PUBBLICITÁ

purghe rousseauiane

Così il M5s si appresta a cacciare i parlamentari che hanno fatto campagna per il No

Otto parlamentari hanno ricevuto una lettera di diffida dai probiviri grillini

Valerio Valentini

"Attività contraria al programma elettorale": questa è l'accusa rivolta a sei deputati e due senatori. Che ora rischiano l'espulsione. Ma tra loro c'è chi dice: "Sospendiamoci da soli". L'incognita dei numeri a Palazzo Madama

PUBBLICITÁ

Che la loro infedeltà alla linea non fosse granché tollerata, lo si era capito. Che però si passasse alle carte bollate, questo non era scontato. E invece gli otto parlamentari del M5s che hanno fatto campagna per il No al referendum costituzionale, e dunque contro la supposta madre di tutte le battaglie del riformismo grillista, si sono visti recapitare una lettera di diffida da parte del famigerato collegio dei probiviri. Lo scrutinio si era concluso da meno di ventiquattr'ore, i postumi dei festeggiamenti non erano ancora stati smaltiti, e la mannaia già cadeva sulla testa dei malcapitati: sei deputati e due senatori che, sulle loro chat, si scambiavano pochi rapidi messaggi per trovare nelle risposte altrui conferma al proprio sgomento. "Sì, siamo stati tutti segnalati". Altro che libertà di coscienza, altro che pluralità di visioni: imputare a un parlamentare di aver svolto propaganda contro le indicazioni del partito è una roba che ricorda più Stalin che Rousseau

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Che la loro infedeltà alla linea non fosse granché tollerata, lo si era capito. Che però si passasse alle carte bollate, questo non era scontato. E invece gli otto parlamentari del M5s che hanno fatto campagna per il No al referendum costituzionale, e dunque contro la supposta madre di tutte le battaglie del riformismo grillista, si sono visti recapitare una lettera di diffida da parte del famigerato collegio dei probiviri. Lo scrutinio si era concluso da meno di ventiquattr'ore, i postumi dei festeggiamenti non erano ancora stati smaltiti, e la mannaia già cadeva sulla testa dei malcapitati: sei deputati e due senatori che, sulle loro chat, si scambiavano pochi rapidi messaggi per trovare nelle risposte altrui conferma al proprio sgomento. "Sì, siamo stati tutti segnalati". Altro che libertà di coscienza, altro che pluralità di visioni: imputare a un parlamentare di aver svolto propaganda contro le indicazioni del partito è una roba che ricorda più Stalin che Rousseau

PUBBLICITÁ

 

Ed eccoli, allora: gli onorevoli Andrea Vallascas, Mara Lapia, Elisa Siragusa, Paolo Giuliodori, Andrea Colletti, Rina De Lorenzo. E insieme a loro i senatori Matteo Mantero e Marinella Pacifico. Tutti alla sbarra per avere fatto campagna, sui social e sui territori, contro il taglio dei parlamentari. Un po' per convinzione personale e scrupoli costituzionali, un po' forse anche per umanissima preoccupazione rispetto al proprio destino. Chissà. Sta di fatto che gli otto sventurati ora dovranno rispondere della loro dissidenza al collegio dei probiviri, quella specie di supremo organo di supervisione ai garbugli regolamentari del M5s di cui fa parte la ministra Fabiana Dadone, titolare della Pubblica amministrazione, la consigliera comunale di Villorba, nel Trevigiano, Raffaella Andreola, e l'ex consigliere regionale veneto Jacopo Berti, puntiglioso custode dell'ortodossia grillina. Era stato lui, del resto, ad anticipare al Foglio le intenzioni bellicose dei probiviri: "Sui parlamentari che stanno facendo campagna per il No al referendum si aprirà una seria riflessione, perché non possono dimenticarsi che sono lì come portavoce a rappresentare il volere degli attivisti nelle istituzioni", ci aveva detto il 15 settembre. 

 

PUBBLICITÁ

Ed ecco, puntuale, la lettera di diffida. "Attività contraria al programma elettorale del M5s": questo sarebbe il capo d'accusa. Rispetto al quale gli otto imputati avranno dieci giorni per allestire una difesa, cioè per inviare le loro controdeduzioni. Sempre che, come qualcuno dei parlamentari additati al linciaggio degli attivisti va proponendo da qualche ora, non sia il caso di anticipare la probabile espulsione con un gesto di ammutinamento volontario. Prima di farsi cacciare, meglio autosospendersi. E sicomme al Senato i numeri della maggioranza sono alquanto risicati, la minacci potrebbe non lasciare del tutto indifferenti i ministri del M5s. 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