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Sul 38° parallelo

Ve lo ricordate Kim Jong Un?

Dalla cavalcata sul Monte Paektu alla "battaglia degli ottanta giorni", l'anno che verrà per la Corea del nord

Giulia Pompili

Il 2021 si apre con l'Ottavo congresso del Partito dei lavoratori, un momento chiave per capire che cosa succederà dopo i tentativi (falliti) di Trump. Le provocazioni contro la Corea del sud, che continua con la sua Sunshine policy a tutti i costi

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E' stato l'anno delle sparizioni di Kim Jong Un. Per chi segue le vicende nordcoreane, vuol dire semplicemente che il leader non partecipa a eventi pubblici e quindi non finisce sulla stampa di regime. E' successo almeno sei volte, nel 2020, che Kim sparisse per intervalli di più di venti giorni dalla circolazione, e ogni volta si rincorrevano dubbi sul suo stato di salute (a volte si parlava anche di “clinicamente morto”). Per gli analisti, però, c'è un dato interessante: questo è stato l'anno in cui Kim, effettivamente, ha fatto meno apparizioni pubbliche. E' possibile quindi che stia facendo dei trattamenti, ma è possibile anche che, per via della pandemia, stia evitando il contatto diretto con le persone. L'anno appena trascorso, però, è stato un anno difficile e di passaggio per la Corea del nord, sempre più chiusa, in difficoltà economica, ma anche quieta dal punto di vista delle provocazioni.

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E' stato l'anno delle sparizioni di Kim Jong Un. Per chi segue le vicende nordcoreane, vuol dire semplicemente che il leader non partecipa a eventi pubblici e quindi non finisce sulla stampa di regime. E' successo almeno sei volte, nel 2020, che Kim sparisse per intervalli di più di venti giorni dalla circolazione, e ogni volta si rincorrevano dubbi sul suo stato di salute (a volte si parlava anche di “clinicamente morto”). Per gli analisti, però, c'è un dato interessante: questo è stato l'anno in cui Kim, effettivamente, ha fatto meno apparizioni pubbliche. E' possibile quindi che stia facendo dei trattamenti, ma è possibile anche che, per via della pandemia, stia evitando il contatto diretto con le persone. L'anno appena trascorso, però, è stato un anno difficile e di passaggio per la Corea del nord, sempre più chiusa, in difficoltà economica, ma anche quieta dal punto di vista delle provocazioni.

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Dopo il fallimento dei negoziati con l'America nel febbraio del 2019, con il vertice di Hanoi, ci sono stati momenti di tensione ma nessun test che mandasse un messaggio concreto di minaccia. La Corea del nord ha compiuto un solo test missilistico, il 2 marzo del 2020, verso la Corea del sud. Molto più simbolico è quello che è successo a metà giugno: dopo diverse minacce, Pyongyang ha fatto saltare in aria il liaison Office, edificio a pochi chilometri da Panmunjom, sulla linea di confine ma in territorio nordcoreano, che era stato costruito per regolarizzare le comunicazioni tra Corea del nord e Corea del sud.  Un segnale chiaro nei confronti dell'Amministrazione sudcoreana guidata dal democratico Moon Jae-in, che da anni ormai si dedica anima e corpo alla nuova “Sunshine policy”, la politica di apertura con il Nord. A settembre, poi, un funzionario del ministero della Pesca sudcoreano, in circostanze ancora poco chiare, è stato ucciso dai soldati nel Nord.

 

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I rapporti complicati tra Nord e Sud sono aggravati dalla pandemia, e la condiscendenza con cui Seul sembra trattare con Pyongyang comincia a non piacere a molti. Per esempio, a dicembre il Parlamento sudcoreano ha approvato una legge che criminalizza la cosiddetta “guerra dei volantini”. Gli attivisti che si oppongono al regime di tanto in tanto effettuano delle azioni dimostrative in cui lanciano dei palloncini a elio lungo il confine, riempiti di volantini, a volte penne usb e dvd: tutto materiale anti-propaganda e anti-regime. La Corea del nord ha sempre condannato certe azioni, ma quest'anno, in reazione all'ennesima dimostrazione degli attivisti sudcoreani, c'è stata la demolizione del liason office. Per non avere altri problemi e non rischiare il fallimento completo del dialogo, il governo di Moon ha deciso di limitare per legge le attività degli attivisti, che adesso rischiano parecchio. La legge è stata molto criticata, perché limita la libertà d'espressione.

