L’intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 5 aprile (Spencer Platt/Getty Images) 

L'Onu, il gigante immobile

Stefano Cingolani

Costi, burocrazia e fallimenti delle Nazioni Unite. Cosa non torna nel potere della Russia in Consiglio di sicurezza

Mai più. Così si disse. Mai più conflitti mondiali. Mai più una tribuna pomposa, inutile, disarmata come la Società delle nazioni: nata alla fine della Grande guerra, assistette impotente al nascere di una guerra ancora più grande e sanguinosa. Mai più. O sta accadendo ancora? Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, dopo i proclami di Vladimir Putin, dopo il silenzio dell’Onu, l’organizzazione creata per far dimenticare “la vergogna delle nazioni”, la domanda è sulla bocca di tutti, delle anime kantiane che continuano a credere nella pace universale cosmopolita e degli autocrati delle steppe pronti a creare un deserto e chiamarlo pace. Il Palazzo di vetro che domina l’East River a Manhattan, quel monumento del razionalismo progettato da due monumenti dell’architettura come Oscar Niemeyer e Le Corbusier, è vuoto o meglio è pieno di voci chiocce, di chiacchiere inconsistenti, il brusio dei diplocrati, i burocrati di una impotente diplomazia. E’ davvero così? L’Onu che nessuno vuole e tutti invocano è solo una macina di soldi e privilegi?

 

Fino ad ora, tre sono state le accuse principali: l’organismo non è servito a garantire stabilità e sicurezza, costa troppo, è diventato palestra politica e mucca da mungere per le peggiori satrapie. Oggi se ne aggiunge un’altra dopo che la Russia, membro permanente del consiglio di sicurezza e titolare del potere di veto, ha invaso un paese indipendente, spalleggiata dalla Cina, anch’essa membro permanente con diritto di veto. Due delle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale e in quanto tali madri delle Nazioni Unite, tengono in scacco le altre tre (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia) rischiando di provocare un’altra catastrofe. C’è del metodo in questa follia? Ha ancora senso mantenere una istituzione che sembra destinata a seguire la fine disastrosa della sua antenata? Per capirlo occorre compiere un lungo viaggio, troppo lungo per un singolo articolo. La storia dell’Onu è storia di un mondo che ha evitato un nuovo scontro totale combattendo tante guerre locali e accettando l’equilibrio del terrore nucleare. Poteva fare altrimenti? Leggendo la Carta delle Nazioni Unite la risposta è sì, ma la storia non si fa sulla carta. 

 

La storia dell’Onu è storia di un mondo che ha evitato un nuovo scontro totale combattendo tante guerre locali e accettando il terrore nucleare

 

Il 25 aprile 1945, i rappresentanti di 51 governi s’incontrarono a San Francisco per redigere quella Carta approvata esattamente due mesi dopo ed entrata in vigore il 24 ottobre successivo. Promotori furono gli Stati Uniti o meglio il presidente Franklin Delano Roosevelt, che già il 29 dicembre 1941 aveva reso pubblica una Dichiarazione dei paesi alleati contro l’asse Roma-Berlino-Tokyo. A Capodanno del 1942 Roosevelt, il primo ministro britannico Winston Churchill, Maksim Litvinov per l’Unione sovietica e Soong Tse-ven per la Cina, firmarono il testo che ricevette poi il sostegno di altre 22 paesi, “convinti che la piena vittoria sui loro nemici è essenziale per difendere la vita, la libertà, l’indipendenza e la libertà religiosa, e di preservare i diritti umani e la giustizia nelle proprie e nelle altre nazioni, e che essi sono ora impegnati in una lotta comune contro la barbarie e la brutalità delle forze che cercano di soggiogare il mondo”. Nella Carta i firmatari s’impegnano “a praticare la tolleranza e a vivere in pace l’uno con l’altro in rapporti di buon vicinato, a unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ad assicurare, mediante l’accettazione di princìpi e l’istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata, salvo che nell’interesse comune, ad impiegare strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli”. Gli obiettivi, dunque, includono fin dall’inizio il primato dei valori fondamentali, non c’è nessuna equidistanza tra autocrazie e regimi democratici. E’ opportuno ricordarlo ora che ignoranza e malafede proclamano il contrario su ogni mezzo di informazione di massa. Per raggiungere questi scopi vengono istituiti sei organismi principali: l’Assemblea generale, il Consiglio di sicurezza, il Consiglio economico e sociale, il Consiglio di amministrazione fiduciaria, la Corte internazionale di giustizia e il segretariato delle Nazioni Unite.

