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Davigo, la pensione ad personam

Redazione

A ottobre dovrebbe lasciare anche il Csm, ma non vuole. C’è il caso Palamara

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A ottobre Piercamillo Davigo compie settant’anni e va in pensione, come prescrive la legge. Non sarà più magistrato in attività e quindi dovrà lasciare il seggio del Consiglio superiore della magistratura. Però non vuole: in ottobre entrerà nel vivo la discussione del caso Palamara e Davigo, che fa parte della commissione che se ne occupa, non vuole perdere l’occasione per illustrare in una fase che richiamerà molto l’attenzione dei media e del pubblico la sua visione giustizialista. Si può capire l’aspirazione e anche l’ambizione, ma dovrebbe prevalere il rispetto delle regole, che è peraltro solitamente richiesto anche se spesso in forma fanatizzata, proprio dai giustizialisti che a lui si ispirano. Ma per Davigo bisognerebbe fare un’eccezione, o meglio uno strappo, alle norme vigenti per tutti gli altri magistrati. Perché?

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A ottobre Piercamillo Davigo compie settant’anni e va in pensione, come prescrive la legge. Non sarà più magistrato in attività e quindi dovrà lasciare il seggio del Consiglio superiore della magistratura. Però non vuole: in ottobre entrerà nel vivo la discussione del caso Palamara e Davigo, che fa parte della commissione che se ne occupa, non vuole perdere l’occasione per illustrare in una fase che richiamerà molto l’attenzione dei media e del pubblico la sua visione giustizialista. Si può capire l’aspirazione e anche l’ambizione, ma dovrebbe prevalere il rispetto delle regole, che è peraltro solitamente richiesto anche se spesso in forma fanatizzata, proprio dai giustizialisti che a lui si ispirano. Ma per Davigo bisognerebbe fare un’eccezione, o meglio uno strappo, alle norme vigenti per tutti gli altri magistrati. Perché?

 

Su Repubblica e sul Fatto quotidiano sono apparsi commenti che sembrano lamentare che un Csm senza Davigo sarebbe un organismo diminuito, come se il prestigio dell’organo di governo della magistratura non fosse già largamente compromesso dalla gestione correntizia, dalla pattuizione delle nomine, dagli intrecci di interessi che lo hanno trasformato in qualcosa di simile a un mercato che a un’istituzione di garanzia costituzionale. A queste pattuizioni, peraltro, anche la corrente “personale” di Davigo non pare estranea. Il leader storico del giustizialismo avrà comunque a disposizione tutte le tribune per esternare il suo pensiero, nessuno vuole impedirgli di esprimere le sue opinioni, per discutibili che siano. Ma se si assoggettasse alla legge, invece di cercare di adattarsela su misura meriterebbe più rispetto anche da chi non le condivide (visto che anche questo è permesso). C’è poco da sperare che il magistrato Davigo demorda, si vedrà se i suoi colleghi nel Csm gli daranno corda, per interesse o per timore, e se il presidente dell’organismo, che è anche presidente della Repubblica, tollererà strappi così vistosi alle regole.

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