PUBBLICITÁ

Ecco l'Amaca sulla Rai che Serra s’è dimenticato di scrivere

Redazione
"In quest’epoca in cui la ricchezza si polarizza, si ammucchia, restringe la propria area d’influenza e si divarica la forbice della diseguaglianza, lasciano senza parole i super stipendi dei manager della Rai". L'Amaca mancante dell'autore moralizzatore avrebbe dovuto suonare più o meno così.
PUBBLICITÁ
In quest’epoca in cui la ricchezza si polarizza, si ammucchia, restringe la propria area d’influenza e si divarica la forbice della diseguaglianza, lasciano senza parole i super stipendi dei manager della Rai. Non è accettabile che, mentre la povertà assoluta e il disagio sociale aumentano nelle fasce della popolazione più pesantemente colpite dalla crisi, la televisione pubblica paghi stipendi da centinaia e centinaia di migliaia di euro. Come ha già ricordato nel suo “Buongiorno” l’amico Massimo Gramellini, anche lui accusato di “moralismo” da chi evidentemente non ha a cuore la morale, se uno fa notare che l’amministratore delegato della Rai guadagna da solo come 50 dipendenti di un call center, le cornacchie del turbocapitalismo starnazzano: è il mercato! è il mercato! Ma il mercato non c’entra nulla, la televisione pubblica e i suoi stipendi vengono pagati con il canone delle famiglie, del proletariato si sarebbe detto una volta. Per avere una Rai povera e per i poveri servirebbe un rivoluzionario come Papa Francesco, ma in mancanza si potrebbe almeno prendere esempio da un riformista come Adriano Olivetti, i cui dirigenti non potevano guadagnare 10 volte più del salario minimo. E magari si potrebbe estendere la trasparenza e la regola del 10 anche ai cachet delle star e degli autori dei programmi, ingaggiati dall’esterno e lautamente pagati mentre i dipendenti e le professionalità interne della Rai vengono lasciate inoccupate. Ma questo, Amaca mia, non ti dispiacerà se per ovvi motivi mi dimentico di scriverlo. Sai, anche i moralisti hanno i loro vezzi d’autore.
PUBBLICITÁ