 


L’Assemblea è composta dai rappresentanti di tutti gli stati membri. Quando decide su questioni importanti, come il mantenimento della pace e della sicurezza, l’ammissione di nuovi membri e il bilancio, è richiesta la maggioranza dei due terzi dei presenti, mentre tutti gli altri argomenti sono decisi a maggioranza semplice. Se il consiglio di sicurezza non è in grado di agire, l’assemblea può sostituirlo. Ogni paese ha il diritto a cinque rappresentanti, ma dispone di un solo voto. Secondo la Carta di San Francisco, non può deliberare l’uso della forza, ma solo segnalare e raccomandare a meno che il Consiglio di sicurezza non resti inerte e paralizzato. Il segretario generale viene definito “responsabile amministrativo”, tuttavia ha il potere di portare all’attenzione dell’assemblea qualsiasi questione importante. Oggi quel ruolo è interpretato dal socialista portoghese António Guterres, ex primo ministro e alto commissario per i rifugiati, che l’anno scorso ha ottenuto un secondo mandato, nonostante non abbia dato grandi prove e come capo della Unhcr dal 2005 al 2015 abbia assistito ai conflitti in Siria, Yemen, Sudan, nella Repubblica centrafricana. In quei dieci anni i rifugiati sono passati da 38 a 60 milioni, non per colpa di Guterres, ma dell’impotenza di fronte a un mondo in frantumi. 

 

 la Russia è azionista marginale sul piano economico, ma azionista imperioso sul piano politico e militare. Un’anomalia fondamentale

 
Il sistema delle Nazioni Unite comprende diciassette agenzie specializzate, quattordici fondi e un segretariato con diciassette dipartimenti che impiegano 65 mila persone. Tra le agenzie principali la Banca mondiale, l’Organizzazione mondiale della sanità, il Programma alimentare mondiale, l’Unesco e l’Unicef. Organizzazioni non governative possono ottenere lo status consultivo, come Ecosoc e altre agenzie per partecipare ai lavori delle Nazioni Unite. L’organizzazione è finanziata da contributi volontari e valutati dai suoi stati membri. I costi eccessivi sono diventati un leitmotiv molto popolare. Il bilancio ordinario riguarda le spese di esercizio per il personale e per il programma: per il 2022 il budget ammonta a 3,12 miliardi di dollari statunitensi. Ci sono poi le 12 operazioni di peace keeping che impiegano oggi 87.500 persone. Il budget globale per il periodo compreso tra luglio 2021 e giugno 2022 è di 6,38 miliardi di dollari. Per i tribunali dell’Onu sono stati stanziati 70,3 milioni, tra questi la Corte penale dell’Aja con 1.200 dipendenti. Arriviamo così a 10 miliardi, 200 milioni e 300 mila dollari. Inoltre gli stati membri versano i contributi obbligatori direttamente alle agenzie specializzate. I budget sono separati da quelli dell’Assemblea generale e negoziati da ogni governo ogni due anni. I contributi volontari sono la seconda fonte di reddito in ordine d’importanza e servono soprattutto per i fondi e i programmi (come l’Acnur, il Pnur e l’Unicef). Possono essere versamenti regolari basati su un mandato di pagamento, oppure somme legate a progetti specifici.

