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Per Putin le sanzioni europee non funzionano, ma chiede di toglierle

Federico Bosco

A causa delle sanzioni la Russia si prepara a una lunga recessione e a un declino strutturale. Ecco perché il Cremlino si è detto pronto a “sbloccare la crisi alimentare in cambio della revoca delle sanzioni”

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La Russia sta studiando una legge che consentirà allo stato di impadronirsi delle attività delle aziende occidentali che stanno lasciando il paese più sanzionato del mondo. Nelle ultime settimane molti grandi marchi hanno messo da parte l’ottimismo e ceduto le proprie attività locali a controparti russe, spesso a prezzi simbolici, perdendo il valore dei propri asset. Altri aspettano, come Ikea, Burger King, l’italiana UniCredit, l’austriaca Raiffeisen, e centinaia di aziende più piccole che ancora tengono in sospeso le attività in Russia. L’idea di molti operatori è che Vladimir Putin voglia in qualche modo tornare a una sorta di normalità dopo un accordo di pace, magari  in cambio della Crimea e del Donbass. Le sue parole però dicono tutt’altro.

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La Russia sta studiando una legge che consentirà allo stato di impadronirsi delle attività delle aziende occidentali che stanno lasciando il paese più sanzionato del mondo. Nelle ultime settimane molti grandi marchi hanno messo da parte l’ottimismo e ceduto le proprie attività locali a controparti russe, spesso a prezzi simbolici, perdendo il valore dei propri asset. Altri aspettano, come Ikea, Burger King, l’italiana UniCredit, l’austriaca Raiffeisen, e centinaia di aziende più piccole che ancora tengono in sospeso le attività in Russia. L’idea di molti operatori è che Vladimir Putin voglia in qualche modo tornare a una sorta di normalità dopo un accordo di pace, magari  in cambio della Crimea e del Donbass. Le sue parole però dicono tutt’altro.

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Durante una videoconferenza con i leader dei paesi ex-sovietici Putin ha detto di essere “contento” che le società straniere lascino la Russia perché così “le nostre imprese potranno prendere il loro posto”, sottolineando che i russi troveranno il modo di aggirare le sanzioni per acquisire tecnologia e beni di lusso, pur ammettendo che saranno più costosi visto che il sistema di cui ha parlato non è altro che un contrabbando all’iraniana attraverso triangolazioni con paesi terzi. Il presidente russo ha detto che i tentativi di isolare la Russia falliranno, che le economie occidentali sono alle prese con l’inflazione, l’interruzione delle supply-chain e una crisi alimentare globale (deliberatamente scatenata dall’assedio russo del golfo di Odessa); mentre il centro del potere mondiale si è spostato in Asia. Lo stesso Putin però si è in parte contraddetto, riconoscendo che le imprese russe “dovranno affrontare problemi nelle catene di approvvigionamento e nei trasporti, e ci saranno delle perdite”. 

 

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La realtà però è molto diversa da come la racconta il presidente russo. La disponibilità dei paesi terzi – a partire dai paesi ex sovietici dell’Asia centrale – a fare da piattaforma per aggirare le sanzioni è piuttosto limitata, mentre le partenze delle aziende occidentali hanno fatto arrabbiare i leader russi. L’ex presidente Dmitri Medvedev, ora vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, ha definito le aziende occidentali che se ne sono andate “i nemici che stanno cercando di limitare il nostro sviluppo e rovinare le nostre vite”. Dopo tre mesi di “operazione militare speciale”, infatti, la vita in Russia è cambiata. L’economia va male, e anche se la propaganda impone un racconto in cui non c’è la guerra e non c’è la crisi, le istituzioni devono spiegare ai russi che la crisi economica non ha niente a che fare con la guerra.

 

Secondo l’analisi del direttore del dipartimento di Ricerca e Previsione della Banca centrale russa Alexander Morozov pubblicata sul sito Econs e tradotta dal Foglio, a causa delle sanzioni la Russia si prepara a una lunga recessione e a un declino strutturale. Per quest’anno il ministero dello Sviluppo economico prevede un crollo del pil di almeno il 7,8 per cento con una diminuzione del reddito reale del 6,8 per cento. L’inflazione si è stabilizzata al 17,5 per cento permettendo alla banca centrale di tagliare nuovamente i tassi d’interesse (dal 14 all’11 per cento), con un rublo diventato forte grazie alla debolezza di un’economia chiusa che importa poco e niente, in cui i beni da consumare e quelli per produrre sono sempre più scarsi (e costosi), mentre l’esportazione di idrocarburi continua e fa schizzare in alto il surplus commerciale. 

 

Putin vuole portare avanti la sua idea di Russia, e nel farlo è disposto a perseguire un isolamento economico e culturale che porterà al declino verticale della qualità della vita dei russi. Le sanzioni però hanno superato ogni previsione di Mosca, mettendo a rischio la potenza del paese e ridimensionandone il ruolo nel mondo nel lungo periodo. Ecco perché il Cremlino ha voluto far sapere che, nel corso della loro telefonata, Putin ha detto a Mario Draghi di essere pronto a “sbloccare la crisi alimentare in cambio della revoca delle sanzioni”, dimostrando che la priorità della Russia è la revoca di quelle sanzioni che, sempre secondo il Cremlino, non stanno funzionando.

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