delle priorità “dando particolare rilievo agli sviluppi di servizi ed applicazioni (in particolare Copernicus 4.0), lo studio dell’universo, l’accesso allo spazio, il volo sub-orbitale, l’in-orbit servicing, l’esplorazione robotica ed umana dello spazio, ciò al fine di valorizzare le competenze industriali del settore spaziale nazionale, ma soprattutto – dice l’ammiraglio Massagli – di accrescere il patrimonio tecnologico e il know-how necessari per sviluppare prodotti competitivi sul mercato internazionale”.

   

Sesta potenza spaziale al mondo, l’Italia dello Spazio ha nell’export il 70 per cento del proprio business, con ricavi che valgono 1,5 punti di pil in 5 anni. In Italia il settore ha fatturato, nel 2018, 2,23 miliardi di euro con una costellazione di 600 imprese attorni alle grandi società Thales Alenia Space Italia, Leonardo, Telespazio e Avio. “Il settore spaziale – spiega Massagli – è strumento di crescita economica e fornisce lavoro altamente specializzato a oltre 7mila persone, con un indotto di decine di migliaia di unità tra industrie direttamente coinvolte e indotto, con ritorni diretti ed indiretti ben maggiori degli investimenti pubblici realizzati negli anni”.

    

  

L’indirizzo strategico spiegato da Massagli rispecchia le linee guida approvate a marzo scorso dal governo gialloverde e seguite in continuità da quello Pd-M5s. Ma la precisa posizione da presentare a Siviglia sarà coordinata al Comint al quale partecipano ben dodici ministeri. Nel precedente governo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva tenuto per sé le deleghe e le funzioni di coordinamento delle politiche relative ai programmi spaziali e aerospaziali e ora, con il nuovo governo, ha designato l’ex ministro Riccardo Fraccaro presidente del Comint. Conte è stato in passato consigliere di amministrazione dell’Agenzia spaziale italiana, dove in aprile si è insediato Giorgio Saccoccia, ex dell’Esa. “L’Italia ha una governance rinnovata e ha la consapevolezza che spazio e aerospazio sono settori da supportare e valorizzare per i correlati ritorni occupazionali e di sviluppo economico del paese”, dice Massagli. La missione dell’Italia a Siviglia è essenziale per difendere la continuazione dei progetti spaziali nazionali. 

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.