Il ruolo dell'Italia nella space economy

Letizia Davoli

Dopo astronomia e allunaggio le applicazioni spaziali fanno intravedere nuovi affari per migliorare la vita terrestre. Thales Alenia Space, Avio e Telespazio raccontano come conservare un primato nazionale

La rivoluzione industriale e commerciale arriverà dallo spazio. Dove gli investimenti di oggi saranno la ricchezza di domani: motore di sviluppo, carburante per la ricerca, fabbrica di nuove tecnologie. Come il Cyberspazio per l’inizio del terzo millennio, così lo spazio – quello reale – è destinato a cambiare il futuro, e non solo, dell’economia. Dallo spazio 1.0 – l’astronomia, la curiosità innata dell’Uomo di studiare il Cielo – si passa negli anni 60 allo Spazio 2.0, la corsa alla luna. Gli anni 90 portano alla fase 3.0: la Stazione spaziale internazionale mette insieme Stati Uniti, Europa, Russia, Canada e Giappone. Le applicazioni spaziali fanno intravedere nuovi business fino a quel momento sconosciuti, ed il mondo economico entra in fermento. E’ lo spazio 4.0, driver di crescita mondiale: la Space Economy.

  

Difficile però dare una definizione univoca di Space Economy. Per farlo, occorre prima conoscere il quadro generale. L’Italia, terzo paese nella storia a lanciare un satellite – il San Marco dalla base di Malindi negli anni 60 – oggi è la sesta potenza spaziale al mondo, e può vantare l’intera filiera che porta allo Spazio, eredità di quegli anni pioneristici. A occupare il settore di upstream – cioè la costruzione di satelliti, tecnologie e robot per l’osservazione della terra, la sicurezza e l’esplorazione del Sistema Solare – è Thales Alenia Space Italia e la sua partecipata (insieme all’Agenzia spaziale italiana, Asi) Altec, mentre la messa in orbita è affidata ad Avio con il suo lanciatore Vega, in forza alla Agenzia spaziale europea. A Telespazio invece il settore del downstream, cioè la gestione dei satelliti e dei servizi di terra, e la raccolta e distribuzione dei dati grazie alla sua partecipata (insieme ad ASI) E-Geos.

  

 

La Space Economy si può quindi declinare in molti capitoli. “E’ politica industriale di sostegno alle nuove filiere del settore – spiega Donato Amoroso, amministratore delegato di Thales Alenia Space in Italia – capace di metterne insieme priorità e competenze, che sono il valore assoluto con cui ci si confronta nel mercato nazionale ed internazionale”. Un mercato sempre più affamato di spazio, ormai legato a doppio filo al benessere della terra. Dalla sicurezza al monitoraggio del territorio, dalle comunicazioni alla Internet of thinghs (Iot) fino alle smart city, prima o poi tutti devono passare dallo spazio. “Per questo la Space Economy è attrazione di capitali – aggiunge Amoroso – perché tante nazioni che fino a ieri non avevano lo spazio come elemento di ‘strategicità’ ora lo hanno messo al centro, vedendo nello spazio un motore di sviluppo e di futuro. E noi, facendo da traino, possiamo diventare moltiplicatori per l’economia”.

 

Sorride Giulio Ranzo, l’amministratore delegato di Avio: “Quello che è buffo della definizione è che lo ‘Space’ è un mezzo per far crescere ‘the Economy’: il valore di una singola industria spaziale è insignificante rispetto a quello che la tecnologia spaziale muove in ogni settore dell’economia, dai servizi all’industria, dalla difesa alla agricoltura”.

