Alle radici della leadership conservatrice
Il racconto della prima elezione che Johnson perse a Oxford, la fabbrica dell'élite
Il romanzo che racconta la formazione della leadership dei Tory inglesi, con il “tirapiedi” Gove, le domande sul sesso e la finzione centrista
Pubblichiamo un estratto di “Chums: How a Tiny Caste of Oxford Tories Took Over the UK”, di Simon Kuper, giornalista del Financial Times e scrittore. In questo suo ultimo libro – pubblicato a fine aprile nel Regno Unito per Profile Books – Kuper racconta la formazione della leadership conservatrice britannica all’Università di Oxford (anche Kuper ha frequentato Oxford, è arrivato quando Boris Johnson e David Cameron, entrambi premier inglesi, e Michael Gove, un altro esponente di spicco dei Tory, si erano appena laureati). E’ il racconto culturale, umano e politico dei politici che hanno governato e governano il Regno Unito degli anni duemila. In questo estratto, adattato per la pubblicazione, c’è il racconto della campagna di Boris Johnson per diventare presidente della Oxford Union, la prestigiosa associazione che ospita dibattiti tra gli studenti fondata nel 1832. Kuper scrive: “Probabilmente la ragione principale per cui Oxford ha prodotto così tanti premier nel Regno Unito è la Oxford Union”. Questi fatti risalgono al 1984-1985.
Boris Johnson era in corsa per la presidenza della Oxford Union contro Neil Sherlock, che proveniva da una grammar school. Quella elezione drammatizzò la lotta di classe dentro Oxford: “toff” contro “stain”, ricchi contro poveri. Sherlock, che poi sarebbe diventato un partner di Kpmg e PwC e per un breve periodo anche consigliere speciale dell’ex vicepremier liberaldemocratico Nick Clegg, era il primo della sua famiglia a frequentare questo ateneo. Racconta che quando arrivò a Oxford “non avevo mai visto un dibattito in vita mia. Non avevo mai visto nessuno in cravatta nera, figuriamoci in cravatta bianca”.
Johnson mobilitò le sue reti scolastiche (sembrava a corto di amici intimi), ma anche i circa 150 studenti provenienti da Eton presenti a Oxford all’epoca si rivelarono una base politica troppo esigua nella nuova Union più popolare.
La candidatura di Johnson soffriva anche del suo stesso conservatorismo. I conservatori erano certo la fazione più numerosa all’interno della Union, ma erano una minoranza nell’università nel suo complesso. La maggior parte dei professori di Oxford dell’epoca era contraria a Margaret Thatcher. Nel 1985 Oxford negò all’allora premier una laurea honoris causa per protestare contro i suoi tagli all’istruzione e alla ricerca: fu la dichiarazione politica più importante dell’università in quel decennio. Frank Luntz, uno studente americano che poi sarebbe diventato un consigliere e sondaggista di vari partiti conservatori, soprattutto dei repubblicani americani, ricorda che Oxford considerava la Thatcher “la persona vivente più cattiva sulla faccia della terra”. Lui stesso si sentiva socialmente escluso perché si era espresso pubblicamente a suo favore.
A quelle elezioni della Oxford Union, Sherlock sconfisse Johnson e disse anche di essere del tutto insoddisfatto del suo avversario: “Retorica, personalità, arguzia sono state impiegate in modo piuttosto casuale, al di là di ottenere una risata”.
L’intensità emotiva di un’elezione dell’Union è straordinaria: ci sono moltissimi tradimenti, i partecipanti sono nella fase più delicata della loro vita adulta e nessuno dorme molto. I candidati sono in corsa per la carica più prestigiosa che ognuno di loro abbia mai ricoperto in quel momento della propria vita, e molto probabilmente la più prestigiosa che il vincitore potrà mai ricoprire. Chi perde spesso scoppia in lacrime, sente che la sua stessa essenza è stata rifiutata, non solo le sue opinioni politiche.
La sconfitta di Johnson inferta da Sherlock lo ferì, ma allo stesso tempo lui ne trasse degli insegnamenti. “Fu molto probabilmente la sua maturazione come politico”, scrive la biografa di Johnson Sonia Purnell: “Gli insegnò l’inattaccabile verità che nessuno può avere veramente successo in politica se si affida del tutto e soltanto al proprio gruppo”.
