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l'intervista

Dario Stefano (Pd) ci dice che all'Italia serve il Mes (ora!) e un governo più forte

Dal Fondo salva stati al Recovery plan. "Il M5s deve allontanarsi dal sovranismo di Meloni e Salvini". Chiacchierata col senatore dem

Valerio Valentini

Intervista al presidente della commissione Affari Ue del Senato. "Il Parlamento sia centrale sul Recovery plan. Dopo le regionali, porremo con urgenza il tema del Fondo salva stati. Deciderà Conte come migliorare la squadra dell'esecutivo"

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Roma. Ha indossato i panni del censore, del pignolo custode della centralità del Parlamento, col rischio di apparire un po’ come il Gianfranco Fini parodiato da Stanis La Rochelle in Boris. “L’ho fatto per scongiurare un rischio, e ancor più per prevenire quello che sarebbe un errore”, dice Dario Stefano, senatore del Pd, presidente della commissione Affari europei, che nei giorni scorsi ha messo in guardia il governo dal marginalizzare le Camere. “Il presidente Conte – spiega Stefano – è stato chiaro sull’importanza del coinvolgimento del Parlamento nella stesura del Recovery plan.  Pertanto, non sarebbe coinvolgimento autentico se si esprimesse, come qualcuno immaginava, attraverso un allegato alla nota di aggiornamento del Def.  E’ nelle commissioni e nelle Aule di Camera e Senato che trovano espressione le diverse sensibilità dei territori, anche nella voce delle opposizioni. Che vanno coinvolte anche su questo tema, oltre a quello delle riforme costituzionali già additato dal ministro Franceschini. D’altronde, il tempo stringe, perché il Parlamento potrebbe essere chiamato a esprimersi su una risoluzione a inizio ottobre. E chiedo, pertanto, di avere il tempo necessario per leggere il piano Next Generation Italia per intero. Finora il nostro giudizio si basa solo sulle anticipazioni lette sui giornali”.

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Roma. Ha indossato i panni del censore, del pignolo custode della centralità del Parlamento, col rischio di apparire un po’ come il Gianfranco Fini parodiato da Stanis La Rochelle in Boris. “L’ho fatto per scongiurare un rischio, e ancor più per prevenire quello che sarebbe un errore”, dice Dario Stefano, senatore del Pd, presidente della commissione Affari europei, che nei giorni scorsi ha messo in guardia il governo dal marginalizzare le Camere. “Il presidente Conte – spiega Stefano – è stato chiaro sull’importanza del coinvolgimento del Parlamento nella stesura del Recovery plan.  Pertanto, non sarebbe coinvolgimento autentico se si esprimesse, come qualcuno immaginava, attraverso un allegato alla nota di aggiornamento del Def.  E’ nelle commissioni e nelle Aule di Camera e Senato che trovano espressione le diverse sensibilità dei territori, anche nella voce delle opposizioni. Che vanno coinvolte anche su questo tema, oltre a quello delle riforme costituzionali già additato dal ministro Franceschini. D’altronde, il tempo stringe, perché il Parlamento potrebbe essere chiamato a esprimersi su una risoluzione a inizio ottobre. E chiedo, pertanto, di avere il tempo necessario per leggere il piano Next Generation Italia per intero. Finora il nostro giudizio si basa solo sulle anticipazioni lette sui giornali”.

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A proposito di tempo che stringe: ha senso continuare ad attendere Godot, per l’attivazione del Mes, posto che il vantaggio di questo prestito sta proprio nella sua immediata disponibilità? “Io credo di no. D’altra parte, tutti i dubbi emersi rispetto al Fondo salva stati sono stati abbondantemente dissipati. Il commissario Gentiloni è stato chiarissimo: il Mes sanitario è senza condizioni. E’ lampante a questo punto che ci troviamo di fronte a una preclusione ideologica di una parte del M5s. Credo che dopo le regionali di settembre, il Pd debba porre con fermezza il tema direttamente con Palazzo Chigi, non ci possiamo più accontentare dei ‘vedremo’, ‘analizzeremo’”. 

E però Laura Castelli, viceministra grillina dell’Economia, pur lodando Mario Draghi dice al contrario che “i meccanismi di stabilità” come il Mes sono uno strumento superato”. “Apprezzo molto l’impegno della Castelli, ma credo che l’affermazione faccia un po’ parte di quell'armamentario ideologico che purtroppo ancora resiste nell’alleato di governo. Lo ripeto: rifiutare il Mes oggi vuol dire rifiutare di guardare con obiettività alla realtà. Il M5s deve occuparsi delle esigenze reali del Paese, resistendo alla tentazione di omologarsi alla deriva sovranista meloniana”. Sarà più d’accordo con Stefano Bonaccini, allora, che ribadisce l’urgenza del Mes per le regioni. Nella sua Puglia, senatore, il candidato del suo Pd Michele Emiliano sembra  più tiepido, sul Fondo salva stati.  “Ovviamente sono d’accordo con Bonaccini: gli ospedali hanno un’incredibile opportunità che non va sprecata.  Da meridionale, aggiungo: soprattutto al sud, Puglia compresa. Ma non credo ci sia un amministratore, di qualsiasi colore politico, che non vorrebbe avere a disposizione subito risorse per l’ammodernamento della propria sanità. Quanto al supposto silenzio di Emiliano, penso che possa essere distratto dalla lunga campagna elettorale”.

Molto del destino del governo dipenderà dall’esito delle regionali. Questa maggioranza e questo governo sono all’altezza della sfida del Recovery, o crede sia auspicabile un rimpasto? “Il toto-rimpasto mi appassiona poco. Credo pero che il governo abbia necessità di andare ancora più forte: i dati Istat di oggi sul crollo dell’occupazione giovanile ci dicono quanto sarà difficile il tragitto dei prossimi mesi. E dunque sì, credo che il governo Conte abbia bisogno di più concretezza, perché è quello di cui gli italiani hanno bisogno. Deciderà il presidente del Consiglio come rafforzare la squadra dell’esecutivo”.

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