  

Per Luigi Pasquali, che oltre ad essere amministratore delegato di Telespazio è anche il responsabile della linea Spazio di Leonardo, a un certo punto il settore spazio è passato dal technology push, cioè dalla sola ricerca di nuove tecnologie al market driven, e quindi al market pull, cioè secondo le esigenze del mercato. “Le tecnologie – spiega Pasquali – erano giunte a un livello così elevato che ci si è accorti che potevano rispondere anche ad alcune richieste del mercato, ai nuovi bisogni degli utenti. Il paradigma quindi è cambiato: il mercato ha prodotto nuove esigenze a cui i sistemi spaziali oggi possono rispondere”. La forza dell’Italia è nelle competenze “end to end”, cioè sulla intera filiera. E pur senza i pesanti investimenti dei diretti concorrenti come gli Stati Uniti e, oggi, la Cina, l’Italia gode di un posizionamento forte e collaborazioni importanti. “Noi portiamo in questo comparto di grande strategia il valore aggiunto della creatività, nella quale l’Italia è fortissima – sottolinea Amoroso – Questo tipo di competenze non si acquisisce velocemente e si stratifica nel tempo, ed è questo mix di autorevolezza, competenza e tradizione che ci mette alla pari degli altri produttori del mercato globale”.

  

A Thales Alenia Space e alla sua partecipata Altec è stata affidata una delle missioni più importanti della Agenzia Spaziale Europea: EXOMARS 2020, che andrà alla ricerca di vita su Marte. Il rover che studierà il sottosuolo del pianeta rosso, Rosalind Franklin, è appena uscito dagli stabilimenti Thales Alenia Space Italia di Torino con tutto il suo carico di altissime tecnologie. Il centro di controllo della missione – il ROCC (Rover Operation Control Center) – si trova invece nella sede di Altec, sempre a Torino, che fornisce servizi ingegneristici e logistici a supporto delle operazioni spaziali. Inclusa la Stazione Spaziale Internazionale, costruita al 50 per cento proprio da Thales Alenia Space Italia, che fornisce anche i moduli di rifornimento Cygnus. Agli stabilimenti di Roma invece il compito di costruire i satelliti per l’osservazione della terra e la sicurezza del territorio: la flotta delle Sentinelle di Copernicus, programma dell’Unione Europea, e CosmoSkyMed, satelliti italiani per uso duale, civile e militare, oltre ai satelliti di navigazione Galileo. Il piccolo ma affidabile Vega – che vanta il 94 per cento di successi – pone il nostro paese tra gli unici 6 al mondo in grado di mandare satelliti nello Spazio insieme a Stati Uniti, Russia, Cina, Giappone e India. Davanti a sé ha una platea di 130 “utenti” del servizio, 130 paesi che cercano un passaggio per lo spazio per i propri satelliti. “Questo significa – dice Ranzo – che devono passare tutti da noi, o almeno vinciamo la gara una volta su sei, 124 potenziali clienti che fanno dipendere da noi la loro crescita economica. Una disuguaglianza enorme che mette in luce la nostra strategicità. Avio vende in Corea, Emirati, Perù, Thailandia, America Latina, Africa, solo per dirne alcuni. Mercati da centinaia di milioni di persone che non possono ancora arrivare in orbita da soli, ma che possono comprare in Italia non solo lanci, ma anche satelliti e servizi. Con ricadute economiche gigantesche”.

  

Anche nel settore dei servizi l’Italia vanta altrettanta storia e altrettanto prestigio. In pochi sanno che l’Europa ha potuto vedere lo sbarco sulla luna, quella notte del 1969, proprio grazie alle antenne italiane di Telespazio nella piana del Fucino, in Abruzzo. Che oggi, con 170 antenne su un’area di 300mila metri quadrati, è il più grande teleporto al mondo per usi civili. “L’industria spaziale è nata da esigenze di comunicazione via satellite – prosegue Pasquali di Telespazio – Solo dopo si sono aggiunte l’osservazione della terra, la gestione delle emergenze, la difesa. E’ per posizionarsi e combattere ad armi pari nel mercato globale che Telespazio ha fondato e-Geos, società di servizi satellitari che gestisce, elabora e vende le informazioni in arrivo dallo spazio. Oggi infatti non vengono chieste immagini o dati, ma informazioni che grazie al data analitycs, sono in grado di fornire ai clienti esattamente e solo quello che chiedono, dati già elaborati, senza sommergerli di immagini.” Così, per Pasquali, la Space Economy diventa il processo che identifica la domanda degli utenti e progetta nuovi sistemi sempre più performanti, facendo dello spazio la risposta ai bisogni della terra.

