"Vladimir l'avvelenatore"
Navalny è stato condannato
La reazione dell'Ue e degli Stati Uniti e il messaggio del presidente ai russi che protestano: i cambiamenti democratici in Russia non sono possibili con lui al potere
La condanna a due anni e mezzo di carcere contro il più celebre degli oppositori del Cremlino in un processo finto che mostra la fine e le paure delle istituzioni di Putin
Alexei Navalny è stato condannato a due anni e mezzo di carcere per aver violato, secondo il tribunale Simonovski di Mosca, la libertà vigilata per una condanna ricevuta nel 2014. Un’ora prima della sentenza le piazze principali di Mosca erano state chiuse per evitare che i manifestanti potessero protestare contro l’incarcerazione del più celebre oppositore russo che, dopo essere tornato dalla Germania, dove era stato portato d’urgenza in seguito all’avvelenamento con un agente nervino molto potente, è riuscito a radunare attorno a sé sfumature diverse dell’opposizione russa. Che il processo avesse poco di serio e molto di arbitrario si è capito in fretta. Il pubblico ministero continuava ad accusare Navalny di aver violato la libertà condizionata non presentandosi agli incontri con le autorità russe. Navalny continuava a ripetere che non poteva presentarsi perché era in coma a Berlino dopo il tentato omicidio e poi ancora troppo debole per viaggiare. Navalny ha preso la parola per dire che l’unica spiegazione del processo era l’odio di un uomo, “di un ladruncolo in un bunker”, di Putin. In tribunale ha accusato direttamente il presidente per averlo avvelenato: “L’ho offeso mortalmente sopravvivendo... E poi ho commesso un reato ancora più grave: non sono andato a nascondermi”. Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, aveva comunicato che Putin non avrebbe seguito il processo e il presidente ha trascorso la giornata a rilasciare dichiarazioni su quanto siano pericolosi i social per la mente dei russi. Mentre si nascondeva e continuava a non commentare il più grande caso giudiziario russo, Navalny dall’aula continuava ad accusarlo direttamente: “L’omicidio è l’unico modo in cui sappia combattere. Passerà alla storia come un avvelenatore. Ricordiamo Alessandro il Liberatore e Yaroslav il Saggio. Bene, ora abbiamo Vladimir l’Avvelenatore”.
Alexei Navalny è stato condannato a due anni e mezzo di carcere per aver violato, secondo il tribunale Simonovski di Mosca, la libertà vigilata per una condanna ricevuta nel 2014. Un’ora prima della sentenza le piazze principali di Mosca erano state chiuse per evitare che i manifestanti potessero protestare contro l’incarcerazione del più celebre oppositore russo che, dopo essere tornato dalla Germania, dove era stato portato d’urgenza in seguito all’avvelenamento con un agente nervino molto potente, è riuscito a radunare attorno a sé sfumature diverse dell’opposizione russa. Che il processo avesse poco di serio e molto di arbitrario si è capito in fretta. Il pubblico ministero continuava ad accusare Navalny di aver violato la libertà condizionata non presentandosi agli incontri con le autorità russe. Navalny continuava a ripetere che non poteva presentarsi perché era in coma a Berlino dopo il tentato omicidio e poi ancora troppo debole per viaggiare. Navalny ha preso la parola per dire che l’unica spiegazione del processo era l’odio di un uomo, “di un ladruncolo in un bunker”, di Putin. In tribunale ha accusato direttamente il presidente per averlo avvelenato: “L’ho offeso mortalmente sopravvivendo... E poi ho commesso un reato ancora più grave: non sono andato a nascondermi”. Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, aveva comunicato che Putin non avrebbe seguito il processo e il presidente ha trascorso la giornata a rilasciare dichiarazioni su quanto siano pericolosi i social per la mente dei russi. Mentre si nascondeva e continuava a non commentare il più grande caso giudiziario russo, Navalny dall’aula continuava ad accusarlo direttamente: “L’omicidio è l’unico modo in cui sappia combattere. Passerà alla storia come un avvelenatore. Ricordiamo Alessandro il Liberatore e Yaroslav il Saggio. Bene, ora abbiamo Vladimir l’Avvelenatore”.
Con la sentenza il Cremlino è riuscito a tenere il suo oppositore più celebre lontano dalle elezioni per rinnovare la Duma che si terranno a settembre. Probabilmente Navalny verrà mandato lontano da Mosca e quindi i contatti con i suoi collaboratori si ridurranno, indebolendo così anche la mobilitazione per le presidenziali del 2024. Per il Cremlino è un risultato, per la Russia un passo indietro. Ieri, nell’aula piena di diplomatici stranieri, americani ed europei – non c’erano italiani – il Cremlino non ha cercato neppure di proteggere la propria reputazione. Le condanne sono arrivate dall’Ue e anche dagli Stati Uniti, il segretario di stato Antony Blinken ha chiesto il rilascio dell’oppositore. La sentenza durissima contro Navalny è un messaggio per tutti i russi: ecco cosa succede a uscire dall’apatia politica. Navalny è riuscito a coalizzare tutte le ragioni dello scontento russo che avevano bisogno di un motore. Putin spera di averlo spento questo motore, l’ha soltanto allontanato. Ma un messaggio l’ha mandato anche a tutta la comunità internazionale, alla quale i collaboratori di Navalny vogliono appellarsi: ha fatto capire che i cambiamenti democratici in Russia non sono possibili con lui al potere.
Ieri sera soltanto la piazza del Maneggio era rimasta senza transenne, giusto dietro alle mura del Cremlino. Lì si sono dati appuntamento i manifestanti per protestare. Ad aspettarli c’erano schiere di poliziotti antisommossa. Navalny ha ascoltato la sentenza sorridendo, sapeva già come sarebbe andata, e disegnando un cuore per sua moglie Yulia. “Andrà tutto bene, non essere triste”, le ha detto lasciando l’aula.