 
Solo nove paesi (Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Spagna e Cina) contribuiscono per il 75 per cento al budget totale in rapporto alla grandezza delle loro economie. Gli Stati Uniti pagano il 22 per cento, seguiti da Cina con il 12, Giappone con 8,5, Germania con il 6, Regno Unito con il 4,5 per cento; Francia con il 4,4, Italia con il 3,3 (si tratta di 747,590 milioni versati ogni anno per l’intera attività dell’Onu), Brasile 2,9, Canada 2,7, Russia 2,4. Salta agli occhi che la Russia si trovi al decimo posto tra i contribuenti, ciononostante ha un potere soverchiante rispetto a Giappone, Germania, Italia, Brasile; è azionista marginale sul piano economico, azionista imperioso sul piano politico e militare. Un’anomalia fondamentale più volte sottolineata soprattutto dai paesi che hanno invano proposto una riforma e un allargamento del Consiglio di sicurezza, tra essi l’Italia che ha condotto una lunga battaglia diplomatica negli anni 90.

 

La spesa annua delle Nazioni Unite oggi è quaranta volte superiore ai primi anni Cinquanta, ma l’Onu non è quaranta volte più efficace

  
I costi del personale rappresentano due terzi o più delle uscite. Il direttore associato di un ufficio delle Nazioni Unite guadagna 143 mila dollari all’anno, 65 mila dollari di benefit e il rimborso di una parte dei viaggi per tornare nel paese di origine e per l’istruzione dei figli. Ma non è tanto la consistenza del bilancio a fare scandalo, né le sperequazioni, quel che davvero suscita irritazione è la sua produttività: la spesa annua delle Nazioni Unite oggi è quaranta volte superiore ai primi anni Cinquanta, ma l’Onu non è quaranta volte più efficace. Alcuni organismi hanno svolto un ruolo importante, per esempio la Fao che ha dato slancio alla rivoluzione verde grazie alla quale l’India e molti altri paesi sono usciti dalla fame. Oggi però ha bisogno di un profondo ripensamento, non si tratta più di assicurare a tutti una ciotola di riso, ma di coltivarlo in modo sostenibile. Anche l’Unicef mostra un bilancio di tutto rispetto e ha una funzione ancor più essenziale con il moltiplicarsi delle crisi e delle guerre. I bambini di Bucha e Mariupol gridano giustizia e lacerano i cuori di chi ancora mantiene almeno un briciolo di umanità. Nel corso dei suoi 72 anni di vita l’Onu è stata determinante nel favorire la fine del colonialismo nel ventennio 1950-1960 e l’uscita dalla trappola del sottosviluppo, tuttavia è stata sempre più penetrata e conquistata dai paesi di quello che veniva chiamato Terzo Mondo, aumentando via via le proprie contraddizioni interne. Un esempio evidente riguarda la Palestina. L’Onu ha riconosciuto lo stato d’Israele nel 1947 contro la Gran Bretagna protettrice degli arabi, i quali nel corso degli anni si sono presi in un certo senso la loro vendetta. Sostenuti dall’Unione sovietica e ora dalla Russia, hanno messo sul banco degli accusati l’unico stato democratico del medio oriente. 
La Guerra fredda ha congelato qualsiasi ruolo dell’Onu in Europa, a tutto vantaggio di Mosca, basti pensare all’invasione dell’Ungheria nel 1956, della Cecoslovacchia nel 1968, dell’Afghanistan nel 1979, dell’Ucraina oggi (senza dimenticare Cecenia, Georgia, e soprattutto Siria). Gli Stati Uniti hanno spesso cercato e talvolta ottenuto la legittimazione delle Nazioni Unite per interventi militari come in Kosovo, Kuwait, Iraq, Afghanistan. La Russia per lo più ha usato la tribuna del Palazzo di vetro per far propaganda e imporre il proprio veto, dalla scarpa sbattuta sul leggio da Nikita Kruscev nel 1960 al discorso di Vladimir Putin del 2015 per il settantesimo anniversario dell’Onu nel quale Zar Vlad ha attaccato l’espansione della Nato, il “colpo di stato militare” in Ucraina, denunciando il predominio degli americani, la “esportazione della cosiddetta democrazia” che avrebbe minato il collasso delle istituzioni internazionali, le sanzioni usate per ottenere il predominio economico. “Non possiamo più tollerare questa situazione nel mondo”, parole come pietre, un vero manifesto contro la missione originaria delle Nazioni Unite.

