Erdogan prova a fare il giocoliere tra Putin e Biden. Ma Mosca si fida poco

Mariano Giustino

In difficoltà sul fronte interno, coi consensi in calo, il leader turco tenta di guadagnare spazio nel risiko diplomatico e si mette in contatto diretto col Cremlino. Ma la fornitura di armi all'Ucraina da parte di Ankara costituisce un problema rilevante

“Tutti insieme dobbiamo arrivare alla pace”, ha detto Recep Tayyip Erdoğan al termine del colloquio telefonico durato circa un’ora avuto con il leader russo Vladimir Putin, nell’undicesimo giorno di assedio russo delle maggiori città ucraine. “Occorre adottare misure urgenti per raggiungere il cessate il fuoco”, ha aggiunto il leader turco. Putin, secondo i media russi, avrebbe rassicurato Erdoğan circa il fatto che Mosca sta facendo di tutto per salvare la vita e la sicurezza degli ucraini e che è pronta a sospendere "l'operazione di difesa del Donbass" soltanto se l'Ucraina fermerà i combattimenti e accetterà le richieste russe.

La Turchia sta intensificando il suo attivismo diplomatico per contribuire al raggiungimento di una tregua duratura. “Vogliamo essere mediatori di pace”, ripete da settimane, insistentemente, Erdoğan. Che non perde la speranza di riuscire ad ospitare a Istanbul i negoziati tra Russia e Ucraina offrendosi come grande mediatore. Il leader turco è in continuo contatto con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy con il quale ha anche un rapporto di amicizia. Sul suo account Twitter, Zelensky, ha espresso la propria gratitudine alla Turchia per il suo costante sostegno.

Intanto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha accolto con favore l’invito del suo omologo turco Mevlüt Çavuşoğlu a partecipare al secondo Forum diplomatico di Antalya che si terrà venerdì 11 marzo. L'ex vice ministro degli Esteri russo e rappresentante permanente di Mosca presso l'Ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra, Gennady Gatilov, ha detto che sarebbe un’ottima cosa riuscire ad organizzare un incontro tra Lavrov e il ministro degli Esteri ucraino, Dimitro Kuleba, all’imminente forum di Antalya.

Il presidente turco, in seria difficoltà in patria per la grave crisi finanziaria-valutaria che gli sta facendo perdere sempre più consensi, appare isolato a livello internazionale per la sua spregiudicata politica estera assertiva e cerca di tornare sotto i riflettori della scena internazionale e di sfruttare il suo rapporto con i suoi omologhi ucraini e russi come potenziale mediatore dell'attuale crisi. Ma, agli occhi di Mosca, appare come un mediatore poco credibile dal momento che al centro della forza trainante della relazione strategica turco-ucraina vi è una crescente cooperazione in materia di difesa.

Ankara ha venduto all’Ucraina una dozzina di droni armati Bayraktar TB2 che sono stati già impiegiati da Kiev contro i ribelli filorussi del Donbas e ora nella difesa dall’invasore. Kiev fornisce ad Ankara i motori dei micidiali Bayraktar e recentemente ha inaugurato nei pressi della capitale ucraina una fabbrica per la produzione congiunta di droni turchi Akıncı.

D’altro canto la Russia è partner commerciale chiave per la Turchia che è sempre molto attenta a non calpestare i piedi a Mosca. Quella tra Erdoğan e Putin è una relazione unica. I due attori hanno sviluppato una forma singolare di "cooperazione competitiva" che permette loro di sostenere parti opposte in conflitti come in Libia, Siria e Caucaso meridionale rispettando la reciproca sfera di influenza in espansione.

Per questo il leader turco si muove come un giocoliere nei suoi rapporti tra Russia e Washington e oscilla come un pendolo tra le due capitali.

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