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Separare gli anziani dai giovani fa accapponare la pelle, ma è ragionevole

Giuliano Ferrara

La dissociazione delle sorti di giovani e vecchi di fronte all’epidemia è concettualmente ributtante. Ma ragionando un po’ più a fondo, misure di separazione per fasce d’età possono sembrare ragionevoli. Sono anche fattibili? L’ora di discuterne

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Mi sembra ragionevole la proposta di separazione per fasce d’età fatta da Carlo Favero, Andrea Ichino e Aldo Rustichini. Partono dal fatto che la mortalità da pandemia non riguarda che marginalmente chi ha meno di trent’anni (19 morti su 36 mila circa) e sensibilmente differisce in meglio per chi ha meno di 50 anni (409 morti). Un fatto è un fatto, gli si può replicare respingendone la lezione, per ragioni di etica costituzionale o per la discutibile realizzabilità di misure che quel fatto pare suggerire, ma non si può rimuovere la sua ingombrante solidità. La faccenda va esaminata, non sarà l’uovo di Colombo eppure ha la vigoria di una evidenza difficilmente confutabile.

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Mi sembra ragionevole la proposta di separazione per fasce d’età fatta da Carlo Favero, Andrea Ichino e Aldo Rustichini. Partono dal fatto che la mortalità da pandemia non riguarda che marginalmente chi ha meno di trent’anni (19 morti su 36 mila circa) e sensibilmente differisce in meglio per chi ha meno di 50 anni (409 morti). Un fatto è un fatto, gli si può replicare respingendone la lezione, per ragioni di etica costituzionale o per la discutibile realizzabilità di misure che quel fatto pare suggerire, ma non si può rimuovere la sua ingombrante solidità. La faccenda va esaminata, non sarà l’uovo di Colombo eppure ha la vigoria di una evidenza difficilmente confutabile.

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Per tempo parlammo qui della grande scrematura dei vecchi come effetto possibile della pandemia allora in diffusione rapida nella prima ondata, discutendone cinicamente con un economista come Francesco Giavazzi. E mille volte si è espresso il compiacimento etico per la scelta di non avallare la scrematura, di mettere a repentaglio la vita ordinaria di società e economia invece che rassegnarsi al quieto convivere con il virus. Se penso che ci sarà un bus riservato a me e a altri ultrasessantenni, mi vengono i brividi. Lo stesso se penso al docente giovane o adulto che insegna in presenza e a quello più avanti negli anni consegnato alla didattica a distanza. Fa accapponare la pelle anche l’idea della separazione dei giovani dai nuclei familiari in cui abitano i vecchi, con la disponibilità per la vita quotidiana di safe space, di spazi protetti, negli alberghi e in altri luoghi di accoglienza. Chi ha un’età compatibile con le medie di letalità si incontra nei cinema, nei luoghi di intrattenimento e sportivi, conduce una vita lavorativa ordinaria, e la vita va avanti, l’economia soffre meno, si attenua la logica di blocco eccetera. La dissociazione delle sorti di giovani e vecchi di fronte all’epidemia è concettualmente ributtante. Ma ragionando un po’ più a fondo, misure di separazione per fasce d’età possono sembrare ragionevoli, semplicemente ragionevoli.

 

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E’ anche una proposta fattibile? In teoria sì, in pratica va studiata bene. E quali conseguenze comporterebbe, che so, la distinzione oraria di accesso ai supermercati? Il senso di giustizia e di solidarietà umana è evidentemente contrario a questo modo di vedere le cose, ne è l’opposto. Bisogna però riconoscere che gli standard di libertà e di giustizia e di eguaglianza hanno dovuto essere considerati e governati con flessibilità in una situazione di emergenza sanitaria. E questo in molti campi.

 

D’altra parte, se si potesse idealmente realizzare la separazione senza misure obbliganti, per razionale impulso della volontà degli individui, con suggerimenti e raccomandazioni e pratiche non costrittive, tutti dovrebbero riconoscere che simili comportamenti sarebbero un modo di aiutare sia gli individui sia la società a affrontare in modo meno convulso, con traumi meno gravi, la pandemia. Sarebbe come mettere una supermascherina al proprio certificato anagrafico. Un vantaggio collettivo. I ragazzi, e questa è un’osservazione banale alla portata di tutti, si comportano bene in generale ma non hanno la stessa allarmante visione delle cose dei vecchi. Fanno fronte, capiscono che c’è un problema, ma appunto considerano un problema la diffusione di quella che per loro è una pericolosa forma influenzale, e lo fanno anche con un elemento di distacco che manca a chi è possibile candidato al dolore di cura e di malattia maligna dagli esiti molto più esposti alla letalità come per i vecchi. Alla proposta di separazione devono avere indubbiamente pensato anche autorità sanitarie e politici competenti, spero. Sarebbe il momento di discuterla e di fornire dati utili a capirne il tasso di realismo e di realizzabilità.

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