 
Dalla guerra in Corea nel 1950 alla ribellione del Katanga nel 1966  (durante il suo viaggio per incontrare il leader ribelle Moise Tshombe, morì per un incidente aereo rimasto a lungo sospetto il diplomatico svedese Dag Hammarskjöld, considerato uno dei segretari generali più efficienti) sono innumerevoli le crisi che hanno scosso l’Onu modificando anche i suoi equilibri interni. Il 25 ottobre 1971 ,con l’opposizione degli Usa, la Repubblica popolare cinese ricevette il seggio cinese nel Consiglio di sicurezza al posto della Repubblica di Cina nota come Taiwan. Fu il primo successo delle nazioni del Terzo Mondo organizzate nel G77, una coalizione sotto la guida dell’Algeria che divenne per breve tempo una potenza dominante alle Nazioni Unite. La risoluzione 3379 dell’Assemblea generale, approvata il 10 novembre 1975 da un blocco comprendente l’Urss e alcuni paesi in via di sviluppo (con la strenua opposizione statunitense e israeliana), dichiarò il sionismo come una forma di razzismo; la risoluzione venne abrogata il 16 dicembre 1991, poco dopo la fine della Guerra fredda. 

  

La vergogna dei caschi blu che chiusero gli occhi a Srebrenica. Sembrava un punto di non ritorno, era solo una spaventosa premonizione

   
La caduta del Muro di Berlino nel 1989 sembrava aprire una nuova era di pace e stabilità, ma appena due anni dopo scoppiò la prima guerra in Europa con la disgregazione della Jugoslavia. Mentre precipitavano una serie di altre crisi ad Haiti, in Mozambico, in Somalia, dove sia gli Stati Uniti sia l’Onu hanno subito sconfitte e drammatici fallimenti. Nel 1994, la missione di assistenza per il Ruanda non è intervenuta in occasione del genocidio che si stava verificando a causa dell’indecisione del Consiglio di sicurezza. L’anno successivo in Bosnia abbiamo assistito all’infamante vergogna dei caschi blu olandesi che chiusero gli occhi davanti ai massacri di Srebrenica. Sembrava si fosse raggiunto il punto di non ritorno, ma era solo una spaventosa premonizione. L’intervento della Corte di giustizia dell’Aja con la condanna di Ratko Mladic all’ergastolo, di Radovan Karadžic a 40 anni e il processo a Slobodan Miloševic (morto prima della conclusione) ha voluto segnare una svolta offrendo un esempio per la giustizia internazionale. Un altro messaggio è la sospensione della Russia dal Consiglio per i diritti umani approvato con una maggioranza di due terzi (193 membri), l’opposizione di 24 nazioni tra le quali oltre alla Russia Cina, Cuba, Corea del Nord, Iran, Siria, Vietnam, i paesi alleati dell’Unione sovietica e 93 astenuti guidati da India, Brasile, Sudafrica, Messico, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Qatar, Kuwait, Iraq, Pakistan, Singapore, Tailandia, Malesia, Indonesia e Cambogia. L’esito del voto, come si vede, sembra una riedizione della guerra fredda con Stati Uniti e alleati da una parte, stati comunisti (o ex) dall’altra, Terzo Mondo nel mezzo. La novità, e non da poco, riguarda l’Europa: senza più cortina di ferro il confine dell’occidente arriva naturalmente oltre il Dnepr, che Erodoto ha chiamato Nipro, e dalla Russia attraversa prima la Bielorussia poi l’Ucraina per gettarsi nel Mar Nero. Se il profetico sogno di Charles de Gaulle non s’avvera, se tra l’Atlantico e gli Urali s’erge ancora una barriera, la colpa ricade su Vladimir Putin e l’Onu resta a guardare.