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La manovra (a carico) del popolo

<p>La divergenza economica rispetto agli altri paesi e il rischio di isolamento politico in Ue. Tanto deficit ma per aumentare spesa corrente e pensionistica. Una sconfitta per i giovani, ancora una volta emarginati e penalizzati</p>

Luciano Capone
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E' successo qualcosa di inedito nella storia repubblicana: i festeggiamenti per la presentazione per la nota di aggiornamento al Def. Una vittoria politica per le forze di maggioranza ma potrebbe non essere una buona notizia per il paese. E l'aumento dello spread e i dati della Borsa di questa mattina in una certa misura lo dimostrano. Per alcuni può essere il segnale che finalmente c'è un governo che osa sfidare le banche e i mercati, ma questo comporterà un costo che a pagare sarà proprio il popolo. Cioè il destinatario della manovra. La decisione di mettere un deficit al 2,4 per cento, cioè triplicato rispetto agli impegni presi, e mantenerlo a questo livello per i prossimi tre anni, ci pone in una condizione anomala rispetto al resto dell'Europa. Tutti i paesi Ue, soprattutto quelli con alto livello del debito, stanno riducendo il loro disavanzo strutturale e la loro curva del debito pubblico si ridurrà molto nei prossimi anni: è il caso del Portogallo, della stessa Francia che lo dimezzerà nel 2019, del Belgio e della Spagna. L'Italia è l'unico paese che si muove in una direzione divergente. E questa divergenza economica ci pone in una condizione di isolamento politico: non avremo appoggi per sostenere le posizioni del nostro governo, come accadde invece durante la crisi del 2011. E pensare che le elezioni europee risolveranno questo problema è una pia illusione: la vittoria dei populisti potrebbe peggiorare questa situazione, perché i sovranisti europei saranno ancora più duri e rigidi nel concedere flessibilità all'Italia. Solo per fare un esempio, i populisti tedeschi sono più falchi dell'attuale governo.

Nel merito della manovra: c'è tanto deficit ma non per le cose di cui il paese avrebbe bisogno. Più che la manovra del "governo del cambiamento" sembra quella del "governo del pensionamento". Ci sono due grosse voci: la quota cento, una contro-riforma delle pensioni che darà un'enorme spesa pensionistica ai cittadini del nord e la pensione di cittadinanza, che farà lo stesso per le pensioni minime, prevalentemente nel sud Italia. C'è poco altro. Qualche sconto fiscale per le partite Iva, che agevoleranno la pressione fiscale su questa fascia di contribuenti ma che non ha nulla a che vedere con la flat-tax. Degli investimenti ad altissimo moltiplicatore presentati in campagna elettorale non c'è traccia. C'è solo maggior deficit, quindi maggio debito sulle spalle degli italiani, per aumentare spesa corrente e pensionistica. Per un paese ad alto debito, che si indebita ulteriormente per pagare le pensioni, c'è poco da sorridere e c'è poco futuro. Tra gli sconfitti di questa "manovra del cambiamento" ci sono i soliti noti: i giovani di questo paese, che per l'ennesima volta vengono emarginati e penalizzati.

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