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un quarto d'embargo

Si rompe il tabù energetico sulle sanzioni dell’Ue ma solo per il carbone. Le altre misure

David Carretta

Il blocco europeo di navi e tir russi può colpire anche il settore petrolifero. Ma per ora i calcoli sulle ripercussioni economiche per l’Ue hanno prevalso sull’urgenza di privare Putin dei finanziamenti per la sua guerra

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Strasburgo – Passata l’indignazione immediata per le immagini di Bucha, l’Unione europea martedì ha fatto un passo indietro sulle nuove sanzioni contro la Russia di Vladimir Putin. La Commissione di Ursula von der Leyen ha presentato il quinto pacchetto di misure restrittive dall’inizio della guerra in Ucraina e, contrariamente alle aspettative della vigilia, il petrolio è stato escluso dai settori da sottoporre a embargo.

  

La principale novità è un divieto di importazione di carbone dalla Russia che, secondo la stima di von der Leyen, “vale 4 miliardi di euro l’anno”. Nei trasporti, l’Ue imporrà un divieto di accesso per navi e tir russi ai suoi porti e alle sue strade. Ci saranno nuove restrizioni alle importazioni di legno, cemento, frutti di mare, vodka e altri prodotti legati agli oligarchi per un valore di 5,5 miliardi di euro. L’Ue smetterà di esportare tecnologie e macchinari per 10 miliardi di euro in settori in cui la Russia è vulnerabile. Le imprese russe non potranno partecipare ad appalti pubblici negli stati membri. Nel settore finanziario, quattro banche già escluse dal sistema di pagamenti internazionali Swift – tra cui Vtb, la seconda del paese – non potranno più effettuare transazioni nell’Ue. Un primo via libera dovrebbe arrivare oggi dagli ambasciatori dei 27. Il quinto pacchetto è “una chiara posizione contro la guerra scelta da Putin, una chiara posizione contro il massacro di civili e una chiara posizione contro la violazione dei princìpi fondamentali dell’ordine mondiale. Slava Ukraini”, ha detto von der Leyen.

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Ma l’Ucraina si aspettava di più. “Per evitare nuove Bucha imponete la madre di tutte le sanzioni: smettete di comprare petrolio, gas e carbone della Russia. Smettete di finanziare la macchina da guerra di Putin”, ha detto il suo ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba.

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Alcuni osservatori europei hanno salutato il cambio di passo dell’Ue. Almeno il tabù del settore energetico è stato violato. Von der Leyen, inoltre, ha annunciato che l’Ue sta “lavorando a sanzioni addizionali, compreso sulle importazioni di petrolio” ed evocato le idee di alcuni stati membri su “conti bloccati”, che potrebbero servire da base per prendere di mira le risorse russe del gas, senza arrivare a un taglio delle forniture. Le misure contro le navi e i tir russi in teoria potrebbero colpire indirettamente anche il petrolio e i prodotti raffinati.

  

Ma, guardando più da vicino anche al quinto pacchetto di sanzioni, si scopre che i calcoli sulle ripercussioni economiche per l’Ue hanno prevalso sull’urgenza di privare Putin dei finanziamenti per la sua guerra. Sul carbone, i contratti esistenti dovrebbero restare in vigore, riducendo in modo consistente l’impatto dell’embargo sulle finanze russe. Per le navi russe sono previste esenzioni non solo per aiuti umanitari e prodotti agricoli e alimentari, ma anche per l’energia (le petroliere russe continueranno ad attraccare). Dalle sanzioni finanziarie rimangono escluse le due banche – Sberbank e Gazprombank – che servono a effettuare i pagamenti sulle forniture energetiche. I veti di Viktor Orbán e la paura di Germania e Austria di cadere in recessione, per il momento, rappresentano un ostacolo insormontabile all’embargo energetico. Nemmeno Emmanuel Macron, che lunedì si era esposto pubblicamente sul petrolio, è riuscito a superare le resistenza di Berlino. Dopo una discussione tra i ministri delle Finanze all’Ecofin, il francese Bruno Le Maire ha spiegato che tra i 27 “c’è volontà di includere nelle sanzioni il settore dell’energia”, ma resta “da definire” in quali “proporzioni” e secondo quale “calendario”. Dietro all’espressione “da definire” si nascondono tutte le divisioni interne all’Ue.
 

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