 

Nel frattempo, come al solito, al Nord si vive un'altra vita. Alla fine dello scorso anno Kim aveva fatto un paio di simboliche cavalcate sul monte Paektu, la montagna sacra della Corea del nord – il luogo in cui, secondo la leggenda, è nata la dinastia dei Kim. Quest'anno non c'è stata nessuna cavalcata, anzi.

 

La situazione epidemiologica nel paese è ancora un mistero. Pyongyang continua ad affermare di avere avuto zero casi di Covid, e quando la ministra degli Esteri sudcoreana, Kang Kyung-wha, ha detto che le sembrava “poco plausibile” questa affermazione, a risponderle è stata direttamente Kim Yo Jong, sorella minore dell'attuale leader e membro alternato del Politburo del Partito dei lavoratori di Corea. Il 2020 è stato l'anno in cui la figura politica di Kim Yo Jong è cresciuta molto, soprattutto in reazione alle insistenti voci, rilanciate sui media internazionali, di lei come possibile successore in caso di morte di Kim Jong Un. Il suo ruolo è equiparabile sempre di più a quello del ministro degli Esteri de facto, proprio considerata la risposta molto aggressiva data a Kang all'inizio di dicembre sulla questione coronavirus.

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Piegata dalle sanzioni internazionali, e da una serie di catastrofi naturali, tra monsoni e inondazioni, il 2020 è stato un anno disastroso per la Corea del nord, considerato che gran parte della sussistenza proviene dai traffici illegali, che senza confini aperti per via della pandemia si sono praticamente azzerati. A dispetto di quanto raccontato dai media di regime, infatti, Pyongyang ha preso delle misure drastiche per limitare i contagi – per esempio limitando gli spostamenti tra città – ma è soprattutto la chiusura del confine con la Cina ad aver causato danni economici. Di nuovo c'è stato soltanto un aumento delle esportazioni di carbone verso la Cina (anche queste in violazione delle sanzioni) – ma il carbone, ora che Pechino non lo acquista più dall'Australia, serve terribilmente alla Cina. 

 

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Certi traffici rimpolpano direttamente le casse dello stato e dei Kim: il gioco del gatto e del topo con le sanzioni serve proprio alle spese di Pyongyang, e spiega anche la possibilità, da parte di Kim, di acquistare e far blindare due Mercedes e trasportarle dall'Italia in Corea del nord (questa l'inchiesta). In ogni caso di quei soldi ben poco arriva nelle tasche dei nordcoreani comuni. E infatti, a ottobre, Kim Jong Un è stato costretto a chiamare “La battaglia degli ottanta giorni” fino al 2021: è una specie di chiamata alle armi per i lavoratori, a cui si chiede di dare il massimo per continuare a produrre. E' un sistema molto usato dalla Corea del nord in casi di emergenza, ed è stato raccontato nei dettagli all'Ap da Kang Mi Jin, una disertrice nordcoreana fuggita nel 2009 che veniva mobilitata periodicamente per certe “battaglie” (che poi altro non sono che lavori forzati).

 

La battaglia per il 2021 arriva soprattutto per un evento importante, che si consumerà in un giorno imprecisato di gennaio: l'Ottavo Congresso del Partito dei lavoratori di Corea. Degli strani movimenti in piazza Kim Il Sung di qualche giorno fa lasciano pensare che ci sarà una parata, ma il Congresso è importante soprattutto perché ci dice quello che cambia e cambierà nella politica nordcoreana. E' il primo congresso dopo il riconoscimento ufficiale della Corea del nord da parte di un presidente degli Stati Uniti in carica, e il primo con Joe Biden alla Casa Bianca.

 

Si dice che con Biden tutto cambierà, nella politica americana verso la Corea del nord. Eppure, dopo quest'anno di congelamento dei negoziati, è difficile pensare che si possa tornare indietro a una fase di “pazienza strategica” obamiana. Biden dovrà intraprendere una politica chiara e precisa con la Corea del nord, lo spiega in questo intervento Victor Cha, analista e docente universitario tra i più esperti sulla politica americana in Corea del nord. Per la denuclearizzazione ci sono sei opzioni diverse per la nuova Amministrazione americana. Quello più convincente è il controllo degli armamenti, con politiche di engagement miste a “azione per reazione”, cioè a punizioni in caso di violazione di accordi. Tutto si può fare, con la Corea del nord di Kim Jong Un, tranne che ignorarla.

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