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Davigo è fuori dal Csm, speriamo resti anche fuori dalla tv

Ermes Antonucci

La pensione dell'ex pm indigna persino i suoi amici manettari. Il rischio è che adesso si dedichi a tempo pieno alle ospitate in televisione e diventi ancor più un simbolo del giustizialismo

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Da domani Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite e toga più famosa (e mediatica) d’Italia, non sarà più magistrato, né componente togato del Consiglio superiore della magistratura. A deciderlo è stato il plenum del Csm, che, dopo aver dato il via libera al collocamento a riposo di Davigo (oggi compie 70 anni e va in pensione), ha approvato la delibera della commissione verifica titoli che proponeva la decadenza dell’ex pm dall’incarico di consigliere del Csm. Hanno votato a favore della decadenza in tredici: il vicepresidente del Csm David Ermini, il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione Pietro Curzio e Giovanni Salvi, il togato indipendente Nino Di Matteo, i cinque togati di Magistratura Indipendente e Unicost, e quattro consiglieri laici. Contrari, invece, i tre togati di Autonomia e Indipendenza (la corrente fondata proprio da Davigo), due togati del gruppo di sinistra Area e il laico M5s Gigliotti, mentre si sono astenuti due consiglieri laici e tre consiglieri di Area. Netta è stata la presa di posizione del vicepresidente Ermini, che, pur definendo la decisione “dolorosa”, ha sottolineato come la Costituzione “costringa a rinunciare a Davigo”, in quanto prevede “quale fondamentale requisito soggettivo per essere membro del Csm tra i componenti togati, il possesso dello status di magistrato ordinario”: “Si tratta di un requisito soggettivo – ha spiegato Ermini – che non solo deve essere posseduto al momento dell’elezione, ma deve essere mantenuto dal magistrato eletto durante tutto il mandato, poiché trova fondamento in quella regola costituzionale della necessaria proporzione tra componenti togati e componenti laici che costituisce espressione dello stesso principio fondamentale della separazione dei poteri”.

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Da domani Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite e toga più famosa (e mediatica) d’Italia, non sarà più magistrato, né componente togato del Consiglio superiore della magistratura. A deciderlo è stato il plenum del Csm, che, dopo aver dato il via libera al collocamento a riposo di Davigo (oggi compie 70 anni e va in pensione), ha approvato la delibera della commissione verifica titoli che proponeva la decadenza dell’ex pm dall’incarico di consigliere del Csm. Hanno votato a favore della decadenza in tredici: il vicepresidente del Csm David Ermini, il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione Pietro Curzio e Giovanni Salvi, il togato indipendente Nino Di Matteo, i cinque togati di Magistratura Indipendente e Unicost, e quattro consiglieri laici. Contrari, invece, i tre togati di Autonomia e Indipendenza (la corrente fondata proprio da Davigo), due togati del gruppo di sinistra Area e il laico M5s Gigliotti, mentre si sono astenuti due consiglieri laici e tre consiglieri di Area. Netta è stata la presa di posizione del vicepresidente Ermini, che, pur definendo la decisione “dolorosa”, ha sottolineato come la Costituzione “costringa a rinunciare a Davigo”, in quanto prevede “quale fondamentale requisito soggettivo per essere membro del Csm tra i componenti togati, il possesso dello status di magistrato ordinario”: “Si tratta di un requisito soggettivo – ha spiegato Ermini – che non solo deve essere posseduto al momento dell’elezione, ma deve essere mantenuto dal magistrato eletto durante tutto il mandato, poiché trova fondamento in quella regola costituzionale della necessaria proporzione tra componenti togati e componenti laici che costituisce espressione dello stesso principio fondamentale della separazione dei poteri”.

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Il pensionamento fa venire meno lo status di magistrato, e quindi anche le funzioni di componente del Csm”, ha ribadito anche il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio. Persino Nino Di Matteo, membro togato “indipendente” (eletto però anche con i voti dei magistrati di Autonomia e Indipendenza), si è spinto ad affermare che la permanenza di Davigo al Csm avrebbe violato “la ratio e lo spirito delle norme costituzionali” per il suo impatto sugli equilibri tra componenti togati e laici. Insomma, la richiesta di Davigo di restare in carica alla fine non ha convinto quasi nessuno. Per salvare il “Dottor Sottile”, in fondo, il Csm avrebbe dovuto smentire clamorosamente una sentenza del Consiglio di stato (la numero 3182/2011), che ha stabilito in maniera chiara che un magistrato che va in pensione non può più far parte del Csm. Alle medesime conclusioni era giunta l’Avvocatura dello stato, fornendo un parere al Csm (misteriosamente secretato, ma poi rivelato dai giornali). Una giornata nera per Davigo, al quale oltre al “bye bye” del Csm si è aggiunta anche la beffa: a subentrargli in Consiglio sarà infatti Carmelo Celentano, togato della corrente Unicost (la stessa guidata per anni da Luca Palamara, ora al centro dello scandalo sulle nomine pilotate), primo tra i non eletti alle elezioni del luglio 2018 nel collegio dei giudici di legittimità. Uno smacco per un magistrato che per decenni si è elevato a moralizzatore della vita pubblica del paese. Con il pensionamento (forzato) dell’ex pm di Mani pulite si chiude un’epoca, ma solo formalmente. Il rischio infatti è che, appesa la toga al chiodo, Davigo decida di dedicarsi a tempo pieno alla sua attività di ospite fisso in tv e di simbolo politico del giustizialismo.

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