PUBBLICITÁ

la geografia del dissenso nel carroccio

Tutti i guai della Lega in Puglia e Campania. Così Salvini è rimasto in mezzo al guado

Valerio Valentini

Abbandona il "nord" ma non sfonda al sud. In Salento è guerra per bande, a Napoli c'è aria di ammutinamento. E i commissari padani, mandati a civilizzare il meridione, causano malcontenti. E in Veneto bisogna arginare Zaia

PUBBLICITÁ

Roma. Fosse una roba di fantascienza, Nicola Molteni ci riderebbe anche su. E invece quando ha fatto il verso al Roy Batty di Blade Runner, poche sere fa a cena con lo stato maggiore della Lega, aveva l’aria stremata: “Vedo ogni giorno cose che voi umani …”, ha sbuffato il deputato di Cantù, mandato da Matteo Salvini in partibus infidelium, nel novembre scorso, a mettere un po’ d’ordine nel trambusto campano, con risultati non esattamente esaltanti. E non perché sia mancato lo zelo dell’ex sottosegretario dell’Interno: uno che, mentre il ministro, suo amico fraterno, andava in giro per le spiagge e postava le foto del pane con la nutella, mandava avanti la macchina del Viminale, e che però si ritrova ad alzare le mani davanti a certe baruffe napoletane, certi inguacchi che a lui, uomo del nord che alla secessione c’ha creduto davvero, e ci crede tuttavia, fanno venire il sangue agli occhi.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. Fosse una roba di fantascienza, Nicola Molteni ci riderebbe anche su. E invece quando ha fatto il verso al Roy Batty di Blade Runner, poche sere fa a cena con lo stato maggiore della Lega, aveva l’aria stremata: “Vedo ogni giorno cose che voi umani …”, ha sbuffato il deputato di Cantù, mandato da Matteo Salvini in partibus infidelium, nel novembre scorso, a mettere un po’ d’ordine nel trambusto campano, con risultati non esattamente esaltanti. E non perché sia mancato lo zelo dell’ex sottosegretario dell’Interno: uno che, mentre il ministro, suo amico fraterno, andava in giro per le spiagge e postava le foto del pane con la nutella, mandava avanti la macchina del Viminale, e che però si ritrova ad alzare le mani davanti a certe baruffe napoletane, certi inguacchi che a lui, uomo del nord che alla secessione c’ha creduto davvero, e ci crede tuttavia, fanno venire il sangue agli occhi.

PUBBLICITÁ

 

E forse in questa sua frustrazione sta la tribolazione di questa nuova Lega, non più nordista ma neppure compiutamente nazionale, che il sud più che vincerlo vorrebbe colonizzarlo, e nel frattempo, restando in mezzo al guado di una transizione incompiuta, rischia di perdersi un pezzo del suo zoccolo duro. E infatti, mentre erano tutti concentrati sulla chiusura delle liste in Campania e in Puglia, a Via Bellerio sono stati scossi dalle telefonate che arrivavano da Treviso, da Vicenza: “Ragazzi, guardate che qua rischiamo il tracollo”. Poi, certo, tutto è relativo. E in Veneto la disfatta starebbe nel “finire troppo al di sotto di Zaia”, per dirla con le parole di un deputato locale. Ed è così che allora Salvini ha impartito l’ordine: “Nella civica a sostegno del presidente bisogna inserire gente nostra”. E non tanto per mescolare le acque. Lo scopo è in verità quello di scongiurare che Zaia, mettendo nella sua lista gente di sua fiducia, imprenditori e professionisti, dirigenti del mondo forzista in libera uscita, si ritrovi poi con una maggioranza tutta sua, un’autonomia di manovra con cui battersi davvero, a modo suo, per l’altra autonomia, quella del Veneto.

 

PUBBLICITÁ

Il tutto, poi, con la diffusa sensazione che il gioco non valga la candela. Perché mentre ci si logora in casa propria, mentre ci si rende conto che l’assalto al cielo di Toscana è un miraggio (oggi Winpoll descrive una Susanna Ceccardi ad appena mezzo punto da Eugenio Giani, 43 contro 42,5 per cento, ma un sondaggio in mano del Pd parla di circa 6 punti di distacco a favore del centrosinistra), tocca constatare che neppure lo sfondamento al sud, funziona. E del resto è proprio il modello che stenta. Questa idea di inviare i crociati padani a civilizzare il meridione – il varesotto Candiani in Sicilia, il bergamasco Invernizzi in Calabria, il novarese Liuni in Basilicata, oltre al già citato Molteni in Campania – viene vista dai capibastone locali che scalpitano per entrare come una sorta di condanna. E spesso produce più danni di quelli che vorrebbe risolvere.

 

In Puglia, ad esempio, l’invio del commissario Luigi D’Eramo – un abruzzese, poi, per dire di come la linea del Sole delle Alpi prova ad abbassarsi – è servita più che altro a risolvere la contesa locale tra Andrea Caroppo e Roberto Marti in favore del secondo, che ne ha subito approfittato per fare un bel repulisti dei seguaci dell’ex segretario regionale, suo rivale fin dai tempi in cui entrambi stavano nel Pdl, e trovare nuovi adepti da reclutare con l’aiuto di Massimo Casanova, quello del Papeete nel frattempo eletto al Parlamento europeo. Dove si ritrova, manco a dirlo, proprio con Caroppo, che ha scelto l’asilo di Bruxelles per sottrarsi alla faida locale, che però lo ha convinto ad abbandonare il Carroccio dopo esserne stato il primo fondatore nel Salento. L’addio verrà formalizzato dopo le regionali: in vista delle quali, però, Caroppo ha fatto candidare i suoi fedelissimi (Roy De Santis a Lecce, Antonio Scianaro a Brindisi, Vincenzo Riontino a Foggia, Rossella Piazzola a Barletta) nella lista di quel candidato presidente, Raffaele Fitto, che Salvini ha dovuto ingoiare come si fa coi cibi indigesti, e ora si rifiuta perfino di incontrare pubblicamente. Novelle da un ducato in fiamme, dove del resto già a maggio in 108, tra iscritti e amministratori locali, avevano scritto una lettera a Salvini per dire che no, così non si poteva proprio andare avanti.

 

Sono tornati indietro, invece, una manciata di sindaci nelle province di Avellino e Benevento: gente eletta con Forza Italia, o con civiche di centrodestra, che s’era avvicinata alla Lega seguendo la forza dell’inerzia delle cose, e ora c’ha ripensato, nell’attesa di capire che tempo che fa. Anche perché, nei mesi passati, Salvini non ha dato grande prova di fermezza: prima aveva preallertato tutti i parlamentari (“Vi candidate anche alle regionali, così tiriamo su preferenze”) per tenere sotto scacco Stefano Caldoro, poi ha imbarcato con tutti gli onori Severino Nappi e Gianpiero Zinzi, due esponenti di Forza Italia che con Caldoro erano stati in giunta e in consiglio regionale, e insomma il Capitano ha dato l’idea di poter mostrare i muscoli solo se li prende in prestito da altri.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Almeno da Roma in giù, ovviamente. In quel sud che della Lega salviniana, benché privata del marchio settentrionalista, stenta a fidarsi. Al punto che, nello stato maggiore di Via Bellerio, cominciano già a chiedersi quanti giorni passeranno, dopo lo spoglio del 21 settembre, “prima che Matteo capisca che per un po’ di tempo non ha molto senso puntare sul sud”. Saltare qualche giro, magari puntare su nuove leve, forze fresche. Nella speranza di non dover più vedere cose che loro, umani, cioè loro del nord, non sanno come gestire.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