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La censura impossibile

Daniele Ranieri

Si parla molto di bavaglio delle aziende tech dopo Trump, ma per ora c'è un grosso equivoco

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Si parla molto di censura, ma c’è un equivoco generale: dal punto di vista tecnico in questo periodo la censura non è possibile. Da quando le grandi piattaforme tech come Facebook e Twitter hanno  cancellato migliaia di gruppi e di account che facevano disinformazione a favore dell’ex presidente americano Donald Trump – e soprattutto dopo che hanno cancellato Trump – il tema della censura è diventato di colpo dominante, ma per ora quello che si vede è lo spostamento di alcuni contenuti da piattaforme più conosciute verso altre piattaforme più nuove. Lin Wood era un account con due milioni di follower su Twitter, da tre settimane si è spostato su Telegram dove al momento è arrivato a settecentomila follower. Considerato che non sappiamo quanti fra coloro che lo seguivano su Twitter fossero davvero attivi, è chiaro che sta recuperando la sua audience in modo rapido. La stessa cosa vale per molti altri che hanno trovato su Telegram e altre piattaforme lo spazio che non hanno più altrove. Il capo dei Proud Boys, Enrique Tarrio, ha celebrato la migrazione così: “Benvenuti nell’angolo più tenebroso del web! Porno e spam sono vietati ma tutto il resto è lecito”. 

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Si parla molto di censura, ma c’è un equivoco generale: dal punto di vista tecnico in questo periodo la censura non è possibile. Da quando le grandi piattaforme tech come Facebook e Twitter hanno  cancellato migliaia di gruppi e di account che facevano disinformazione a favore dell’ex presidente americano Donald Trump – e soprattutto dopo che hanno cancellato Trump – il tema della censura è diventato di colpo dominante, ma per ora quello che si vede è lo spostamento di alcuni contenuti da piattaforme più conosciute verso altre piattaforme più nuove. Lin Wood era un account con due milioni di follower su Twitter, da tre settimane si è spostato su Telegram dove al momento è arrivato a settecentomila follower. Considerato che non sappiamo quanti fra coloro che lo seguivano su Twitter fossero davvero attivi, è chiaro che sta recuperando la sua audience in modo rapido. La stessa cosa vale per molti altri che hanno trovato su Telegram e altre piattaforme lo spazio che non hanno più altrove. Il capo dei Proud Boys, Enrique Tarrio, ha celebrato la migrazione così: “Benvenuti nell’angolo più tenebroso del web! Porno e spam sono vietati ma tutto il resto è lecito”. 


I primi due canali dei Proud Boys hanno circa quarantamila follower a testa e ci sono moltissimi altri canali della stessa area, di qualsiasi dimensione. Ci sono i canali dei Boogaloo, il movimento eversivo che punta a una seconda guerra civile negli Stati Uniti. C’è anche il canale dei Boogaloo italiani (quasi tutto in inglese). Molti canali delle stesse fazioni si scambiano raccomandazioni sul non postare incitazioni alla violenza per evitare conseguenze legali e per non danneggiare la piattaforma ospite – che però è stata creata in Russia e ha server sparsi in tutto il mondo, quindi è molto meno vulnerabile rispetto alla norma. Non si fanno problemi a postare manuali militari o altro materiale che allude alla violenza. 


E’ difficile dire in quanti si siano spostati per evitare la sorveglianza sulle piattaforme più conosciute – che però stanno soltanto applicando i loro termini di servizio – e approdare in angoli meno controllati, perché in queste settimane c’è stato anche il cambio delle impostazioni di Whatsapp, una delle app di messaggistica più diffuse, che ora condivide i dati con Facebook (ma è una cosa che non vale per i cittadini dell’Unione europea). Il cambio di impostazioni ha spinto molti a cambiare e ha fatto scendere Whatsapp di molte posizioni nella classifica delle app più scaricate – che cambia di paese in paese. Nel frattempo nelle prime tre settimane venticinque milioni di persone si sono aggiunte su Telegram e sette milioni su Signal, un’altra app di comunicazione. La situazione è evidente: se Trump decidesse di cominciare a parlare via Telegram o attraverso altre piattaforme, creerebbe da solo un altro spostamento di massa. Il paesaggio al quale siamo abituati, fatto dagli stessi elementi che finora hanno resistito nel tempo come Facebook e Twitter, sta mutando. Ci sono ambienti diversi, piattaforme diverse, gradi diversi di permissività e di sanzioni. Se si parla di contenuto e non di singole persone, la cosiddetta censura è molto meno efficace di quello che si crede. Nemmeno le aziende che hanno preso  le decisioni più dure riescono a farle rispettare fino in fondo. Come esempio estremo, un esperto di antiterrorismo informatico arabo che non desidera vedere il suo nome pubblicato mostra al Foglio alcune pagine Facebook che parteggiano in modo esplicito per lo Stato islamico, con centinaia di follower. Sono pagine in violazione diretta delle regole del sito, ma sopravvivono perché riescono a restare sotto il radar dei controlli e quando sono eliminate tornano con altri indirizzi. E’ una piattaforma che ha un numero enorme di utenti, e questo è un caso estremo che dimostra una verità più generale: i filtri non bloccano i contenuti.   
 

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