  

“Il fatto di avere il Comint (il Comitato interministeriale per le politiche spaziali e aerospaziali) è un elemento di grande orgoglio e attenzione – dice Amoroso – perché Space Economy significa anche capacità di programmazione pluriennale: i nostri sono programmi di lungo respiro ed è importante avere coerenza su orizzonti e risorse temporali, per sviluppare progetti, incrementare le capacità nazionali ed avere uno sguardo strategico con le collaborazioni internazionali che ci permettono di stare in piedi e, in tal senso, il supporto istituzionale nel mercato export risulta fondamentale, cosi come avvenuto in passato per l’acquisizione di grandi contratti con la Corea e con gli Stati Uniti”.

  

“Lo spazio sta diventando un ambito sempre più operativo – aggiunge Pasquali – perché ormai tutto si svolge o transita nello spazio. La nascita del Comint indica che il paese si è accorto che lo spazio non è solo scienza e tecnologia, ma è strategico per economia e sviluppo”. Più della metà del fatturato di Avio, il 60 per cento, è export, sottolinea Ranzo: “Tutta ricchezza prodotta all’estero che entra nel paese, con grande impatto sulla nostra economia”. Ma per restare competitivi e generare valore, diventa fondamentale essere presenti nei luoghi dove si prendono le decisioni e dove si decidono i finanziamenti. In ballo ci sono 16 miliardi di euro dell’Unione europea per il settennato 21-27, e 10 miliardi della Agenzia spaziale europea, al centro della prossima ministeriale ESA19+ in programma a Siviglia a fine novembre. “Partecipare al finanziamento dei programmi Esa riporta al paese il 103 per cento di quanto investito – sottolinea Pasquali – Le gare europee, invece, ci riportano in fatturato il 130 per cento degli investimenti. Questo significa che lo spazio in Italia è un abilitatore economico che genera effetti moltiplicativi”. “Il rapporto è di 1 a 7 – dice Ranzo, forte della esperienza di Avio – per cui 1 euro investito genera pil prodotto da qualcun altro all’estero. Oggi andiamo verso nuovi mercati con nuovi lanciatori – il Vega C ed il Vega E, dal 2025 circa – che ci permetteranno di essere ancora più competitivi”.

  

Avere una politica industriale di sostegno alla intera filiera, che sappia mettere insieme le priorità del settore e valorizzare le competenze acquisite per restare al passo del mercato globale, diventerà cruciale per la nostra economia. “Ci aspetta una ministeriale che ha tanti programmi al via – aggiunge Amoroso di di Thales Alenia Space – ed esserci significa avere nuove prospettive per i prossimi 10-15 anni. Non esserci significa essere tagliati fuori, con conseguenze gravi anche per il paese”.

 

Ora tocca all’Italia fare il suo, facendo pesare il proprio ruolo là dove si decide, e snellendo procedure e catene decisionali, perché – avvisa Amoroso – “la velocità e la forza con cui si entra nei mercati è fondamentale”.

  

Non c’è che dire: una partenza impegnativa per il sottosegretario Riccardo Fraccaro che ha appena ricevuto la delega allo Spazio, e che presiederà il Comint, indirizzando e coordinando le strategie spaziali italiane. Lo aspettano la ministeriale Esa di fine novembre, e la lotta con l’asse franco tedesco – già saldamente in sella – per i 16 miliardi della Unione europea. Insieme a lui la ricchezza dello Spazio italiano, davanti a lui il futuro di un settore in grado di aiutare a rivoluzionare l’economia.

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