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Lo sfregio dei parlamentari grillini a Casaleggio: "Firma questo contratto di servizio per Rousseau"

Valerio Valentini

Le manovre della Taverna, la mediazione impossibile di Crimi e la ministra Dadone finita sulla graticola. La reazione scomposta di Davide, che minaccia di spegnere Rousseau. E gli eletti gli propongono un compromesso

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Roma. Ha inviato una mail da un account del “movimento5stelle.it”, firmandosi con nome e cognome: Davide Casaleggio. Ha modificato senza preavviso i parametri per le restituzioni dei parlamentari (non più versamenti trimestrali, ma ogni trenta giorni), così che perfino i membri del governo, da Di Maio a Bonafede, risultano ora morosi. Il tutto con una brutalità di modi che tradisce l’ansia che il figlio padrone di Rousseau deve provare, se non si cura neppure di dissimulare quel che a lungo ha negato, e cioè che nel rapporto perverso tra il M5s e la Casaleggio associati ci fosse un intrico di interferenze (per dire: il sito Tirendiconto.it, su cui sono stati messi alla gogna gli eletti in ritardo coi pagamenti, risulta registrato da “Associazione Rousseau, via Morone, 6, Milano”, stessa sede della Casaleggio associati), ai limiti del sopportabile.

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Roma. Ha inviato una mail da un account del “movimento5stelle.it”, firmandosi con nome e cognome: Davide Casaleggio. Ha modificato senza preavviso i parametri per le restituzioni dei parlamentari (non più versamenti trimestrali, ma ogni trenta giorni), così che perfino i membri del governo, da Di Maio a Bonafede, risultano ora morosi. Il tutto con una brutalità di modi che tradisce l’ansia che il figlio padrone di Rousseau deve provare, se non si cura neppure di dissimulare quel che a lungo ha negato, e cioè che nel rapporto perverso tra il M5s e la Casaleggio associati ci fosse un intrico di interferenze (per dire: il sito Tirendiconto.it, su cui sono stati messi alla gogna gli eletti in ritardo coi pagamenti, risulta registrato da “Associazione Rousseau, via Morone, 6, Milano”, stessa sede della Casaleggio associati), ai limiti del sopportabile.

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Ma il problema è proprio questo: che quel giogo i parlamentari del M5s non lo sopportano più (e non basterà la moral suasion di Beppe Grillo, che ieri ha esortato i senatori del M5s a fidarsi di Casaleggio, a farli ricredere). Infatti Vito Crimi glielo ha spiegato nell’ultimo recente incontro romano, a Davide, che così le cose precipitano: e gli ha anche illustrato quella bozza di contratto di servizio che un gruppo di senatori ha già redatto, e che per il manager milanese è un oltraggio, un reato di lesa maestà. “Eppure se fossi in lui, lo accetterei subito”, ribattono i congiurati di Palazzo Madama, che da mesi  s’industriano sotto la guida di Paola Taverna, la più risoluta nella ribellione, la più delusa da quella riorganizzazione del M5s che conferì a Enrica Sabatini, pupilla di Davide, un ruolo evidente troppo centrale per una semplice ex consigliera comunale. Era  dicembre  2019: e guarda caso, dal gennaio 2020, la vicepresidente del Senato, risulta aver smesso di restituire. 

Ma non ci sono solo questioni personali, ad alimentare il malcontento delle truppe parlamentari. C’è un’invadenza oggettiva della struttura di Rousseau, dei fedelissimi e dei dipendenti di Casaleggio, dalla Sabatini a Pietro Dettori. E c’è poi quella pignoleria con cui Davide lunedì ha auspicato, nella sua mail, che “chi ha la responsabilità di far rispettare le regole la eserciti con giustizia ed equità”. Una randellata negli equilibri precari che vigono nel collegio dei probiviri dove Fabiana Dadone, che oltre a essere arbitro delle dispute interne è anche, e soprattutto, ministro del governo, finisce spesso per essere messa lei stessa sotto accusa per l’eccessiva diplomazia utilizzata nel gestire le controversie. Ché se davvero passasse la linea dura di Jacopo Berti, altro proboviro e pasdaran veneto, la maggioranza salterebbe in aria. “Sono una trentina i parlamentari morosi che potrebbero finire sotto procedimento”, ci dice Berti, che oltre a quelli in ritardo coi pagamenti se la prende anche con quelli che fanno campagna per il No al referendum. Per questo lui, dopo la mail di Casaleggio, già si frega le mani: “Ora – ammette Berti – mi sento piacevolmente legittimato a esigere con fermezza il pieno rispetto delle regole”. 

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Una dichiarazione di forza, quella di Casaleggio, che però rivela un’ammissione d’impotenza: perché minacciando la riduzione dei servizi offerti da Rousseau, il manager di fatto fornisce ai parlamentari l’occasione per poter dimostrare che della piattaforma, di questa piattaforma, si può anche fare a meno. Non a caso i senatori del M5s vogliono arrivare a un compromesso accettabile per tutti: attendere la creazione di un “direttorio” dopo gli Stati generali per poi stilare un contratto di servizio, in cui siano i vertici del M5s a definire chiaramente compensi e competenze di Rousseau. Uno sfregio, certo, per chi rivendica diritti di eredità sulla paternità della piattaforma. Ma a volta anche gli sfregi servono a salvare la faccia.

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