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No, non è un referendum sul grillismo

Claudio Cerasa

Wow! Il M5s scopre finalmente il voto inutile: quello ai propri candidati. Regionali e poi referendum. La campagna elettorale mostra una verità spassosa, che regala ottimismo: lo show del grillismo che per non fare danni prova a cancellare se stesso

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Una certa scuola di pensiero, un po’ scombiccherata, sta provando a trasformare da settimane il referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari in una grande prova di forza contro l’ideologia grillina. Su Repubblica di ieri, il principe dei notisti politici, Stefano Folli, ha fatto propria questa tesi e ha offerto ai lettori un colonnino intero dedicato a tale tema. Il colonnino era così intitolato: “Il referendum è un voto sul M5s”. La tesi di Folli non è del tutto sbagliata ed è vero che alcuni elettori, pur considerando saggio tagliare il numero dei parlamentari, andranno alle urne, domenica e lunedì, con lo stesso spirito con cui nel 2016 si volle dare una lezione a Matteo Renzi. Folli sa bene che evidentemente il Sì al taglio del numero dei parlamentari non è affatto un tema grillino – e d’altronde sarebbe un dramma se un eventuale Sì al taglio del numero dei parlamentari fosse un successo capace di misurare il consenso reale del grillismo nel paese. Ma ciò che risulta invece interessante, a proposito del rapporto che esiste tra referendum e grillismo, è un dato che va in una direzione opposta a quella suggerita da Folli. Ed è il tentativo da parte del M5s di avvicinarsi all’appuntamento elettorale delle prossime ore compiendo un gesto tanto disperato quanto comprensibile: provare a cancellare il grillismo.

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Una certa scuola di pensiero, un po’ scombiccherata, sta provando a trasformare da settimane il referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari in una grande prova di forza contro l’ideologia grillina. Su Repubblica di ieri, il principe dei notisti politici, Stefano Folli, ha fatto propria questa tesi e ha offerto ai lettori un colonnino intero dedicato a tale tema. Il colonnino era così intitolato: “Il referendum è un voto sul M5s”. La tesi di Folli non è del tutto sbagliata ed è vero che alcuni elettori, pur considerando saggio tagliare il numero dei parlamentari, andranno alle urne, domenica e lunedì, con lo stesso spirito con cui nel 2016 si volle dare una lezione a Matteo Renzi. Folli sa bene che evidentemente il Sì al taglio del numero dei parlamentari non è affatto un tema grillino – e d’altronde sarebbe un dramma se un eventuale Sì al taglio del numero dei parlamentari fosse un successo capace di misurare il consenso reale del grillismo nel paese. Ma ciò che risulta invece interessante, a proposito del rapporto che esiste tra referendum e grillismo, è un dato che va in una direzione opposta a quella suggerita da Folli. Ed è il tentativo da parte del M5s di avvicinarsi all’appuntamento elettorale delle prossime ore compiendo un gesto tanto disperato quanto comprensibile: provare a cancellare il grillismo.

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Per cancellare il grillismo, rispetto alla partita referendaria, il gruppo dirigente del M5s, se così si può definire, ha scelto da un lato di farsi vedere il meno possibile, decisione saggia, e dall’altro di motivare il Sì provando ad affiancare all’oscena immagine delle forbicione che tagliano il Parlamento alcuni temi differenti. Temi come “l’efficienza del Parlamento” – e ogni volta che i grillini introducono questo tema premettono che “no, la nostra non è una riforma populista”, avendo intuito quanto oggi possa essere pericoloso e infetto essere associati al mondo del populismo. E temi come – Di Maio lo ha detto davvero – “la necessità di adeguare il nostro Parlamento agli standard europei”. Lo spettacolo dei grillini che cercano disperatamente di cancellare dalla scena della politica ogni traccia di grillismo diventa persino più commovente se lo sguardo si sposta sul terreno più ostico delle elezioni regionali. Dove gli esponenti del M5s hanno capito a tal punto che il proprio futuro dipende dalla capacità di sparire dalla circolazione da aver ridotto il più possibile la campagna elettorale per i propri candidati governatori. In Puglia, tre parlamentari del M5s hanno scelto di appoggiare il candidato del Pd (Michele Emiliano) al posto di quello del M5s (Antonella Laricchia).

 

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In Toscana, Marco Travaglio, da anni il megafono dei pensieri grillini, ha consigliato di non votare come governatore il candidato del M5s suggerendo di votare, anche nelle altre regioni, per il candidato del Pd: “Turatevi il naso e votate disgiunto”. E anche qui il filo logico è chiaro e persino comprensibile: la stabilità della maggioranza è legata anche alle performance del centrodestra alle elezioni e dato che l’unica alternativa al centrodestra è il centrosinistra i grillini si stanno facendo in quattro per togliersi di mezzo. Il ragionamento vale per il referendum costituzionale (amici, siamo europeisti!), vale per le regionali (amici, non vogliamo darvi fastidio!) e ci auguriamo valga anche per il dopo elezioni. Quando per Giuseppe Conte dovrebbe essere evidente che il successo di questa maggioranza sarà legato in buona parte anche alla capacità con cui il governo si ricorderà di un fatto importante: per essere compatibili con la realtà è necessario archiviare ogni giorno un pezzo dell’ideologia grillina. E’ stato così con il Tap, è stato così sui vaccini, è stato così sull’euro, è stato così con i gilet gialli, è stato così con la fine del divieto delle alleanze (e molto altro ancora). E ci sono buone ragioni per sperare che andrà così anche sul Mes (attivare la linea di credito dedicata alle spese sanitarie, please), anche sul Recovery fund (costruire i progetti seguendo alla lettera le condizionalità dell’Europa, please) e su tutte quelle piccole e grandi riforme (regolamenti parlamentari, sfiducia costruttiva) che potranno aiutare il Parlamento a ricordarsi che per essere più efficienti tagliare il numero dei parlamentari è necessario, sì, ma non sufficiente. E il fatto che i grillini abbiano capito che per proteggere l’Italia devono contribuire a far sparire il grillismo è certamente un passo in avanti. Buon voto!

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