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Gli anticorpi di TikTok contro la propaganda del Cremlino

Micol Flammini

La disinformazione russa è arrivata anche sul social dei ragazzi, ma ancora non ha capito come conquistarlo

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Il Cremlino ha sempre dimostrato un interesse particolare per internet e per i social e non poteva lasciare l’ultimo arrivato, TikTok, lontano dai suoi tentativi di farne un mezzo di propaganda. Per quanto le ultime notizie sui servizi segreti russi indichino che tutta l’intelligence di Mosca sia in uno stato di sciatteria e disfacimento, l’attenzione per ciò che avviene online continua a essere  alta. Ma non è detto che i russi continuino a reagire sempre allo stesso modo, come dimostra un’analisi di Ilya Klishin, uno dei giornalisti russi esperti di tecnologia, tra i primi a parlare delle fabbriche dei troll quando ancora erano edifici nelle periferie delle grandi città russe e si occupavano esclusivamente di questioni interne: era il 2013, tre anni prima delle elezioni americane.  

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Il Cremlino ha sempre dimostrato un interesse particolare per internet e per i social e non poteva lasciare l’ultimo arrivato, TikTok, lontano dai suoi tentativi di farne un mezzo di propaganda. Per quanto le ultime notizie sui servizi segreti russi indichino che tutta l’intelligence di Mosca sia in uno stato di sciatteria e disfacimento, l’attenzione per ciò che avviene online continua a essere  alta. Ma non è detto che i russi continuino a reagire sempre allo stesso modo, come dimostra un’analisi di Ilya Klishin, uno dei giornalisti russi esperti di tecnologia, tra i primi a parlare delle fabbriche dei troll quando ancora erano edifici nelle periferie delle grandi città russe e si occupavano esclusivamente di questioni interne: era il 2013, tre anni prima delle elezioni americane.  

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Cosa fare con la rete è quasi una domanda esistenziale per Vladimir Putin, che lo scorso anno giocava con l’idea di proporre un internet sovrano in stile cinese. Erano anche stati lanciati dei test, ma l’impresa è costosa, lenta e nonostante internet rappresenti un occhio indiscreto sull’occidente, il presidente ha deciso di posticipare il progetto. Con i social network aveva mostrato prima un atteggiamento ostile, ha a lungo tentato di cacciare da Mosca  le piattaforme. I social per i russi sono anche il luogo del dissenso e, nel 2011, le grandi proteste contro il Cremlino nacquero lì. Ci si dava appuntamento sui social, mentre su YouTube trovavano e trovano ancora spazio alcuni dei personaggi dell’opposizione, incluso Alexei Navalny.

    
Il Cremlino aveva iniziato a  intuire le potenzialità della rete, ed essendo complicato cacciare Zuckerberg dalla Russia, ha deciso di usarlo per la propria propaganda
. Quindi, intuendo che TikTok non sarebbe potuto rimane a lungo immune dalle ingerenze del Cremlino, Klishin in questi mesi si è messo a studiare il comportamento dei russi anche sul più recente dei social.  La piattaforma in Russia è cresciuta molto, alla fine del 2019 erano circa 8 milioni gli utenti, ma nel 2020 il numero è salito a venti milioni, con grande seguito anche tra i cittadini tra i venticinque e i trentaquattro anni. Con l’aumento  degli utenti, il giornalista ha visto aumentare anche il numero di account particolarmente devoti alla causa del Cremlino. Molti esaltavano la gestione della pandemia da parte di Putin. Mettevano in ridicolo le proteste in Bielorussia e nella regione di Khabarovsk, dove i cittadini hanno manifestato per tutta l’estate dopo l’arresto del loro governatore. Quello che Klishin aveva visto fare su Facebook, Twitter e YouTube sta accadendo su TikTok. Ma la riuscita per il momento non è magistrale, per una serie di problemi. Il primo, osserva il giornalista, è determinato dal fatto che non si sono inventati nulla di nuovo: la propaganda su TikTok è la stessa che si vedeva sulle piattaforme precedenti. TikTok invece ha un suo codice, un suo linguaggio. L’altro problema sta nello sviluppo da parte degli utenti di alcuni “anticorpi” contro la propaganda. I commenti diffusi da account senza foto con nomi articolati destano negli utenti una sana e immediata diffidenza e spesso ricevono come risposta battute e prese in giro. 

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TikTok, rispetto alle altre piattaforme, ha un’altra particolarità: amalgama e assimila. Per Klishin, sembra immune alla russissazione e questo fa  in modo che un giovane siberiano possa sentirsi simile a un coetaneo di New York. Finora i social avevano creato delle sottonazionalità perché ogni paese ha il suo modo di usarli, TikTok ha tolto questo elemento identitario e quindi è più difficile per la propaganda del Cremlino, che ha una fortissima connotazione nazionale e nazionalista, far breccia in una piattaforma che sembra invece creata  per assimilare. Non che questo debba avere un significato positivo, ma sta rallentando le capacità di creare delle strategie informative che funzionino. 

  
A inizio di quest’anno il governo russo ha chiesto di eliminare alcuni contenuti, la piattaforma non ha specificato quali, ma l’attenzione sul nuovo social aumenta. Rimane il dubbio sulle capacità del Cremlino di adattarsi e di creare nuove strategie, soprattutto in un momento in cui sta dando prova non soltanto di usare tecniche vecchie, ma anche di non saperle più usare come un tempo. 

  
 

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