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I lockdown-imboscata a Hong Kong servono soprattutto a intimidire

Giulia Pompili

Quartieri bloccati, tamponi a tappeto, migliaia di operatori in tute anticontagio per le strade. Scene da film, che tuttavia - dicono gli esperti - non circoscrivono i focolai ma uccidono l'economia

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Carrie Lam, la chief executive di Hong Kong e una delle leader politiche più odiate dai suoi cittadini, ha detto ieri che la nuova tecnica per limitare i contagi di Covid nell’ex colonia inglese “funziona benissimo” e non è per niente uno spreco di energie e di denaro pubblico. La chiamano “la tattica dell’imboscata”, Hong Kong è il primo posto dov’è stata sperimentata e funziona così: decine di poliziotti improvvisamente, e soprattutto di notte, chiudono un’area o un intero quartiere in lockdown. Dopodiché procedono a testare chiunque si trovi all’interno di quell’area designata – non è ammesso rifiuto, il test è obbligatorio, e il governo locale ha anche spiegato che si possono ottenere dei “mandati del tribunale” per far entrare gli operatori direttamente nelle abitazioni dei renitenti, visto che molti fingono di non essere a casa. Se le operazioni di test vanno per le lunghe, si deve restare dentro casa, non si può andare a lavoro, ci si deve organizzare con il cibo e se malauguratamente qualcuno era venuto a trovarvi anche con i posti letto.

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Carrie Lam, la chief executive di Hong Kong e una delle leader politiche più odiate dai suoi cittadini, ha detto ieri che la nuova tecnica per limitare i contagi di Covid nell’ex colonia inglese “funziona benissimo” e non è per niente uno spreco di energie e di denaro pubblico. La chiamano “la tattica dell’imboscata”, Hong Kong è il primo posto dov’è stata sperimentata e funziona così: decine di poliziotti improvvisamente, e soprattutto di notte, chiudono un’area o un intero quartiere in lockdown. Dopodiché procedono a testare chiunque si trovi all’interno di quell’area designata – non è ammesso rifiuto, il test è obbligatorio, e il governo locale ha anche spiegato che si possono ottenere dei “mandati del tribunale” per far entrare gli operatori direttamente nelle abitazioni dei renitenti, visto che molti fingono di non essere a casa. Se le operazioni di test vanno per le lunghe, si deve restare dentro casa, non si può andare a lavoro, ci si deve organizzare con il cibo e se malauguratamente qualcuno era venuto a trovarvi anche con i posti letto.

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Le autorità di Hong Kong hanno iniziato con questa nuova tecnica il 23 gennaio scorso, chiudendo a sorpresa tutta l’area di Jordan, quella dove si era verificato l’ultimo focolaio di 160 persone positive al coronavirus. Più di diecimila residenti – in una delle aree più densamente abitate del mondo – sono stati chiusi dentro ai confini delimitati dalla polizia, e in strada sono scesi tremila operatori in tuta anticontagio che hanno eseguito i test di massa. Una scena da film. Il punto è che alla fine dei settemila test eseguiti sono stati trovati soltanto tredici positivi, lo 0,17 per cento del totale. Alle autorità dell’ex colonia inglese, che ormai hanno adottato un sistema di amministrazione della città sempre più vicino a quello di Pechino, è piaciuto molto questo nuovo “modello Hong Kong”, che finora non aveva mai subìto un lockdown. Carrie Lam ha detto che i test di massa a Jordan sono stati “un successo” e che avrebbe usato la stessa tecnica in altre aree.

 

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Il 25 gennaio è stato il turno di Yau Ma Tei, a sud della penisola di Kowloon. Ieri altri tre quartieri hanno subìto il lockdown-imboscata. Hong Kong, cioè il luogo dove fino a poco tempo fa oriente e occidente s’incontravano, ha ormai perso la sua autonomia. Non bastava la legge sulla Sicurezza imposta da Pechino, ora anche la pandemia è un modo per intimidire i cittadini di fronte alle autorità. In molti, sui social network ma anche sui pochi giornali non allineati che sopravvivono (per esempio l’Hong Kong Free Press e l’Apple Daily) stanno dando voce agli esperti che spiegano come questo tipo di lockdown serve a ben poco: non limita i contagi, non circoscrive i focolai, ma spaventa le persone e uccide l’economia. I casi totali di Covid registrati a Hong Kong sin dall’inizio della pandemia attualmente superano i 10.500 e i morti sono 184. Ma da giorni i nuovi contagi quotidiani sono sotto i trenta. Il “modello cinese” per il contenimento della pandemia è più politico che scientifico.

 

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