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Nella piazza contro la riforma delle pensioni si vuole pure la fine di Macron

Un milione di manifestanti. Fermi trasporti, scuole, ospedali e raffinerie. La gauche punta a un blocco a oltranza per colpire il presidente, già in difficoltà per l'assenza di una maggioranza assoluta in Parlamento. Contro di lui anche scrittori, artisti, intellò

Mauro Zanon

Parigi. Era da dodici anni, ossia dai tempi di Nicolas Sarkozy all’Eliseo, che le otto principali organizzazioni sindacali francesi non si compattavano contro il governo. Hanno deciso di farlo contro quella che il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, ha definito “la madre delle riforme”, e che loro, invece, considerano come la più ingiusta, brutale e disumana delle misure: la riforma per allungare l’età pensionabile da 62 a 64 anni a partire dal 2030 ed eliminare i cosiddetti “regimi speciali”, che permettono ad alcune categorie di andare in pensione molto presto e beneficiare di vantaggi economici che l’esecutivo giudica anacronistici.

 

Oggi, contro la riforma delle pensioni, il grande cantiere del secondo quinquennio Macron, sono scesi in piazza un milione di manifestanti, e gli scioperi nel settore dei trasporti, nelle scuole, negli ospedali e nelle raffinerie hanno paralizzato il paese, confermando la previsione di “un giovedì infernale” del ministro delle Infrastrutture Clément Beaune. La maggior parte dei Tgv è rimasta ferma ai binari, tre linee della Ratp, l’azienda dei trasporti pubblici parigini, sono state fuori servizio per tutta la giornata, e all’aeroporto di Parigi-Orly la percentuale dei voli cancellati è stata del 20 per cento. Nelle scuole, è il 70 per cento degli insegnanti ad aver incrociato le braccia, mentre in alcune raffinerie di TotalEnergies il tasso di adesione alla mobilitazione è stato addirittura del 100 per cento. “È soltanto l’inizio di una potente mobilitazione a lungo termine”, ha avvertito l’intersindacale.

 

Il corteo parigino, partito da Place de la République per arrivare a Nation, nell’est della capitale, ha riunito decine di migliaia di persone ed è stato accompagnato, oltre che dai leader dei sindacati, da alcuni esponenti di primo piano della gauche. I quali puntano a cavalcare il movimento di protesta per destabilizzare Macron, già in difficoltà in ragione dell’assenza di maggioranza assoluta in Parlamento, imporre un blocco a oltranza e allargare il più possibile il fronte del malcontento.

 

“È il momento di rialzare la testa. Il blocco viene dal governo”, ha tuonato la neosegretaria nazionale dei Verdi francesi, Marine Tondelier, prima di aggiungere: “Non vogliamo soltanto difendere le nostre pensioni, ma anche la fine del macronismo”.

Fabien Roussel, lider maximo del Partito comunista francese, ha affermato che la mobilitazione ha radunato non solo “tutti quelli che non vogliono questa riforma delle pensioni, ma anche coloro che ne hanno abbastanza” delle politiche di Macron, chiedendo il ritiro del progetto di riforma e invocando “l’apertura di un dibattito pacifico e sereno nel paese, che verrà concluso da un referendum”.

Jean-Luc Mélenchon, guru della France insoumise, ossia il partito che guida la coalizione delle sinistre all’Assemblea nazionale, la Nupes, ha manifestato a Marsiglia. “Questa riforma non ha senso. Deve ritirare il progetto”, ha detto Mélenchon, avanzando un paragone con François Mitterrand: “È già accaduto nella storia della Francia. Il presidente Mitterrand aveva ritirato il suo progetto di riforma della scuola”.

  

Contro Macron sono intervenuti anche scrittori, artisti, intellò e i soliti habitué dell’indignazione, tra cui il premio Nobel per la letteratura 2022 Annie Ernaux, lo scrittore premio Goncourt 2018 Nicolas Mathieu, la giornalista ed ex première dame Valérie Trierweiler, e l’economista anti liberale Thomas Piketty. In un appello sulla rivista Politis, hanno scritto che “la riforma colpirà più duramente coloro che svolgono i lavori più difficili ed estenuanti, sia fisicamente che psicologicamente, e che hanno meno probabilità di godersi una pensione serena e immaginare un futuro dopo i 64 anni”.

 

Macron aveva già provato a riformare il sistema previdenziale nel 2019, prima di battere in ritirata dinanzi alle proteste di massa. Oggi, dopo la mediazione dei Républicains, il partito dei gollisti guidato da Éric Ciotti con cui l’inquilino dell’Eliseo spera di chiudere un accordo di maggioranza, il testo arrivato sui banchi dell’Assemblea nazionale è meno duro (originariamente, Macron prevedeva un aumento dell’età pensionabile ad almeno 65 anni), ma non abbastanza per i sindacati, la gauche e la maggioranza dei francesi (il 68 per cento è contrario).

 

Macron ha chiesto ai suoi ministri di essere “umili” e di “fare pedagogia”, perché questa riforma è indispensabile non solo per la stabilità del modello pensionistico francese ma anche per il successo del quinquennio.

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