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Gli Stati generali dei grandi assenti non risolveranno i problemi del M5s

Valerio Valentini e Simone Canettieri

Grillo diserta nonostante gli inviti, Casaleggio e Raggi pure. Il congresso tanto atteso arriva come un happening noioso. Il nodo dei due mandati fa sorridere solo Dibba. Le incognite sulla scissione in Europa

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Come sempre saranno gli assenti, semmai, a far notizia. Più dei presenti. E se Giuseppe Conte alla fine dovrebbe mandare un video di saluti agli Stati generali del M5s, partito che lo ha indicato per ben due volte a Palazzo Chigi, il grosso rebus è Beppe Grillo. Il Garante, sempre più scettico sul destino della sua creatura e interessato solo all’esperienza di governo con il Pd, ha fatto sapere che questa storia non “lo appassiona”. Il primo vero congresso del Movimento, seppur con i limiti imposti dal Covid che costringerà tutti a collegarsi da remoto, rischia così di essere orfano del fondatore. In tanti in queste ore lo stanno chiamando: “Dai, Beppe, un saluto. Non facciamo scrivere ai giornalisti 'il gelo di Grillo'”. Ma lui temporeggia, continua a rispondere con un “vedremo, non ne ho voglia”.

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Come sempre saranno gli assenti, semmai, a far notizia. Più dei presenti. E se Giuseppe Conte alla fine dovrebbe mandare un video di saluti agli Stati generali del M5s, partito che lo ha indicato per ben due volte a Palazzo Chigi, il grosso rebus è Beppe Grillo. Il Garante, sempre più scettico sul destino della sua creatura e interessato solo all’esperienza di governo con il Pd, ha fatto sapere che questa storia non “lo appassiona”. Il primo vero congresso del Movimento, seppur con i limiti imposti dal Covid che costringerà tutti a collegarsi da remoto, rischia così di essere orfano del fondatore. In tanti in queste ore lo stanno chiamando: “Dai, Beppe, un saluto. Non facciamo scrivere ai giornalisti 'il gelo di Grillo'”. Ma lui temporeggia, continua a rispondere con un “vedremo, non ne ho voglia”.

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Chi sicuramente non parlerà è la sindaca di Roma Virginia Raggi. Tecnicamente a casa con il Covid-19 (da ieri ha ritrovato il gusto quando mangia, ma ha ancora una fastidiosa tosse). L’inquilina del Campidoglio non si fida del M5s: se potesse si schiererebbe con Alessandro Di Battista, l’unico che veramente la sostiene per la ricandidatura. Ma in questa fase, come sempre, preferisce rimanere defilata. Anche perché il 26 novembre potrebbe arrivare la sentenza del processo d’appello che la vede imputata per falso: una condanna sarebbe comunque un problema per le ambizioni di Raggi. E non prenderà la parola nemmeno Max Bugani, che della sindaca è capo-staff, ma che soprattutto di Rousseau (e quindi del mondo di Casaleggio) è stato socio e collaboratore fidato. Lui non parla, ma agli amici ripete: “Mi sembra tutta una farsa”. 

 

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Per altri motivi, forse, più legati all’emergenza coronavirus non farà parte dei 300 nemmeno Stefano Patuanelli, titolare del Mise. Per il resto, tutti convocati: da Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista, da Roberto Fico a Paola Taverna. Ieri è uscita la lista dei trenta più votati dalla base: coloro che interveranno agli Stati generali di sabato e domenica. Nessuna rivoluzione o presa del potere si profila all’orizzonte: si deciderà il board a sette per sostituire la figura del capo politico, ora affidata a Vito Crimi. Dal grande chiacchiericcio di sabato, al netto dei post su Facebook e dei titoli sulle agenzie, si uscirà così con una proposta di nuova governance interna. Quesito che finirà su Rousseau la prossima settimana.

 

Ma anche Davide Casaleggio, per ora, sembra dormire sonni tranquilli: non è all’ordine del giorno la messa in discussione della sua piattaforma, anche se intanto i gruppi parlamentari di Camera e Senato si sono portati avanti con il lavoro, facendo in modo, attraverso nuovi statuti, che la piattaforma non sia più l’oracolo da dove passano tutte le decisioni politiche. Per il resto, eccolo qui: Dibba da una parte e tutti gli altri big dall’altra, costretti a stare insieme per ragioni di stato (il governo) o più semplicemente convenienza. Il congresso del M5s segnerà anche il  ritorno sulla scena di Roberta Lombardi, che da membro del collegio dei garanti s’ è ritagliata una posizione centrale: tutta l’organizzazione dell’evento passa da lei.

 

E insomma il grande happening dell’autunno politico arriva senza grande clamore. Dovrebbe fare chiarezza, dentro un M5s sfibrato da un chiacchiericcio inconcludente che di fronte alle urgenze drammatiche della pandemia diventa ancor più surreale. E invece finirà per aumentare la confusione. Perché Dibba, sia pure marginalizzato nelle dinamiche correntizie, utilizzerà la blindatura del limite dei due mandati per presentarsi come leader naturale, se non unico, per la prossima stagione del grillismo. Perché il gruppo all’Europarlamento difficilmente ne uscirà integro, da un confronto che dovrà (dovrebbe) stabilire, una volta e per sempre, l’orientamento del M5s rispetto alle istituzioni comunitarie. E perché,  nella smobilitazione generale, in tanti saranno tentati di garantirsi un futuro in proprio. Ieri,  il viceministro Giancarlo Cancelleri ha candidamente annunciato che sì, intende ricandidarsi alla guida della regione Sicilia. Sarebbe il terzo mandato. E tanto è bastato per innescare una cagnara impensabile, tra i parlamentari arrivati all’ultimo giro di giostra. Se lo fa lui, perché noi no? Ma allora, s’è poi chiesto qualcuno che li facciamo a fare, questi Stati generali?

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