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Mps tutti assolti

Stefano Cingolani

Non solo gli errori dei vertici, anche anni di giustizialismo hanno fatto male al Monte

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Assolto l’ex presidente Giuseppe Mussari (7 anni e 6 mesi in primo grado), assolti l’ex direttore generale Antonio Vigni (7 anni e 3 mesi) e l’ex responsabile area finanza Gianluca Baldassarri (4 anni e 8 mesi), assolte anche le banche Deutsche Bank AG, la sua filiale londinese e Nomura: non c’era nessun dolo nelle operazioni di finanza strutturata, Alexandria e Santorini, Chianti Classico e Fresh, effettuate da Rocca Salimbeni tra il 2008 e il 2012. I giudici della Corte d’appello di Milano hanno ribaltato la sentenza di primo grado sugli ex vertici del Monte dei Paschi di Siena imputati nel processo per presunte irregolarità che sarebbero servite a occultare le perdite causate dall’acquisto della banca Antonveneta. Per la Corte su diversi capi “le condotte si sono estinte per prescrizione”, per altre accuse “il fatto non sussiste” o “non costituisce reato”. Tutti assolti. Quello che era stato presentato come uno dei più gravi scandali bancari della storia d’Italia non ha rilevanza penale. E’ una gigantesca montatura che ha distrutto carriere e forse anche vite umane (resta un mistero la morte di David Rossi, il capo della comunicazione del Monte) e sulla quale sono state costruite fortune politiche e professionali. 

 

L’agguerrito fronte delle manette e l’ancora più vasto partito della gogna hanno campato per anni sulla mega tangente che avrebbe nutrito la sinistra e in particolare il Pd. Mafia senese dopo Mafia Capitale. Retroscena sui quali sono state imbastite indagini parlamentari, create commissioni per i nipotini di Torquemada e pubblicati volumi corposi.

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D’altronde eravamo abituati a clamorose sentenze sconfessate in appello, a condannati eccellenti scagionati dopo anni e anni. Nell’èra di Tangentopoli si era arrivati al 60 per cento, dal Duemila a oggi siamo scesi al 40 per cento, eppure l’Italia continua a vantare il triste primato di una magistratura,  una stampa e una politica minate dal virus giustizialista. Ma con il Montepaschi si sono raggiunte vette di sopraffina malizia. Ovviamente bisognerà leggere le motivazioni della sentenza prima di valutarne l’effettiva portata. Mussari ha sbagliato ad acquistare l’Antonveneta dal Santander in quel momento e lo ha fatto a un prezzo eccessivo? Molti risponderebbero ancora sì. L’operazione è stata annunciata l’8 novembre 2007 mentre si stavano accumulando nere nubi che avrebbero scatenato di lì a pochi mesi la peggior tempesta finanziaria dall’ottobre nero del 1929. E’ costata oltre nove miliardi di euro ed è avvenuta senza due diligence, cioè senza prima aver spulciato i conti della banca veneta. Ciò ha costretto i vertici dell’istituto senese a correre ai ripari con escamotage finanziari rischiosi, ma non truffaldini. Le sentenze populiste contro i derivati andrebbero quanto meno riviste se non anch’esse ribaltate. 

 

La Banca d’Italia aveva messo in guardia Mussari e Vigni sottolineando che per non violare i requisiti patrimoniali e, quindi, non mettere in pericolo Mps, occorreva rafforzare il capitale. Analisi successive hanno stimato un range tra 2,5 e 3,5 miliardi in più. Tuttavia la Vigilanza di via Nazionale non aveva bloccato l’operazione ritenendo che fosse legittima. Il Monte da solo non poteva restare, dopo le nozze Intesa-Sanpaolo e Unicredit-Capitalia, era opportuno creare un altro gruppo bancario di peso. Oggi siamo allo stesso punto e se un terzo polo non è ancora nato è anche perché quell’alleanza fra teorema giudiziario e offensiva grillino-leghista ha distrutto il Montepaschi costringendo lo stato, cioè i contribuenti, a salvarlo. 

 

La decisione della Corte d’appello milanese dovrebbe anche mettere a tacere la campagna parallela, ancor più perfida, contro Mario Draghi allora governatore della Banca d’Italia. I poteri della Banca centrale, l’autonomia delle aziende di credito, la regole e i controlli, tutto va discusso, ma fuori dalle aule giudiziarie.

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