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contro la riforma

Lo sciopero “è lo sport nazionale della Francia”, scrive Pascal Bruckner

Mauro Zanon

Il filosofo parigino su Le Figaro spiega come il conservatorismo usi il linguaggio della sovversione. Dalle manifestazioni per le pensioni nel 2010 a quelle di ora. I cittadini francesi ormai sono contro tutto e "l'audacia non è più una loro virtù"

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Parigi. “‘A causa di un movimento sociale’: il viaggiatore che sente questa informazione in una stazione del treno o del metrò sa che non viaggerà. Il movimento di pochi comporta l’immobilismo di tutti. Non muovetevi: è questo che ci dice lo spirito del tempo. Abbandonate il globale per il locale, anche se il locale assomiglia sempre di più a un vaso. Non è forse il guru Jean-Marc Jancovici ad auspicare che le persone prendano soltanto quattro aerei in tutta la vita? Perché questa cifra? Mistero. Il maestro sa perché, noi dobbiamo soltanto obbedire. Il confinamento è diventato insensibilmente la matrice del presente: la tirannia sanitaria è scivolata verso la tirannia sedentaria”. Inizia così l’intervento sul Figaro del filosofo francese Pascal Bruckner contro la Francia fiacca e accidiosa che ha fatto dello sciopero uno stile di vita e si è trasformata in una società di pantofolai.

 

Lo sciopero: è il nostro sport nazionale, il nostro orgoglio, il nostro made in France. Già nell’autunno del 2010, migliaia di liceali manifestavano per le loro pensioni (contro la riforma del sistema previdenziale voluta dall’allora presidente della repubblica Nicolas Sarkozy, ndr). Strana inversione: ancor prima di avere iniziato la loro vita di lavoratori, questi adolescenti dai capelli grigi già pensavano a come chiuderla. Il futuro deve essere scritto in anticipo e l’esistenza messa in sicurezza dall’inizio alla fine. Quei giovani erano l’avanguardia del più grande partito di Francia, il partito della paura”, scrive Bruckner.

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Quelli che oggi sfilano in piazza e bloccano le scuole contro la riforma delle pensioni di Emmanuel Macron sono i loro eredi. “La nostra passione per lo sciopero è più una routine che un segno di vitalità democratica, perfetto esempio di una conquista diventata sintomo di atonia. Da noi il conservatorismo parla il linguaggio della sovversione: è cantando ‘L’Internazionale’ che si sfila per il mantenimento dello status quo. E più la speranza di una di Rivoluzione si affievolisce, più l’ultrasinistra sguaina l’artiglieria pesante dell’anticapitalismo”, aggiunge Bruckner, prendendosela con l’asse che va da Jean-Luc Mélenchon, presidente della France insoumise, al sindacalista Philippe Martinez, leader della Cgt.

 

Sono questi ad alimentare la retorica anti ricchi con toni incendiari e ad aver convinto le persone che il deficit del sistema previdenziale debba essere pagato dai Bernard Arnault e dai Vincent Bolloré. “Siamo stati cullati da una menzogna: quella dei soldi gratis, del costi quel che costi. Ha suscitato nei francesi la certezza che i soldi si potessero trovare a volontà e che aumentare il deficit non fosse più grave di scavare delle buche nella sabbia”, osserva Bruckner. “Ecco la pensione glorificata dal prestigio della vera vita: quella che comincia dopo i 60 anni come se il resto non fosse stato nient’altro che una lunga preistoria di dolori e di tormenti. Si spera così di accedere finalmente alle gioie autentiche: dormite fino a tardi, pesca con la lenza e depressione. Se la vera vita non comincia dall’infanzia, come potrebbe riaffiorare sei decenni dopo?”, si chiede. 

 

Questa Francia che ha rinunciato a vivere e ha dimenticato il gusto della fatica l’aveva già descritta nel suo ultimo libro, “Le sacre des pantoufles. Du renoncement au monde” (Grasset), caustica radiografia dell’“uomo diminuito” contemporaneo. “Oggi ci si definisce per sottrazione – si vuole consumare meno, spendere meno, viaggiare meno – o per opposizione: si è contro qualcosa. Si è anti vax, anti carne, anti macchina, anti corrida, anti nucleare, anti caccia, anti cannoni sparaneve. Bisogna limitare ciò che possediamo, le nostre ambizioni, i nostri spostamenti: l’uomo di domani sarà l’uomo diminuito, che andrà a braccetto con la realtà aumentata del virtuale. Esistere senza sottrarsi. Diventiamo delle acque dormienti che nulla può risvegliare”, scrive Bruckner.

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Per il filosofo parigino, anche nel caso in cui la riforma riuscisse a passare, cambierebbe ben poco per la Francia. “L’audacia stava nell’innalzare l’età pensionabile da 62 a 67 anni come i nostri vicini tedeschi (l’attuale progetto prevede il passaggio da 62 a 64 anni, oltre che l’abolizione dei ‘regimi speciali’, ndr), ma l’audacia non è più una virtù francese. Vantaggi finanziari minimi, danni politici considerevoli”, analizza Bruckner, “perché di fronte, nel campo del no, c’è il miserabilismo elevato a sistema, la Francia del 2023 ridipinta con i colori di ‘Germinal’”. 

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