La lezione

Studenti, successo e merito. Chiacchiere a Piacenza con Giorgio Armani

"Da ragazzo non guardavo la città e la gente. Pensavo solo a come potermi divertire. I giovani devono capire che il futuro è un'altra cosa, e che devi gestirlo. Poi, naturalmente, non è che non mi sia divertito”, dice lo stilista, a cui ieri è stata conferita la laurea honoris causa in global management

Fabiana Giacomotti

A poco a poco, gli ospiti prendono posto nei palchi del Teatro Municipale. In platea, dove sta per diventare dottore honoris causa in global management, Giorgio Armani vuole che si accomodino gli studenti. E’ a loro, e anche un po’ a tutti noi che ci ammazziamo di fatica dietro all’ennesimo inutile aperitivo, che si rivolge quando dice che non bisogna perdere di vista quello che conta nella vita, e che sono le persone, gli affetti, e che per avere successo nel lavoro bisogna affinare la capacità di rinunciare, di dire di no, di selezionare, di scegliere, di non voler fare tutto ed esserci sempre.

 

A noi del Foglio, con cui ha scambiato qualche parola poche ore prima, ha parlato di studi di medicina incompiuti perché la voglia di fare, e di farlo in un altro settore, era troppo forte (“non mi sono mai sentito di suggerire percorsi ai miei nipoti e ho sempre sperato che scegliessero quello che veramente li appassionava, indipendentemente dalle pressioni esterne; non c’è niente di peggio delle scelte imposte dalla famiglia”) e delle caratteristiche alle quali guarda quando sceglie ogni nuovo dipendente della Giorgio Armani spa, ottomilatrecento dipendenti, nove stabilimenti di produzione, 170 milioni di utile consolidato nel 2021.

“Un curriculum è una lista di cose fatte”, osserva, ma “l’energia vera si vede solo nell’incontro”. E che “è questa, la fame di realizzazione”, ciò che cerca in un candidato. “Se vuoi essere sicuro di te stesso sul lavoro, inserito nel futuro, devi saper dimenticare anche quello che il progresso ti offre e che non sempre è positivo. Rivedendo Piacenza oggi, mi rendo conto che da ragazzo non guardavo la città e la gente. Pensavo solo a come potermi divertire. I giovani devono capire che il futuro è un’altra cosa, e che devi gestirlo. Poi, naturalmente, non è che non mi sia divertito”.

 

L’Università Cattolica, campus di Piacenza, la città dove è nato e vissuto fino ai quindici anni e di cui oggi ricorda un “Barone di Munchhausen” lasciato a metà al cinema causa attacco della contraerea (sarà stata la versione tedesca di Josef von Baky del 1943, sicuro), e certe belle gite in bicicletta sul Trebbia, gli conferisce “atque universorum utilitati animi magnitudine intendens”, cioè “perché la grandezza della sua anima sia di beneficio a tutti”, che lingua favolosa il latino, uno dei pochi riconoscimenti che abbia accettato, insieme con la laurea honoris causa in design industriale del Politecnico di Milano, quella della Central Saint Martin’s di Londra, il dottorato del Royal College of Art, la laurea ad honorem all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Sette anni fa ne rifiutò una dall’Università di Bologna. A Piacenza non poteva dire di no. Il Rettore della Cattolica, Franco Anelli, tiene un discorso abbastanza sorprendente in cui si intersecano le parole espresse di recente da Papa Francesco in merito alle tre intelligenze, mente, cuore, mani, che vibrano nell’animo umano, e quelle di un ultra-laico come Roland Barthes sulla moda come fenomeno sociale.

 

Armani evoca invece Sergio Galeotti, partner di vita a di lavoro scomparso troppo presto e quando l’impresa doveva ancora affermarsi, i momenti difficili superati “con l’impegno, la dedizione e il rigore”, e i valori “che ho assimilato in famiglia, gli stessi che raccomando di seguire sempre, per dare forma a ciò in cui si crede, ancor di più oggi che si moltiplicano i successi effimeri. Perché quel che richiede impegno, invece, dura. Sono un creativo razionale”, osserva, “ma la spinta nasce sempre dalla passione, da un’intuizione e dal desiderio bruciante di realizzarla. Ogni idea, in fondo, è frutto di un innamoramento e questo lavoro, che per me è la vita, è un atto continuo di amore. Adesso torno a Milano a pensare al futuro che mi piace ancora, pensarlo roseo, bello, produttivo”. Fra due mesi esatti, l’11 luglio, compirà ottantanove anni. Fuori dal teatro, in piazza, lo attende una folla. Quando andiamo via, sta ancora scattando selfie con le signore in fila.

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