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la manovra a vuoto del truce

Mediaset, il M5s in difesa del Biscione scombina i piani di Salvini

Le riunioni dei parlamentari grillini col ministro Patuanelli e il sottosegretario Liuzzi vanno avanti da settimane. Lo avesse saputo, il capo della Lega si sarebbe risparmiato l'inutile sceneggiata

Valerio Valentini

"Ma quale regalo a Berlusconi? E' una norma di buon senso". Così Patuanelli spiega la norma anti-Vivendi ai parlamentari grillini. La Lega tenta lo strappo, ma alla fine è costretta alla retromarcia. Le astuzie di Delrio e la rabbia del Cav.

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“Ma quale regalo a Berlusconi? Non scherziamo. E’ una norma di buon senso”. L’avesse saputo prima che erano queste le parole con cui Stefano Patuanelli illustrava il famigerato emendamento “salva Mediaset” ai suoi parlamentari, magari Matteo Salvini se la sarebbe risparmiata, la fatica di questa scomposta manovra. Perché, a prendere sul serio quel che ancora giovedì sera ripeteva ai suoi fedelissimi, evidentemente nell’incidente ci sperava: “Giochiamo su due tavoli”, ha detto il segretario della Lega. “Innanzitutto, puntiamo a sabotare questo ritorno al Nazareno nella speranza che prima o poi vengano a mancare i numeri. In seconda battuta, sappiamo che se Forza Italia deciderà di andare al governo con la sinistra e col M5s, copriremo noi lo spazio che si scoprirà nel centrodestra”. A dimostrazione, insomma, di come l’ipotesi di restare confinati, da soli insieme alla Meloni, nel recinto dell’opposizione sovranista, Salvini la teme assai.

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“Ma quale regalo a Berlusconi? Non scherziamo. E’ una norma di buon senso”. L’avesse saputo prima che erano queste le parole con cui Stefano Patuanelli illustrava il famigerato emendamento “salva Mediaset” ai suoi parlamentari, magari Matteo Salvini se la sarebbe risparmiata, la fatica di questa scomposta manovra. Perché, a prendere sul serio quel che ancora giovedì sera ripeteva ai suoi fedelissimi, evidentemente nell’incidente ci sperava: “Giochiamo su due tavoli”, ha detto il segretario della Lega. “Innanzitutto, puntiamo a sabotare questo ritorno al Nazareno nella speranza che prima o poi vengano a mancare i numeri. In seconda battuta, sappiamo che se Forza Italia deciderà di andare al governo con la sinistra e col M5s, copriremo noi lo spazio che si scoprirà nel centrodestra”. A dimostrazione, insomma, di come l’ipotesi di restare confinati, da soli insieme alla Meloni, nel recinto dell’opposizione sovranista, Salvini la teme assai.

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E non a caso, nella sua filippica contro il documento “salva Mediaset”, mercoledì scorso in commissione Trasporti della Camera, Alessandro Morelli aizzava gli ormoni del grillismo mostrandogli il drappo rosso della loro incoerenza, sperando di dividerli, di sfibrarli, di allontanarli  dal patto stretto col Pd: “Ma davvero voi, che avete fatto dell’antiberlusconismo un’arte, ora difendete le sue aziende?”. Una roba che manco il Dibba dei giorni peggiori (e in effetti Dibba, manco a dirlo, ieri è arrivato a blaterare, come da copione, sull’orrore del berlusconismo e di chi lo riabilita). Non sapeva, Morelli, che in verità alle sue spalle s’era attivata una macchina diplomatica che, per quanto scalcagnata, aveva raggiunto il suo scopo: garantire la piena rivendicazione della norma “salva Mediaset” da parte del M5s

 

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E infatti Graziano Delrio, coi suoi deputati coinvolti nella sessione della commissione, era stato chiaro: “La tiriamo in lungo finché i grillini non mettono a verbale il loro consenso sulla misura”. E infatti la seduta è durata più del dovuto, si è accantonata la discussione sul provvedimento incriminato per arrivare a dibattere nientemeno che di codice della strada e riforma del foglio rosa, si è arrivato perfino a una breve sospensione. E alla fine, dopo un ultimo, rapido consulto col Mise, la pattuglia del M5s è uscita allo scoperto. Così Emanuele Scagliusi, capogruppo grillino in commissione, ha dichiarato che l’emendamento inserito dal Senato al decreto Covid “non è affatto una norma specifica a tutela di Mediaset, ma un provvedimento che serve a colmare un vuoto normativo”. E dunque sì, una riforma organica della legge Gasparri, come la chiedeva la Lega, “è opportuna, ma la si potrà fare in seguito”.

 

E insomma, nel giro di mezza giornata, svanivano le isterie grilline intorno all’ombra del Cav., e con esse svaniva pure la speranza di Salvini di tentare una pattuglia dei deputati grillini duri e puri, un misto di ortodossi filoDibba e un manipolo di nostalgici del governo gialloverde, e far traballare la maggioranza. Del resto, già a inizio novembre, ben prima che la misura che protegge Mediaset dalle mire della francese Vivendi, Patuanelli aveva chiesto a Mirella Liuzzi, sottosegretario allo Sviluppo che gestisce a Via Veneto le deleghe sulle Telecomunicazioni, di spiegare ai deputati delle commissioni competenti il senso della norma. E lei, con pragmatismo lucano, aveva subito prevenuto il sospetto: “Chiariamo innanzitutto che c’è di mezzo Berlusconi solo in quanto la sua azienda è la prima coinvolta in questa situazione in cui, come governo, ci ritroviamo a dover colmare una lacuna normativa segnalataci anche dall’Unione europea”. E poi tutto era proseguito liscio, senza grossi scossoni. “Del resto il senso della norma è contenuto nella relazione approvata da tutti noi al Copasir con l’obiettivo di proteggere le grandi aziende italiane da possibili scalate ostili”, dice la grillina Federica Dieni, che del Copasir è membro. “E queste operazioni le si fa a prescindere da chi sia il proprietario dell’azienda”. 

 

E insomma anche dalla impensabile fermezza mostrata dal M5s si capisce perché, dopo aver minacciato sfracelli, alla fine Salvini ha deciso di stemperare la pregiudiziale d'incostituzionalità depositata alla Camera contro il decreto "Covid", eliminando, come già aveva fatto Fratelli d'Italia, qualsiasi riferimento a Mediaset nel testo, che verrà votato dall'Aula di Montecitorio martedì. 

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