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non chiamateli responsabili

"Il 21 settembre per Forza Italia sarà il Big bang. Noi usciamo prima". Parla Romani

Valerio Valentini

L'ex ministro del Cav. lascia FI e forma un nuovo gruppo al Senato. I rapporti con Conte, "l'opposizione costruttiva" sul Recovery, le telefonate con Renzi. "Il centro vale il 20 per cento, se la smettiamo coi capricci"

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Il giorno dopo, parla con la voce serena di chi evidentemente il lutto lo aveva già maturato da tempo. "E’ stata una scelta a lungo ponderata, dopo aver cercato in ogni modo di favorire un processo di reale rinnovamento dentro Forza Italia", dice Paolo Romani. A lungo ponderata, certo, e poi attuata con sospetto tempismo. Perché mercoledì, insieme a Gaetano Quagliariello e Massimo Berutti, da Forza Italia è uscito per formare al Senato una nuova componente del Gruppo Misto. Giusto il tempo di capire che Giuseppe Conte, uscito rinfrancato dalla trattativa a Bruxelles, e dunque promette di durare a Palazzo Chigi, e vi siete mossi. "Questa è una malizia da retroscenista", si schermisce Romani, già ministro dello Sviluppo nel governo Berlusconi tra il 2010 e il 2011 e soldato fedele del Cav. per 26 anni. "La decisione di uscire prima delle vacanze estive era semmai un’altra. Quella di anticipare la diaspora che ci sarà, dentro Forza Italia, all’indomani delle regionali del 20 settembre, quando nel partito del Cav. si registreranno, stando alle previsioni, risultati terribili. Preveniamo il big bang che verrà, per provare poi a federare le persone di buona volontà che, pur prendendo atto della fine di un’epoca, non andranno a elemosinare un seggio a Matteo Salvini".

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Il giorno dopo, parla con la voce serena di chi evidentemente il lutto lo aveva già maturato da tempo. "E’ stata una scelta a lungo ponderata, dopo aver cercato in ogni modo di favorire un processo di reale rinnovamento dentro Forza Italia", dice Paolo Romani. A lungo ponderata, certo, e poi attuata con sospetto tempismo. Perché mercoledì, insieme a Gaetano Quagliariello e Massimo Berutti, da Forza Italia è uscito per formare al Senato una nuova componente del Gruppo Misto. Giusto il tempo di capire che Giuseppe Conte, uscito rinfrancato dalla trattativa a Bruxelles, e dunque promette di durare a Palazzo Chigi, e vi siete mossi. "Questa è una malizia da retroscenista", si schermisce Romani, già ministro dello Sviluppo nel governo Berlusconi tra il 2010 e il 2011 e soldato fedele del Cav. per 26 anni. "La decisione di uscire prima delle vacanze estive era semmai un’altra. Quella di anticipare la diaspora che ci sarà, dentro Forza Italia, all’indomani delle regionali del 20 settembre, quando nel partito del Cav. si registreranno, stando alle previsioni, risultati terribili. Preveniamo il big bang che verrà, per provare poi a federare le persone di buona volontà che, pur prendendo atto della fine di un’epoca, non andranno a elemosinare un seggio a Matteo Salvini".

