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dilemmi

Ricollocamenti o blocco delle partenze dall’Africa. Meloni e il dilemma sui migranti

David Carretta

Presto il governo potrebbe trovarsi di fronte  a questa scelta. Se la premier dovesse scegliere la politica di Orbán, il cosiddetto “blocco navale”, il negoziato su un nuovo Patto su migrazione e asilo per superare il regolamento Dublino potrebbe essere compromesso, compresa la ridistribuzione nell’Ue di chi viene salvato in mare

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Bruxelles. Ricollocamenti di richiedenti asilo nel resto dell’Unione europea oppure blocco delle partenze dall’Africa compromettendo la riforma di Dublino? Il governo di Giorgia Meloni potrebbe trovarsi presto davanti al dilemma della linea da seguire nell’Ue, nel momento in cui lo scontro con la Francia sulla Ocean Viking ha riacceso le tensioni interne sulle migrazioni. Per ora Meloni persegue la stessa politica dei precedenti governi italiani, con richieste di più solidarietà, codici di condotta per le navi delle ong e aiuti massicci per l’Africa. Ma nel breve periodo non ci saranno risultati sostanziali, al massimo qualche concessione simbolica all’Italia. Se Meloni dovesse scegliere la politica di Viktor Orbán, che lei stessa ha sintetizzato con lo slogan del “blocco navale”, il negoziato su un nuovo Patto su migrazione e asilo per superare Dublino potrebbe essere compromesso, compresa la ridistribuzione nell’Ue dei migranti salvati in mare.

 

L’incidente della Ocean Viking, la reazione della Francia e le richieste dell’Italia saranno discussi oggi dagli ambasciatori dei ventisette stati membri. L’Ue non ha interesse ad alimentare lo scontro tra Parigi e Roma. L’intenzione è evitare il ripetersi di un nuovo caso Ocean Viking. “Nei prossimi dieci giorni non ci saranno navi di ong in mare. Dobbiamo sfruttare questo periodo per trovare delle soluzioni”, spiega al Foglio una fonte europea. La presidenza ceca dell’Ue è pronta a convocare un Consiglio straordinario. Oltre ai ministri dell’Interno potrebbero partecipare quelli degli Esteri. Ma una data non è stata ancora fissata, perché non c’è intesa sul formato (la Germania è contraria a una riunione con 54 ministri) e non c’è ancora un punto di caduta chiaro di un Consiglio straordinario. Nella riunione degli ambasciatori, l’Italia chiederà misure di breve e medio periodo. Il governo Meloni spera di ottenere un’accelerazione dei ricollocamenti di richiedenti asilo nell’ambito del meccanismo di solidarietà dell’Ue lanciato a giugno. Inoltre, vuole che l’Ue dia la sua benedizione al codice di condotta per le navi delle ong. Infine il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dato mandato di insistere su un piano per l’Africa per frenare le partenze grazie ad aiuti economici. L’Italia spera di ottenere dalla Commissione e dagli altri stati membri un accordo su un calendario di misure di breve e medio periodo.

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Le richieste del governo Meloni all’Ue sono sostanzialmente analoghe a quelle presentate dai successivi governi italiani dal 2015 in poi. Matteo Renzi ha proposto il “Migration compact” per aiutare l’Africa e chiesto i ricollocamenti dei richiedenti asilo. Sotto Paolo Gentiloni, Marco Minniti ha promosso il codice di condotta per le ong e stretto accordi con la Libia finanziati in parte dall’Ue per bloccare le partenze. Il governo Conte 1 ha tentato di paralizzare l’attività delle ong e di rilanciare i ricollocamenti, utilizzando la politica dei porti chiusi di Matteo Salvini come ricatto. Il governo Conte 2 ha cantato vittoria per l’accordo sui ricollocamenti di Malta, che nei fatti si è rivelato un fallimento. Mario Draghi ha chiesto impegni sulla “dimensione esterna” (aiuti all’Africa), mentre il suo ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, negoziava il nuovo Patto su migrazione e asilo. Il risultato più tangibile è stato il via libera al meccanismo di solidarietà dell’Ue, che prevede 8 mila ricollocamenti entro l’estate del 2023, ma che finora ha portato al trasferimento di appena 112 migranti in Germania e Francia. Diciannove stati membri dell’Ue e quattro paesi non-Ue dell’area Schengen hanno aderito per un anno. Se funzionerà e ci saranno progressi sugli altri provvedimenti del Patto, il meccanismo di solidarietà dovrebbe diventare permanente.

Il nuovo Patto su migrazione e asilo è un “grand bargain” tra i paesi di primo approdo e i paesi del nord: solidarietà in cambio di responsabilità. Per avere i ricollocamenti, i cosiddetti “5 Med” (Italia, Grecia, Spagna, Malta e Cipro) devono accettare misure per limitare i movimenti secondari. A giugno, per ottenere il meccanismo di solidarietà, i “5 Med” hanno acconsentito a una stretta sulla banca dati Eurodac e sugli accertamenti di migranti alle frontiere esterne. Ma con Meloni la linea dell’Italia potrebbe cambiare, andando nella direzione della chiusura totale dell’Europa promossa da Orbán. Il presidente del Consiglio mette l’accento sul dovere di “protezione delle frontiere” esterne e ritiene che i ricollocamenti costituiscano un  “pull factor” ossia un fattore di attrazione. “Se l’Italia smettesse di chiedere ricollocamenti, non ci sarebbe più ragione di negoziare un Patto con più solidarietà”, spiega al Foglio un diplomatico. Ma non per questo ci sarebbe meno responsabilità. “Esiste una maggioranza qualificata a favore di più responsabilità per bloccare i movimenti secondari dei migranti”, dice il diplomatico. Il nuovo Patto potrebbe diventare molto più duro per i paesi di primo ingresso.
 

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