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“Pd garantista con Bonafede e non con me: ipocriti”, dice Catiuscia Marini

David Allegranti

La reazione dell’ex presidente della Regione Umbria all'intervista al Foglio di Walter Verini, responsabile Giustizia del Pd, in difesa del ministro della Giustizia

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Roma. Un anno fa – era il 20 maggio 2019 – Catiuscia Marini si dimetteva da presidente della Regione Umbria dopo l’avvio dell’inchiesta sui presunti concorsi pilotati nella sanità umbra e al termine di un duro scontro politico fra Pd regionale e Pd nazionale. All’epoca, Marini accusò il partito romano di non averla difesa e di anzi aver ceduto al giustizialismo, costringendola alle dimissioni.

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Roma. Un anno fa – era il 20 maggio 2019 – Catiuscia Marini si dimetteva da presidente della Regione Umbria dopo l’avvio dell’inchiesta sui presunti concorsi pilotati nella sanità umbra e al termine di un duro scontro politico fra Pd regionale e Pd nazionale. All’epoca, Marini accusò il partito romano di non averla difesa e di anzi aver ceduto al giustizialismo, costringendola alle dimissioni.

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L’ex governatrice ha dunque strabuzzato gli occhi leggendo l’intervista al Foglio del deputato Walter Verini, responsabile Giustizia del Pd e commissario del Pd umbro, in difesa del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. “Senza pudore! Un anno fa in Umbria fece ben altro”, scrive Marini su Facebook, dove ha pubblicato alcune parti dell’intervista di Verini: “Noi siamo contro gli ‘opposti estremismi’ di giustizialismo e garantismo… Siamo contro il populismo giustizialista e contro il garantismo a corrente alternata. E l’uso politico di questi. Siamo per una giustizia giusta e per garanzie e diritti per tutti. Tempi certi e pene certe. Se da un lato dobbiamo essere implacabili contro le mafie e la corruzione dall’altro dobbiamo ribadire che un avviso di garanzia è una garanzia per l’indagato, non è una sentenza di terzo grado, e non possiamo cedere al populismo mediatico-giustizialista”. Ecco, dice Marini, “a casa mia si chiama ipocrisia!”.

  

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“Cara Catiuscia”, scrive in un commento l’ex senatore ed ex deputato dell’Udc Maurizio Ronconi al quale Marini ha messo like, “avevi un’arma che non hai voluto utilizzare. Andare avanti senza dimetterti”. “Condivido ogni parola”, aggiunge un’altra elettrice di Marini, Daniela Luzzi, “però, davvero, forse non dovevi dimetterti. È stata come una resa”. Anche qui c’è il like dell’ex presidente di Regione.

 

Marini, contattata, dice che per ora non rilascia ulteriori dichiarazioni e resta in attesa delle decisioni della magistratura. Due settimane fa, il 4 maggio, la procura di Perugia ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini a Marini, all’ex assessore regionale alla Sanità Luca Barberini e all’ex sottosegretario dell’Interno e segretario umbro del Partito democratico Gianpiero Bocci. Tra i reati contestati dell’avviso – che complessivamente riguarda 45 persone – c’è l’associazione per delinquere.

  

Gli ex vertici politici e istituzionali umbri sono accusati di avere creato “una vera e propria rete di sistema attraverso cui condizionavano gran parte dei concorsi pubblici gestiti dall’Azienda ospedaliera di Perugia e da altre aziende sanitarie umbre”. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Marini, Barberini e Bocci “impartivano le direttive attraverso i vertici aziendali di nomina politica, affinché i concorsi pubblici venissero manipolati a favore dei candidati indicati da loro stessi”. E, aggiungono i pm, “operavano con continuità allo scopo di eseguire le direttive impartite dalla classe politica” l’ex direttore generale dell’ospedale di Perugia Emilio Duca, quello amministrativo Maurizio Valorosi e l’ex direttore sanitario Diamante Pacchiarini. “Io conosco molto bene Catiuscia Marini e l’ho conosciuta nella sua rigida autonomia istituzionale”, ha detto il suo legale, l’avvocato Nicola Pepe. “E’ stata e rimane una persona libera e mi risulta davvero difficile vederla legata a vincoli associativi la cui sussistenza noi contestiamo in radice, posto che il suo operato è stato sempre improntato al perseguimento del bene pubblico. La Regione Umbria dall’istituzione dei benchmark nel 2012 non è scesa mai al terzo posto per la sanità, più volte è stata al primo, tanto da aver attrezzato un sistema che ben ha retto l’urto dell’emergenza Covid19”.

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Comunque, come detto da Verini al Foglio l’altro giorno, “un avviso di garanzia è una garanzia per l’indagato, non è una sentenza di terzo grado, e non possiamo cedere al populismo mediatico-giustizialista”. Una motivazione sufficiente a salvare Bonafede, per il quale peraltro bastava essere sospettati di qualcosa per lasciare un incarico, come ha ricordato la senatrice Emma Bonino nel suo intervento al Senato, ma non l’ex presidente Marini.

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