Editoriale
L'Italia come Orbán sul Mes
Il governo, a causa del M5s, tiene in ostaggio l’Eurozona sul nuovo Trattato che riguarda il completamento dell'Unione bancaria. Proprio come fa Orban con il Recovery. Urge decisione
Come Viktor Orbán tiene in ostaggio il Recovery fund dell’Unione europea per la condizionalità sullo stato di diritto, così il Movimento 5 stelle sta tenendo in ostaggio il completamento dell’Unione bancaria della zona euro a causa del Mes.
Per essere più precisi: la riforma del trattato del Meccanismo europeo di stabilità, che gli altri 18 paesi dell’euro sono pronti a firmare dopo un accordo definitivo raggiunto a gennaio 2020, ma che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri non può paragrafare per l’opposizione grillina. Niente a che vedere con la linea di credito pandemica del Mes, che ha animato le polemiche politiche romane da aprile. Il nuovo trattato serve a permettere al Mes di diventare il backstop pubblico (la rete di sicurezza) del Fondo di risoluzione unico delle banche. Con la crisi provocata dal Covid-19, gli altri stati membri hanno fretta di metterlo in piedi per prepararsi a fronteggiare una montagna di crediti deteriorati (conviene anche all’Italia date le fragilità del suo sistema bancario). E hanno chiesto a Gualtieri di dare una risposta all’Eurogruppo del 30 novembre.
La riforma del Mes è stata oggetto di polemiche politiche nella seconda metà dello scorso anno e da allora la firma dell’Italia è bloccata. Negoziata dal governo Conte I, l’intesa di principio del giugno 2019 è stata rinnegata dalla Lega con una campagna di post verità su ristrutturazione del debito e Cac (clausole di azione collettiva). Il M5s si è accodato facendo le barricate prima contro la riforma del Mes, poi contro la linea di credito pandemica, e non è ancora pronto alla grande retromarcia. Gualtieri vorrebbe firmare. Ma in una riunione di maggioranza ieri ha dovuto promettere un passaggio davanti al Parlamento. La speranza è che un’audizione in commissione basti per poter annunciare all’Eurogruppo la firma. Se non subito, in una riunione a fine gennaio. Ma la mossa è rischiosa: il M5s è davanti a un dilemma. Deve scegliere tra continuare a tenere in ostaggio l’Europa come Orbán oppure ammettere la più dolorosa delle verità per i populisti: sul Mes “ci siamo sbagliati”.
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