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Così attorno a Conte cresce il partito del lockdown

Valerio Valentini

Il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute parla della "necessità di adeguati interventi". Non si resterà solo a guardare la curva crescere, benché a Palazzo Chigi s’erano ripromessi di attendere senza troppi patemi che questa prima stretta producesse i suoi effetti, prima di prendere ulteriori decisioni

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Lo dice con la voce anodina, serafica, che quasi ignora il rimbombo dell’eco che ne seguirà. E però quando parla Giovanni Rezza, il corso degli eventi per un attimo sembra fermarsi, dentro i palazzi romani: “Tutto ciò indica naturalmente la necessità di implementati e adeguati interventi”, spiega il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute. E nel farlo pare quasi pronunciare un’ovvietà: perché di fronte a quasi 22 mila nuovi casi – 21.994, per l’esattezza, su oltre 174 mila tamponi, con un tasso di positività del 12,6 per cento e con 221 nuove vittime da Covid-19 –, una curva dei contagi che non accenna a calare e anzi accelera ogni giorno di più a dispetto delle prime parziali misure restrittive, pare innegabile che si dovrà intervenire ancor più severamente. Sennonché il dilemma sta proprio lì: nello stabilire come, e con che tempi farlo.

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Lo dice con la voce anodina, serafica, che quasi ignora il rimbombo dell’eco che ne seguirà. E però quando parla Giovanni Rezza, il corso degli eventi per un attimo sembra fermarsi, dentro i palazzi romani: “Tutto ciò indica naturalmente la necessità di implementati e adeguati interventi”, spiega il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute. E nel farlo pare quasi pronunciare un’ovvietà: perché di fronte a quasi 22 mila nuovi casi – 21.994, per l’esattezza, su oltre 174 mila tamponi, con un tasso di positività del 12,6 per cento e con 221 nuove vittime da Covid-19 –, una curva dei contagi che non accenna a calare e anzi accelera ogni giorno di più a dispetto delle prime parziali misure restrittive, pare innegabile che si dovrà intervenire ancor più severamente. Sennonché il dilemma sta proprio lì: nello stabilire come, e con che tempi farlo.

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“Aspettiamo dieci giorni per vedere se la curva flette”, ci suggerisce Carlo Palermo, presidente di Anaao Assomed, il sindacato dei medici. “Se così non sarà – prosegue – bisognerà pensare inevitabilmente a un secondo lockdown completo, magari breve, di trenta o quaranta giorni,   per un reset del contagio. Nel frattempo si dovrà preparare il territorio in termini di capacità di fare tamponi, tracciamento, assistenza domiciliare,  posti in alberghi sanitari, piena funzionalità degli ambulatori. Senza dimenticarsi del completamento dei letti di terapia intensiva e sub intensiva con relative assunzioni. I letti sono inutili senza una assistenza qualificata”. Ma la previsione che Palermo ci consegna, per quanto fosca, rischia perfino di risultare ottimistica. Specie se ci si affida alle voci trapelate da uno dei recenti vertici dei capi delegazione a Palazzo Chigi, quando Roberto Speranza aveva fissato a 30 mila positivi al giorno la soglia di non ritorno: quella oltre la quale, cioè, domare il contagio diventa proibitivo. E allora anche la constatazione empirica che il prof. Rezza lascia cadere come un’annotazione marginale nel suo discorso, durante la conferenza stampa pomeridiana al ministero della Salute, risuona come un segnale di preallarme: “Abbiamo circa mille nuovi casi al giorno”. Vuol dire che manca una settimana, al momento delle decisioni irrevocabili? 

  
Di certo c’è che non si resterà solo a guardare la curva crescere, benché a Palazzo Chigi s’erano ripromessi di attendere senza troppi patemi che questa prima stretta producesse i suoi effetti, prima di prendere ulteriori decisioni. Ma la catena del comando è ormai una trafila di scelte dettate dall’urgenza d’inseguire gli eventi. E allora Dario Franceschini, col solito Speranza, torna a ribadire la linea della fermezza: “Perché se continuiamo a pensare alle misure ragionevoli per l’oggi – si sfoga coi suoi parlamentari di fiducia il ministro della Cultura – il domani ci travolge”. Anche Nicola Zingaretti, ormai, uno scenario che s’avvicina al lockdown lo prospetta come inevitabile, di qui a qualche giorno. Magari passando, per ora, per il varo di zone rosse territoriali, che isolino le grandi città o magari intere regioni. “E’ un’opzione da prendere in considerazione, direi quasi un automatismo se la situazione sfugge di mano in certi luoghi del paese”, concordano Rezza insieme a Silvio Brusaferro, il presidente dell’Istituto superiore di sanità. E sembrano quasi voler suggerire un provvedimento (partendo magari da Napoli e Milano, e magari arrivare poi alle regioni di cui sono capoluogo), piuttosto che limitarsi a fornire un parere tecnico. Come d’altronde fa, da tempo, Walter Ricciardi, che interpreta non senza l’avallo di Speranza il ruolo della Cassandra, quello che insomma viene mandato avanti dal titolare della Salute per dire quel che il ministro non può, o non vuole, ancora dire. E insomma quando, lunedì, lo hanno sentito tuonare sulla necessità del lockdown, in tanti nel Pd si sono detti: “Ecco che ci risiamo”.

   
Anche Matteo Renzi, che pure dissimula baldanza, in verità sa che dal dpcm di domenica non si tornerà indietro. “Non credo proprio che Conte lo correggerà, per quanto sia privo di basi scientifiche”, dice il leader di Italia viva ai suoi confidenti. “Ma almeno, mantenendolo così com’è, se ne assumerà la responsabilità politica ed economica”. E così, mentre i capigruppo di maggioranza vengono ricevuti da Conte e dal ministro Federico D’Incà a Palazzo Chigi, il presidente dei senatori del Pd getta uno sguardo oltre l’orizzonte delle polemiche di giornata sorte intorno alla sua proposta: “Se sto chiedendo d’istituire un comitato di salute pubblica a livello parlamentare – ci dice – è anche perché solo coinvolgendo anche le opposizioni responsabili nel processo decisionale si può spoliticizzare un tema così delicato com’è quello della gestione della pandemia, e prendere le eventuali scelte che gli eventi dovessero imporre al riparo dai tatticismi di parte”.

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