La doppiezza dei talebani

Micol Flammini

Gli estremisti fanno la loro prima conferenza stampa e dicono di voler garantire i diritti delle donne, la libertà di stampa e  promettono un governo “inclusivo”. Non sono cambiati, hanno soltanto imparato a parlare in pubblico

I talebani hanno tenuto una conferenza stampa, la prima della loro storia. Hanno invitato giornalisti e giornaliste, afghani e stranieri. Il messaggio era: fidatevi di noi, ora che abbiamo un Afghanistan libero e indipendente, lo renderemo anche accogliente. A parlare davanti ai giornalisti è stato il portavoce del gruppo, la voce della propaganda che su Twitter si fa chiamare Zabihullah Mujahid (Zabihullah il combattente), affiancato da un traduttore, perché il messaggio era sì per i cittadini del paese, ma anche per la comunità internazionale. 

Mujahid ha parlato a nome di tutti, di talebani e no. Il portavoce ha detto che tutti sono “orgogliosi di aver cacciato gli stranieri” e questo sentimento di orgoglio appartiene a tutta la nazione. Ha detto che è importante che tutti capiscano che l’Afghanistan non è più un campo di battaglia e che i talebani “hanno perdonato tutti coloro che hanno combattuto contro” di loro. Sono finite le animosità, i conflitti, le violenze e Mujahid sembra aver detto che sono finiti anche i talebani. Il gruppo che ha annunciato la nascita dell’Emirato islamico dell’Afghanistan è in cerca di un riconoscimento internazionale, dice che se è intervenuto nel paese lo ha fatto perché “ha dovuto”. “Nessuno deve aver paura delle nostre regole e princìpi”, tutti sono invitati a restare, loro, i talebani, gli afghani, proteggeranno le ambasciate “ventiquattr’ore su ventiquattro”. 

 

Mentre i talebani chiedono agli afghani di non avere paura e alla comunità internazionale di fidarsi sperano di allontanare il più possibile in fretta gli occhi di tutti. Le promesse sono estese, impensabili, irreali: “I media saranno indipendenti, potranno criticarci, noi miglioreremo”. Mujahid ha promesso che tutti stanno per assistere alla creazione del governo più forte e inclusivo, mai visto prima in Afghanistan. Ma a questo cambiamento repentino è difficile credere. Per quanto sia ben allestito. Anche la conferenza stampa di ieri lo era: il portavoce è arrivato puntuale, ha risposto per più di un’ora alle domande di tutti, donne incluse. Nessuno dovrà aver paura, dice Mujahid, ma tutti ne hanno a cominciare proprio dalle donne, per le quali il portavoce ha promesso libertà, nella cornice dei loro valori: “Le donne afghane sono musulmane”. In questi giorni i talebani hanno visitato un ospedale di Kabul e hanno assicurato alle dottoresse, “le nostre sorelle”, che non c’è motivo perché debbano lasciare il lavoro, “abbiamo bisogno di voi”. Di questa visita hanno fatto un video e messo sui social: una pubblicità perfetta. 

Beheshta Arghand è una giornalista dell’emittente afghana Tolo News che nel suo studio televisivo si è ritrovata a fare un’intervista inaspettata. Seduto a qualche metro da lei martedì, ore prima della conferenza stampa, c’era Mawlawi Abdulhaq Hemad, membro del team di comunicazione dei talebani, pronto a rispondere a tutte le sue domande, proprio come Mujahid. Beheshta Arghand gli ha domandato della situazione a Kabul, delle perquisizioni per le case, di come cambierà la vita delle donne. Hemad, con calma, attenzione, soppesando ogni parola, ha risposto a tutto e si è meravigliato che la gente abbia paura dei talebani, che non capisca che tutto è cambiato. Dopo tutto anche l’intervista avrebbe dovuto dimostrarlo: vent’anni fa forse i talebani avrebbero rilasciato un’intervista a una donna? O più semplicemente: avrebbero forse permesso che una donna facesse la giornalista? Il gruppo estremista sta cercando di mostrare che ha cambiato codice, regole, pelle, che la barbarie commessa non esiste più, o non è mai esistita. Che è una forza tollerante e pacifista, che vuole che le donne lavorino “spalla a spalla con gli uomini”. Anche nel governo. “L’Emirato islamico – ha detto Enamullah Samangani, membro della commissione Cultura degli estremisti – non vuole che le donne siano vittime. Secondo la legge della Sharia dovrebbero essere nella struttura del governo”. 
Ma si fa fatica a credere a questo nuovo volto che i talebani hanno ostentato entrando a Kabul, le storie che uscivano dalle altre città conquistate erano ben diverse, ma uguali a quelle del passato: bambine costrette a matrimoni forzati, ragazze che hanno dovuto abbandonare le università, lavoratrici che hanno lasciato l’impiego e ovviamente il ritorno del burqa. E’ forse cambiato tutto ora che sono arrivati nella capitale? 

 

 

Il bluff sta nei dettagli: nessuno ha spiegato come sarà questo governo, qual è la cornice entro cui le donne potranno essere libere. Il primo dato da registrare non è che i talebani sono cambiati, ma che adesso ci tengono a farsi accettare, hanno imparato a parlare, a curare l’immagine, a intrattenere e a usare i media e i social, per evitare sanzioni, mentre attendono che l’attenzione si sposti altrove. Non è un caso che si siano fatti ospitare subito da Tolo News, una televisione molto popolare, che ha assorbito format occidentali, come i reality e le serie tv. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.