Mosca fa strage nelle aree russofone

Cecilia Sala

La svolta ceceno-siriana di Putin. La Russia non può impantanarsi nel sud-est ucraino. Rivolta a Kherson

Kyiv – Quattordicesimo giorno dall’inizio dell’invasione: la città di Kherson è il primo capoluogo di una regione ucraina a essere caduto in mano russa. Gli abitanti si radunano nella piazza principale, hanno le bandiere gialle e azzurre legate intorno alle spalle e aggrediscono i soldati che presidiano il centro. I russi iniziano a sparare in aria per disperdere la folla e perché hanno paura che, se restano fermi, saranno linciati. Gli abitanti non si spaventano per i colpi a vuoto e continuano a urlargli contro e a spintonarli. Kherson è l’unica grande città (quasi trecentomila abitanti) conquistata, e questo primo successo assomiglia già a un disastro

     
Siamo nel sud-est del paese, in uno snodo strategico che permette di collegare il territorio russo alla Crimea e serve come retrovia per preparare l’assedio di Odessa. E’ strategico anche per la propaganda di Vladimir Putin: queste sono le terre ucraine russofone sulle quali si è costruito il mito dei cittadini oppressi dal governo “nazista” e su di loro, nel momento dell’invasione, i russi pensavano di poter contare: li avrebbero accolti come liberatori. Lo dicevano le previsioni dell’intelligence di Mosca (forse si sono spinte tanto lontano dalla realtà per non scontentare il capo), ne erano sicuri i soldati che ieri mattina hanno rischiato il linciaggio e che passeranno le prossime notti a immaginare gli agguati e le trappole della resistenza locale.

   

  

La città di Kherson si è rivelata così ostile che i russi – pur di avere qualche minuto di girato da mandare in onda sulla tv di stato mentre la voce fuori campo dà la notizia della conquista – hanno dovuto organizzare una messa in scena orwelliana: prendere un po’ di abitanti dalla Crimea e spostarli temporaneamente a Kherson, chiedere loro di sventolare la bandiera della Federazione e di festeggiare l’arrivo delle truppe di Mosca a favore di camera. “Penso che Putin sia arrabbiato e frustrato in questo momento. Che probabilmente raddoppierà (la violenza, non gli uomini e i mezzi) e non si farà alcuno scrupolo per quanto riguarda le vittime civili”, ha detto il capo della Cia, William Burns. 

   
Anche la Difesa ucraina ha gli stessi timori, ieri mattina nel report quotidiano c’era la previsione che gli attacchi russi contro i civili si sarebbero intensificati adesso che si passa dall’accerchiamento delle città all’ingresso e alla conquista. 

    
Quattro ore dopo la pubblicazione del report un raid aereo ha colpito l’ospedale pediatrico della città assediata di Mariupol. Sempre nell’est del paese il centro di Izyum è stato raso al suolo e anche a Severodonetsk i bombardamenti indiscriminati sulle case sono continuati. L’avanzata della Russia ha preso di mira i centri abitati e – ancora secondo l’intelligence americana – si tratta di una tendenza destinata a peggiorare. Significa che lo schema ucraino assomiglierà sempre di più a quello già visto in Cecenia e in Siria. Quest’ultimo paragone gli ufficiali qui lo fanno da giorni, perché hanno interrogato i piloti russi catturati e sono uomini che venivano ricevuti da Bashar el Assad e che per lui hanno già fatto pratica con i bombardamenti a tappeto nelle città. E poi perché gli americani li hanno informati che a Deir Ezzor, in Siria, i russi hanno pubblicato un annuncio in cui offrono centinaia di dollari ai locali che si presentano per andare a combattere con loro in Ucraina. Alcuni di questi siriani sarebbero già arrivati a Mosca.

   
Se la guerra lampo di Putin non ha funzionato, adesso il piano B – la nuova strategia russa – si divide in due e la divisione segue grosso modo il percorso del fiume Dnipro. A est del fiume non si può rimanere impantanati, bisogna essere pronti a tutto pur di portare a casa i risultati, anche a bombardare un ospedale pediatrico. Non si può tollerare che gli ucraini russofoni che nelle illusioni di Mosca avrebbero dovuto accogliere a braccia aperte l’invasore continuino a creare problemi, ed è proprio nei confronti della popolazione russofona dell’est che si stanno perpetrando i peggiori massacri. A ovest del fiume, e in particolare per quanto riguarda la capitale, la strategia è quella opposta: l’accerchiamento per poi tagliare i rifornimenti alla città, logorarla e costringerla a trattare.
 

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