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amici di greggio

In Cina aumenta l’import di petrolio russo dopo la titubanza degli ultimi mesi

Francesco Dalmazio Casini

Sono le importazioni marittime a far alzare l’asticella. Oggi Pechino importa 1,1 milioni di barili al giorno, 300 mila in più rispetto al 2021

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Sembra che l’orso e il dragone siano tornati ad intendersi sulla cooperazione energetica dopo alcuni mesi di tentennamenti. Secondo i dati pubblicati da Reuters questo mese la Cina importerà via mare circa 1,1 milioni di barili di petrolio al giorno dalla Federazione russa. Un rialzo di circa il 25 per cento rispetto ai mesi successivi all'invasione russa. Rispetto all'anno scorso l'aumento si avvicina ai 300 mila barili di petrolio giornalieri.

 

Di mezzo ci sono sicuramente i prezzi di favore che Mosca sta applicando al greggio da esportare. Oggi la Russia vende il suo petrolio a circa 29 dollari in meno rispetto al prezzo pre-invasione e su alcuni carichi le riduzioni rispetto al benchmark di Dubai toccano anche i 20 dollari al barile. Un prezzo che la Russia si può permettere grazie a un breakeven point molto basso (il prezzo a cui diventa sconveniente vendere petrolio), che è anche sintomatico della necessità di indirizzare altrove l’export che gli occidentali hanno già tagliato o sono in procinto di tagliare.

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Sono due grandi compagnie cinesi a essere responsabili di buona parte di questo surplus. Unipec, controllata del gigante energetico Sinopec, e Zhenuhua Oil, legata al comparto militare-industriale di Pechino. Il coinvolgimento diretto di due player di proprietà statale è un segnale che l'aumento delle importazioni riflette la volontà della dirigenza comunista. Inversione di tendenza rispetto ai primi giorni della guerra in Ucraina, quando le società energetiche cinesi erano state molto caute nella cooperazione con la Russia. Il cambio di passo è avvenuto nelle ultime settimane. Confrontando i soli dati del mese di aprile la variazione anno su anno sarebbe stata di appena il quattro per cento.

 

A inizio aprile colossi come Sinopec, Cnooc, PetroChina e Sinochem ancora non avevano annunciato il destino delle forniture per il mese di maggio. Il 25 marzo Sinopec aveva addirittura congelato un investimento da 500 milioni di dollari nel settore del gas in Russia. La paura delle sanzioni e di passare per complici di Putin aveva fatto la sua parte, ma la titubanza iniziale potrebbe essere stata anche uno strumento per spingere la Russia a proporre prezzi di favore – come poi è avvenuto stando ai dati di Reuters.

 

Al petrolio che arriva via mare c’è da aggiungersi quello che passa via condotta, circa 800 mila barili, per un totale di quasi due milioni totali al giorno. Cifra che si avvicina a quella che la Cina compra dall’Arabia Saudita, quasi 2,2 milioni di barili ad aprile(40 per cento in più del 2021). Al contrario crolla l’import da Iran e Venezuela, che tocca quasi quota zero. Anche sul fronte del gas naturale liquefatto i legami con Mosca sembrano solidi: i dati di aprile mostrano un balzo dell’80 per cento anno su anno, con quasi 700 milioni di metri cubi di importazioni in un mese.

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