PUBBLICITÁ

Da Hong Kong a Londra, solo andata

Molti attivisti pro-autonomia preferiscono scappare nel Regno Unito che promette accoglienza, e intanto si prende gli immigrati che gli piacciono

Giulia Pompili

Entra in vigore nel Regno Unito la nuova legge sull’immigrazione per chi possiede il passaporto di British National Overseas. Dall'ex colonia inglese molti attivisti vogliono trasferirsi, nonostante la propaganda di Pechino che non riconosce più i Bno e dice: sarete cittadini di seconda classe

PUBBLICITÁ

Da ieri è entrata in vigore nel Regno Unito la nuova legge sull’immigrazione per chi possiede il passaporto di British National Overseas (Bno), il passaporto speciale dei cittadini di Hong Kong che dà diritto alla nazionalità (ma non alla cittadinanza) e risale ai tempi della colonia. E’ una misura concreta, annunciata da tempo dal governo di Boris Johnson, per accogliere coloro che vogliono scappare dall’ex colonia inglese: chi ha il passaporto speciale può richiedere un visto facilitato di residenza fino a cinque anni, e poi fare domanda per la cittadinanza. Il visto si può fare tramite app o comunque online, evitando di dare nell’occhio visitando il consolato britannico.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Da ieri è entrata in vigore nel Regno Unito la nuova legge sull’immigrazione per chi possiede il passaporto di British National Overseas (Bno), il passaporto speciale dei cittadini di Hong Kong che dà diritto alla nazionalità (ma non alla cittadinanza) e risale ai tempi della colonia. E’ una misura concreta, annunciata da tempo dal governo di Boris Johnson, per accogliere coloro che vogliono scappare dall’ex colonia inglese: chi ha il passaporto speciale può richiedere un visto facilitato di residenza fino a cinque anni, e poi fare domanda per la cittadinanza. Il visto si può fare tramite app o comunque online, evitando di dare nell’occhio visitando il consolato britannico.

PUBBLICITÁ

 

Moltissimi cittadini di Hong Kong, terrorizzati dalle azioni di forza di Pechino contro chiunque abbia partecipato alle proteste per l’autonomia, hanno intenzione di trasferirsi nel Regno Unito. Il governo inglese si aspetta per i cinque anni di programma almeno 300 mila domande, anche se ci sono 2,9 milioni di cittadini che potrebbero farne richiesta, oltre a 2,3 milioni di familiari.

 

PUBBLICITÁ

Per molte persone che hanno partecipato alle proteste degli ultimi mesi si tratta di un ritorno in Inghilterra. Per un ragazzo di Hong Kong, che ha uno dei sistemi educativi più competitivi del mondo, fare un periodo di studi all’estero è quasi necessario – e infatti circa diciassettemila studenti ogni anno viaggiano nel Regno Unito. Ma trasferirsi e chiedere il visto permanente, o addirittura la cittadinanza, ha enormi conseguenze sul piano personale e familiare: una deputata pro Pechino di Hong Kong, Priscilla Leung, non ha escluso che chi “scapperà” in Inghilterra potrebbe perdere la cittadinanza cinese. La propaganda cinese fa leva su chi ha paura di lasciare per sempre Hong Kong, con il rischio di trovare una situazione economica perfino peggiore nel Regno Unito.

  

    

Ma dal lato inglese, l’immigrazione di Hong Kong è vantaggiosa perché è un’immigrazione altamente qualificata. E nel paese della Brexit, dove però interi settori, come quello sanitario, si tengono in piedi grazie agli immigrati, gli asiatici (e quelli di Hong Kong parlano inglese) sono generalmente esclusi dalla discriminazione. Nelle chat su Telegram dei ragazzi delle proteste, da settimane si rassicura chi vorrebbe trasferirsi, e ci sono molte iniziative già attive anche nel Regno Unito: Winston Marshall, membro della band Mumford & Sons, ha creato  la “Hong Kong Link Up”, un’organizzazione no profit che aiuta all’integrazione. Andrew Lo, legale che si occupa di immigrazione a Hong Kong, ha detto alla Bbc che molti suoi clienti che volevano andare in Canada, in Australia o Taiwan ora puntano al Regno Unito.   

PUBBLICITÁ

   
La risposta cinese al programma di Londra è stata abbastanza dura: Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri, ha detto venerdì scorso che a partire dal 31 gennaio la Cina non riconoscerà più come documento d’identità valido il passaporto di British National Overseas, ha criticato il nuovo programma di visti che “interferisce con gli affari interni cinesi” e ha accusato il Regno Unito di voler importare “cittadini di seconda classe”. E’ poco più che cosmesi: i cittadini di Hong Kong non devono usare per forza il loro passaporto del Commonwealth, hanno quello di Hong Kong. Ma Zhao ha parlato di “ulteriori azioni” che potrebbe intraprendere Pechino contro il Regno Unito e i suoi connazionali d’Asia residenti a Hong Kong: ci potrebbero essere per esempio conseguenze sulla loro partecipazione alla vita pubblica, e un controllo più sistematico sui loro movimenti per evitare che scappino all’estero.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

    

L’Inghilterra ha un “obbligo morale” nei confronti dell’hub finanziario del sud della Cina, come hanno spesso spiegato i funzionari del ministero degli Esteri di Londra, un obbligo che gli viene dal 1997, quando la colonia fu riconsegnata a Pechino con la garanzia che l’autonomia di Hong Kong fosse tutelata per i successivi cinquant’anni in base al principio “una Cina due sistemi”. Ma la legge sulla Sicurezza, imposta da Pechino nell’ex colonia inglese nel giugno del 2020, ha cambiato tutto. Dal 15 luglio del 2020 al 13 gennaio del 2021 almeno settemila cittadini di Hong Kong con passaporto Bno sono entrati nel Regno Unito “outside the immigration rules”, cioè presentandosi semplicemente al confine. Almeno 55 persone sono state già arrestate per aver violato la legge sulla Sicurezza nazionale a Hong Kong.

  

PUBBLICITÁ