Gli etoniani tendono ad avere sempre una seconda possibilità e un anno dopo la sua umiliazione, Johnson si candidò nuovamente alla presidenza della Oxford Union. Nel frattempo aveva assorbito un’altra verità: la personalità poteva avere la meglio sulla politica. La seconda volta, Johnson camuffò il suo conservatorismo presentandosi come un uomo divertente e non minaccioso – “centrista, socialdemocratico, caloroso e coccoloso”, riassume Sherlock. Johnson riuscì persino a stringere un’alleanza con uno scribacchino della Union del Ruskin College e a riunire il corpo studentesco, composto per lo più da sindacalisti adulti della classe operaia, attorno alla sua lista. John Evelyn, che teneva un diario su “Cherwell”, il settimanale fatto dagli studenti di Oxford, lodò beffardamente “la bomba bionda di Balliol”, un collegio di Oxford, definendola “la forza inarrestabile dei socialisti nella Union del Palazzo del popolo. Chi potrà impedire a questo leninista etoniano di imprimere la sua personale falce e martello su tutta la Oxford Union?”. Buttatosi in mezzo ai liberali e alla sinistra, Johnson imparò a prosperare prendendo in giro sé stesso. “Se la cavava pur essendo un Tory grazie alla sua simpatia”, dice sua sorella Rachel. Il presidente della Union non poteva fare politica nemmeno riguardo alla vita studentesca, e comunque Johnson non era molto interessato alla politica: per lui si trattava solo di un gioco di potere.
La seconda campagna presidenziale di Johnson fu più impegnativa. Luntz si guadagnò il suo primo stipendio da consulente, pari a 180 sterline, e condusse un sondaggio per Johnson in cui, come ricorda Luntz, quasi tutte le domande riguardavano le abitudini sessuali degli studenti. Oggi ricorda: “Mia madre era così imbarazzata perché era finito sul New York Times. Diceva: come osi fare queste domande alla gente?”. In realtà il sesso era solo una copertura, dice Luntz: “Sapevo che il tema sarebbe stato così controverso che nessuno avrebbe pensato: in realtà questo era un sondaggio fatto per una campagna politica”. Inserì due domande sulla Oxford Union che avevano lo scopo di individuare il candidato con cui Johnson avrebbe dovuto trovare un accordo per lo scambio di voti della seconda preferenza.
In questa seconda campagna, Johnson esercitò il suo fascino anche al di là della sua base. Michael Gove, matricola nel 1985, ha raccontato al biografo di Johnson, Andrew Gimson: “La prima volta che l’ho visto è stato al bar della Union. Sembrava un personaggio gentile e oxfordiano, ma in realtà era lì come un grande squalo che aspettava che le matricole nuotassero verso di lui”. Gove, che fece campagna per lui, ammette: “Ero il tirapiedi di Boris”. E poi: “Sono diventato un devoto del culto di Boris”.
Il personaggio di Johnson era il veicolo perfetto: in quel contesto, sembrava giusto e corretto che la più alta carica politica andasse all’etoniano più carismatico del suo tempo. Gli elettori si accomodarono nei posti naturali intorno a lui, e Johnson vinse la presidenza.
Mark Carnegie, l’avversario sconfitto di Johnson, rifletté in seguito: “Certo, è stato coinvolgente, ma questo tizio è un cazzo di assassino”. Era ciò che serviva. Come scrisse Toby Young, oggi giornalista e saggista, nella rivista della Union nel 1985: “Non importa quanto tu sia impopolare dentro all’establishment, quanto tu sia stupido, quanto piccolo sia il tuo college o quanto pretenziosa sia la tua vecchia scuola: se solo hai la pura volontà, puoi avere successo”. I tipi che avevano successo nella Union, spiegava Young, erano persone che “quando si confrontano con qualsiasi ambiente sociale percepiscono solo le condizioni gerarchiche che determinano lo status delle persone all’interno di esso; e non hanno modo di relazionarsi con altri individui se non come strumenti o come nemici”.
Il dono di Johnson si rivelò essere quello di saper conquistare una carica, ma poi di non farci nulla . Non fece infatti granché della sua presidenza, ricorda Tim Hames, un politico della Union dell’epoca: “Fu un disastro. Non era in grado di organizzare nulla nemmeno per salvarsi la vita. Non aveva alcun tipo di meccanismo di sostegno e si rese conto in seguito di averne bisogno”.
Una volta eletto, Johnson abbandonò anche il suo travestimento centrista. Quando il master di Balliol Anthony Kenny fu contattato da un deputato del Partito socialdemocratico che aveva bisogno di uno stagista, Kenny rispose: “Ho l’uomo che fa per voi. Brillante, spiritoso e con idee politiche adeguate. Ha appena terminato l’incarico di presidente della Union e si chiama Boris Johnson”. Quando Kenny parlò a Johnson della offerta di lavoro, lui scoppiò a ridere: “Master, non lo sa che sono un Tory incallito?”.
© "Chums: How a Tiny Caste of Oxford Tories Took Over the UK”,
di Simon Kuper,
pubblicato da Profile Books
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