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Zelensky vuole cedere la Crimea e la Nato glielo impedisce. Ma solo in Italia

Luciano Capone

Quando la narrazione della "guerra per procura" e degli Stati Uniti che vogliono prolungare la guerra diventa così pervasiva l'informazione finisce per deformare la realtà, fino a capovolgerla. Storia di una polemica inventata in un solo paese

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Per un intero fine settimana l’Italia ha vissuto in un mondo parallelo in cui il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky si è detto disponibile a cedere la Crimea e il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg avrebbe reagito dicendo che mai la Nato avrebbe accettato l’annessione della Crimea alla Russia. Mentre il resto del mondo ignorava questi importanti sviluppi sulla guerra in Ucraina, in Italia quasi tutti i media – con qualche eccezione che, come spesso accade, viene schiacciata dalla confusione – hanno titolato e dato ampio spazio alla “Nato contro Zelensky”, alla “Nato più dura dell’Ucraina sulla Crimea”. Qualcuno ha ecceduto con la creatività, chiamiamola così, attribuendo a Stoltenberg parole completamente inventate. “Nato contro Zelensky: ‘La Crimea è nostra’” è stato il titolo in prima pagina del Fatto quotidiano, corredato da un fotomontaggio che raffigura il presidente ucraino imbavagliato e ostaggio di Stoltenberg e Biden. E ancora: “Stoltenberg zittisce Kiev: ‘Nessun compromesso sulla penisola’”, scrive il Fatto.

 

Questa vicenda è stata per giorni al centro del dibattito pubblico: se n’è discusso nei talk show, sui giornali, ha scatenato allarmati interventi di commentatori e generali contro l’escalation di Stoltenberg e le ingerenze della Nato nelle decisioni dell’Ucraina. A un certo punto è intervenuto persino il governo, con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che ha commentato positivamente: “Zelensky ha fatto un’apertura importantissima: ha detto che è disposto a considerare la Crimea fuori dall’accordo di pace. Queste sono aperture importanti, Putin deve dimostrare di voler venire al tavolo”. Nel frattempo, basta guardare i siti dei principali quotidiani internazionali, nel resto del mondo non se ne parlava. L’Italia stava raccontando una guerra diversa, che non esisteva nella realtà, in cui la Nato si scontrava sull’Ucraina sui termini della pace con Putin. E questo non per l’errata interpretazione di una dichiarazione. Ma per l’invenzione di due: Zelensky non ha mai aperto alla cessione della Crimea e Stoltenberg non l’ha contraddetto.

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Venerdì 6 maggio, intervistato dalla Chatham House sui possibili termini per la pace, Zelensky ha risposto che “la condizione minima” per parlare di accordo è ritornare alla situazione del 23 febbraio: “I russi devono rientrare lungo le linee di contatto e ritirare le loro truppe. Solo in quel caso ritorneremo a discutere di pace normalmente”, senza fare alcun riferimento alla cessione della Crimea. D’altronde nel suo discorso di ieri per celebrare la vittoria della seconda guerra mondiale, Zelensky ha citato tra le città liberate dai nazisti anche, e non a caso, quelle occupate ora dai russi incluse “Yalta, Simferopoli, Cherc e l’intera Crimea”. Allo stesso modo, il giorno successivo, sabato 7 maggio, nell’intervista al giornale tedesco Welt Stoltenberg non ha mai detto che la Nato non accetterebbe una cessione della Crimea anche se l’Ucraina fosse disponibile. Ma l’opposto. “I membri della Nato non accetteranno mai l’annessione illegale della Crimea”, ha detto il Segretario generale della Nato ribadendo la storica posizione della comunità internazionale, dove evidentemente l’aggettivo “illegale” descrive proprio l’occupazione russa contro la volontà ucraina. Aggiungendo, subito dopo, che “in ultima analisi la decisione su come disegnare la pace spetta al governo e al popolo sovrano dell’Ucraina. Questo non lo possiamo decidere noi”. L’esatto contrario di quanto attribuitogli.

 

Ma com’è stato possibile che un’informazione libera integrata con quella del resto del mondo abbia fatto vivere il proprio paese in un mondo parallelo? Dietro questa grande operazione di disinformatja non ci sono i servizi russi né i propagandisti del Cremlino invitati nei talk show né le fabbriche di troll di San Pietroburgo. E’ stato un inside job, per giunta del tutto involontario. In Italia la narrazione della “guerra per procura” per conto degli Stati Uniti, delle responsabilità della Nato e della volontà di Biden di estendere il conflitto è diventata talmente pervasiva, e il desiderio di trovare conferme di questa narrazione talmente forte, da far deformare la realtà fino a capovolgerla. Il timore è che questo episodio non servirà a molto. Con la stessa leggerezza, a ogni dichiarazione, si continuerà a pensare che il principale ostacolo alla pace non sono le bombe di Putin ma i toni di Biden o Stoltenberg,

 

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