PUBBLICITÁ

L'editoriale

Cari radicali, l’antipolitica è stata anche roba vostra

Giuliano Ferrara

Grillo è arrivato buon ultimo: tra Giannini qualunquista e lui c’era stato Pannella, fustigatore del sistema della politica. Messaggio alle pattuglie del No referendario scatenate contro la riforma costituzionale

PUBBLICITÁ

Ora sembra che l’antipolitica l’abbiano inventata i grillini, e le pattuglie del “no” referendario, compresa la piccola scalpitante guarnigione radicale capitanata dalla signora Bonino e dai suoi seguaci già capezzoniani, si scatenano contro i miei novissimi alleati strategici Di Maio, Buonafede e Toninelli. Col cavolo, miei cari Cesaretti amatissima, miei cari Roccuzzo supergrafico stylish, miei cari Loquenzi eloquente e sonnolento Della Vedova, l’antipolitica è passata dalle vostre parti e un po’ da tutte le parti, tranne le mie che voto sonoramente il mio banale “sì” alla riduzione del numero dei parlamentari. Ve lo ricordate il referendum pannelliano, del caro buon Pannella sempre rimpianto, contro il finanziamento pubblico dei partiti? Ve le ricordate le veementi tribune contro l’ammucchiata, cioè il sistema dei partiti bollato di consociativismo e condannato in blocco come cupola partitocratica? Grillo arrivò buon ultimo, tra Giannini qualunquista e lui c’era stato Marco il fustigatore del sistema della politica, quello che si tirava fuori e spingeva per il crollo, con tutti i suoi allievi, cattivi allievi di lui buon maestro. La vena antipolitica è una tipica risorsa italiana che ha principiato con i diplomatici e mercanti fiorentini della buona società guicciardiniana, quelli che avevano capito meglio di Machiavelli di che stoffa era l’Italia del Cinquecento, e praticavano il particulare di una rassegnazione politica snob all’antipolitica. 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Ora sembra che l’antipolitica l’abbiano inventata i grillini, e le pattuglie del “no” referendario, compresa la piccola scalpitante guarnigione radicale capitanata dalla signora Bonino e dai suoi seguaci già capezzoniani, si scatenano contro i miei novissimi alleati strategici Di Maio, Buonafede e Toninelli. Col cavolo, miei cari Cesaretti amatissima, miei cari Roccuzzo supergrafico stylish, miei cari Loquenzi eloquente e sonnolento Della Vedova, l’antipolitica è passata dalle vostre parti e un po’ da tutte le parti, tranne le mie che voto sonoramente il mio banale “sì” alla riduzione del numero dei parlamentari. Ve lo ricordate il referendum pannelliano, del caro buon Pannella sempre rimpianto, contro il finanziamento pubblico dei partiti? Ve le ricordate le veementi tribune contro l’ammucchiata, cioè il sistema dei partiti bollato di consociativismo e condannato in blocco come cupola partitocratica? Grillo arrivò buon ultimo, tra Giannini qualunquista e lui c’era stato Marco il fustigatore del sistema della politica, quello che si tirava fuori e spingeva per il crollo, con tutti i suoi allievi, cattivi allievi di lui buon maestro. La vena antipolitica è una tipica risorsa italiana che ha principiato con i diplomatici e mercanti fiorentini della buona società guicciardiniana, quelli che avevano capito meglio di Machiavelli di che stoffa era l’Italia del Cinquecento, e praticavano il particulare di una rassegnazione politica snob all’antipolitica. 

PUBBLICITÁ

Uno dice: votiamo nel merito del quesito, quell’idea di un parlamento meno pletorico e dunque più autorevole non facciamocela scippare da una vecchia campagna sui costi delle istituzioni, già tramontata giustamente, e andiamo al sodo. Uno dice: andiamo al sodo della politica, non vogliamo che il Bisconte sia sostituito dal Salvini1, Dio ne guardi, o da altre accozzaglie supertecniche, Dio ce ne scampi e liberi. Uno dice: andiamo al sodo, i grillini di governo appena un anno dopo le orge picconatrici di Palazzo Berlaymont sono diventati europeisti al sonante richiamo della svolta che mutualizza in parte il debito e stanzia per l’Italia oltre duecento miliardi, l’esecutivo con il Pd ha fatto il suo dovere politico e amministrativo, strategico e sanitario, ci ha tolto dalle palle gli effetti maggiori della pandemia, per quanto possibile, e ci ha liberato dall’epidemia populista, rafforziamolo. E niente. Come ci furono i girotondi vocianti contro Rutelli e a sostegno di Pancho Pardi, come c’è stata e c’è la congrega di Libertà e Giustizia, come c’è stato Tonino Di Pietro e il suo partitello contadino di fiancheggiamento protopopulista e giustizialista dei Prodi e dei D’Alema, come ci sono stati i professori del ceto medio riflessivo, tutti progenitori antipolitici del “no” che grottescamente si richiama alla integrità della Costituzione e alla difesa della democrazia rappresentativa, tutti i niettisti sono uniti nella loro battaglietta nichilista. 

Vogliono fare al Bisconte quello che Cederna e altri fecero a Leone, vogliono processare in piazza l’ultimo ancoraggio della politica antipopulista che abbia una sua tenuta e una sua prospettiva di legislatura, vogliono scassare la scatola di tonno in nome di vaghi arzigogoli e di fallacie logiche, sotto il pretesto della difesa della Repubblica dall’antipolitica che i loro guru e progenitori hanno inventato e che il sistema dell’informazione malato e stupido alimenta con il contributo al solito corrivo dei repubblichini del caro Molinari, al quale si perdona ampiamente un Bibi ma non la deteriore sudditanza al trumpismo. Spero che se la prendano in saccoccia. Vince il “Sì”, se vince, e mentre gli alleati strategici per una sera festeggiano le forbici, per disonore di firma, noi riformatori della Costituzione festeggeremo il primo passo da molti anni, rifaremo la legge elettorale e i regolamenti parlamentari e condurremo le Camere fino alla fine sotto la dittatura politico-sanitaria di un modesto ma efficace governo. Tiè!

 

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