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A voi invece Salvini non piace. "Per noi il sovranismo resta una sciocchezza: e il consenso della Lega, privato dell’alibi facile della lotta all’immigrazione, sta infatti scemando. E in ogni caso, dopo l'ovvia sconfitta della candidata salviniana in Toscana, Susanna Ceccardi, e dopo il pronosticabile trionfo di Luca Zaia in Veneto, anche dentro il Carroccio si dovranno fare qualche domanda, dopo le regionali". E lei dove si vede, il 21 settembre? Già in maggioranza? "Figuriamoci. No, all’opposizione. Ma un’opposizione costruttiva, che intende sfidare il governo suggerendo delle buone idee. Sul Recovery plan, ad esempio, ci sarà da confrontarsi, e noi saremo pronti ad avanzare proposte concrete". Lei, ministro dello Sviluppo al tempo di Berlusconi, proporrà idee a Barbara Lezzi, che a Taranto vuole sostituire l’Ilva con un allevamento di Cozze? "Ci sarà da faticare, ma ne varrà la pena se la posta in palio è il bene del paese. Anche sul Mes, ad esempio, credo che la situazione stia diventando surreale. Intanto, questo assurda polemica sulle condizionalità, che ovviamente l'Europa pretende in cambio della concessione dei prestiti. E poi, vorrei dire a Conte: prendiamone magari solo 15, o solo 20, dei miliardi che ci spettano dal Mes: ma poniamo fino a questo balletto insostenibile intorno a un totem ideologico".

 

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Lavora per il bene del paese, offre consigli al premier. Insomma, un po’ come novello Denis Verdini, lei offre al governo Conte tre voti di margine al Senato. Che, visti i numeri ballerini a Palazzo Madama, sono oro puro. "No, non siamo i nuovi responsabili. Anche se è questa la narrazione più scontata che viene adoperata per raccontare la nostra operazione". Promuovete la nascita di un nuovo gruppo il giorno in cui il premier celebra il suo trionfo alle Camere: ammetterà che la tentazione di considerarvi come responsabili è irresistibile. "Ma non è questo il senso del progetto, davvero. E se davvero fosse questo l'obiettivo, ce ne saremmo rimasti buoni a goderci la crisi imminente di FI. Abbiamo accelerato, invece, solo per permettere agli uffici del Senato di predisporre i moduli necessari alla formazione della nuova componente prima delle vacanza di agosto". 

 

L'ultima volta che ha sentito il Cav.? "Qualche mese fa. Una telefonata molto affettuosa. Un quarto di secolo di amicizia e di collaborazione non si cancellano mica". E Matteo Renzi? "Un mesetto fa. L'ultima volta che provò a convincermi a entrare nel suo nuovo partito. Resta un cavallo di razza, un grande leader, i suoi discorsi al Senato sono sempre illuminanti. Ma purtroppo sconta una incapacità di ricostruire consenso intorno alla sua figura. E senza consenso, politica non ne fai". E Conte? "Conte cosa?". Quand'è l'ultima volta che vi siete sentiti. "Ma io non mi sento con Conte", dice Romani, e nel dirlo però gli scappa da ridere, come chi capisce che lo sforzo di fingere sarebbe inutile. "Noi non puntiamo a fare la stampella al governo. Puntiamo a occupare uno spazio, quello del centro moderato e riformista, sviluppista ed europeista". Spazio fin troppo frequentato: ci siete voi, un pezzo di FI, Renzi, Carlo Calenda... "E' vero. Si tratta di un'area che potenzialmente potrebbe crescere fino al 20 per cento, se tutti dismettessero delle sciocche idiosincrasie personali. Ma il tempo c'è: abbiamo davanti a noi almeno due anni per riorganizzare questo campo".

 

Dunque non crede in un voto anticipato. "Mi pare alquanto improbabile, ecco". E sarà questo il governo che arriverà a fine legislatura? "Credo proprio di sì. Di sicuro i 209 miliardi che arriveranno saranno un elemento di stabilizzazione. E d'altronde non credo che i leader europei che hanno concesso fiducia all'Italia sarebbero contenti di vedere arrivare un altro premier a discutere con loro degli impegni che Conte si è assunto". Tutto immutabile, insomma? "Vedremo. l'ipotesi del governo di unità nazionale mi pare ormai tramontata. Se poi Conte, a differenza di quanto ha fatto finora, decidesse di ascoltare davvero le opposizioni e di aprire a un dialogo reale e fattivo, qualcosa potrebbe maturare", conclude Romani. Ma non chiamatelo "responsabile". 

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