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Dopo l'attentato di Vienna

La democrazia aperta, gli obiettivi del terrorismo e i nuovi supplenti dell'America

Le giuste parole di Merkel e Macron sulla libertà, l’Europa e gli islamisti

Claudio Cerasa

Chiese, sinagoghe, università, scuole, giornali, parlamenti. Quello che i nemici dell’islamismo fanno fatica ad ammettere fino in fondo è che la lunga sequenza di attentati islamisti osservata negli ultimi tempi in Europa è come se stesse lì a indicare una sorta di collezione perfetta delle nostre libertà

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"Non lasciar sulla terra, dei Negatori vivo nessuno”. Se si ha il coraggio di riavvolgere il nastro e di osservare con attenzione il tragico film dell’Europa assediata nuovamente dal terrorismo non si potrà fare a meno di notare che nelle azioni portate avanti dai nuovi soldati del jihadismo islamista vi è un filo conduttore preciso che accomuna molti istanti di terrore con cui negli ultimi anni ha dovuto fare i conti il nostro continente: l’assedio alle nostre libertà. I nemici dell’islamismo radicale tendono a trasformare periodicamente ogni azione terroristica nella dimostrazione plastica di una qualche teoria laterale che ha a che fare più con le proprie tesi politiche che con la radice più profonda della violenza islamista. E così capita di continuo di sentire molti osservatori sostenere che dietro a ogni attentato non vi sia un problema legato all’ideologia ma vi sia prima di ogni altra cosa un problema legato a un qualche tema differente. E’ tutta colpa dei ghetti, dice la sinistra scema. E’ tutta colpa dell’immigrazione, dice la destra cretina. Quello che i nemici dell’islamismo fanno però fatica ad ammettere fino in fondo è che la lunga sequenza di attentati islamisti osservata negli ultimi tempi in Europa è come se stesse lì a indicare una sorta di collezione perfetta delle nostre libertà.

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"Non lasciar sulla terra, dei Negatori vivo nessuno”. Se si ha il coraggio di riavvolgere il nastro e di osservare con attenzione il tragico film dell’Europa assediata nuovamente dal terrorismo non si potrà fare a meno di notare che nelle azioni portate avanti dai nuovi soldati del jihadismo islamista vi è un filo conduttore preciso che accomuna molti istanti di terrore con cui negli ultimi anni ha dovuto fare i conti il nostro continente: l’assedio alle nostre libertà. I nemici dell’islamismo radicale tendono a trasformare periodicamente ogni azione terroristica nella dimostrazione plastica di una qualche teoria laterale che ha a che fare più con le proprie tesi politiche che con la radice più profonda della violenza islamista. E così capita di continuo di sentire molti osservatori sostenere che dietro a ogni attentato non vi sia un problema legato all’ideologia ma vi sia prima di ogni altra cosa un problema legato a un qualche tema differente. E’ tutta colpa dei ghetti, dice la sinistra scema. E’ tutta colpa dell’immigrazione, dice la destra cretina. Quello che i nemici dell’islamismo fanno però fatica ad ammettere fino in fondo è che la lunga sequenza di attentati islamisti osservata negli ultimi tempi in Europa è come se stesse lì a indicare una sorta di collezione perfetta delle nostre libertà.

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A Vienna, due giorni fa, gli islamisti, uccidendo di fronte a una sinagoga, hanno scelto di colpire la libertà di culto. A Nizza, pochi giorni prima, gli islamisti, decapitando alcune persone dentro alla cattedrale, hanno scelto di colpire la stessa libertà, così come fecero qualche anno prima a Rouen, nel 2016, quando altri islamisti sgozzarono un prete in chiesa, e così come fecero nel 2016 a Berlino, quando un Tir, a pochi metri da una chiesa, si andò volontariamente a schiantare contro la folla di un mercatino di Natale. A Parigi, pochi giorni fa, un professore è stato decapitato da altri islamisti dopo aver tenuto in classe una lezione sulla libertà d’espressione durante la quale ha mostrato agli studenti le famose vignette di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. E due anni prima, a Strasburgo, quando perse la vita Antonio Megalizzi, gli islamisti scelsero di aprire il fuoco a due passi dello storico mercatino natalizio della città sapendo che colpire in quel punto sarebbe stato come ferire di striscio anche un altro simbolo di libertà come il Parlamento europeo, a pochi passi da quel mercatino. Chiese, sinagoghe, università, scuole, giornali, parlamenti. Ci si può girare attorno quanto si vuole ma la storia recente del nostro continente ci ricorda che la leva che aziona il fondamentalismo la si trova più nell’ideologia del fanatismo islamista che nel contesto sociale in cui quel fanatismo prende forma.

 

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Anni fa, in un libro di successo, pubblicato in Italia da Guanda, un famoso poeta e saggista nato in Siria, Adonis, inserì un saggio sull’islam in cui ricordò un passaggio cruciale relativo al rapporto tra violenza e islamismo. “A proposito della violenza, si può ricordare il versetto direttamente legato a questo tema: ‘Non lasciar sulla terra, dei Negatori vivo nessuno’. Il musulmano che legge questo versetto è invitato a praticare il jihad per realizzare questo auspicio e a combattere la ‘miscredenza’ con ogni mezzo a sua disposizione”. Adonis ci ricorda che il nemico non è solo il terrorismo ma è l’idea di cui il terrorismo è il prodotto. E chissà se è solo un caso che, in attesa di un buon risveglio americano, l’unico continente capace di esprimere oggi con fierezza leadership schierate con forza e coerenza in difesa delle democrazie aperte sia lo stesso continente che negli ultimi anni i jihadisti hanno individuato come il nuovo vero terreno di scontro per colpire “la miscredenza” con ogni mezzo a disposizione. Angela Merkel ed Emmanuel Macron (che pochi giorni fa ad Al Jazeera ha spiegato perché “difenderò sempre nel mio paese la libertà di parlare, di scrivere, di pensare, di disegnare”) ieri hanno condannato con aggettivi chiari il fondamentalismo “islamista” che ha colpito Vienna. E parlare il linguaggio della verità di fronte al fondamentalismo non è condizione sufficiente per sconfiggerlo ma è condizione necessaria per non nascondersi e provare finalmente ad affrontarlo.

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